Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
La grande casa Nicole Krauss Traduzione di Federica Oddera Guanda Euro 18
«La scrivania, però, era tutt'altra cosa. In quella cameretta semplice e minuscola, metteva in ombra tutto il resto come una specie di mostro grottesco e minaccioso...». La proprietaria di questo singolare pezzo d'arredamento, la scrittrice Lotte Berg arrivata in Inghilterra nel 1939 con un convoglio di bambini ebrei in fuga come lei dalla Germania nazista, è uno dei personaggi le cui storie si allineano in La grande casa, terzo romanzo dell'americana Nicole Krauss. La scrivania ha diciannove cassetti e viene da lontano, dalla notte e nebbia che trafigge al cuore l'Europa nel centro del Ventesimo secolo, e ha attraversato avvenimenti storici, Paesi e continenti. La sua storia si sposta da Londra a New York a una difficile terra d'Israele divisa tra la quotidianità familiare e la quotidiana emergenza della guerra, perché, come dice uno dei personaggi chiave del libro, l'antiquario Weisz, non è un mobile qualsiasi. Anche Weisz è un antiquario particolare: la sua abilità sta nello scovare mobili che, a differenza dei proprietari, sono scampati all'Olocausto, e reclamati da chi è sopravvissuto come il sogno materializzato di un'impossibile quanto irresistibile nostalgia. Nella sua ricerca, che annoderà le fila delle diverse storie, è in gioco quel vincolo della memoria che è il tema centrale del romanzo, anche se l'autrice non risparmia su altri argomenti forti e nobili: dal colpo di Stato in Cile di Pinochet con i suoi arresti e le sue torture a figli perduti per troppa disperazione o soffocati per troppo amore, da vocazioni letterarie difficili o interrotte a sensualità tardive destinate a esito tragico e, infine, alla saggezza rabbinica. Trentottenne, nipote per parte di madre e di padre di emigranti ebrei in fuga dalle loro comunità dell'Europa centrale, moglie di un autore di precoce culto come Jonathan Safran Foer e come lui appartenente alla giovane intellighenzia ebraica americana, Nicole Krauss ha alle spalle un curriculum che relega al mondo di ieri tanti mitici destini letterari e che è invece esemplare del nuovo professionismo degli scrittori d'oltre oceano: vocazione letteraria adolescenziale che invece di scontrarsi, come succede in genere nella vecchia Europa, con un contesto ostile viene coltivata e indirizzata dalle migliori università (a Stanford, per esempio, dove Joseph Brodsky è il suo tutore poetico per tre anni), premi su premi per i traguardi accademici, racconti pubblicati su prestigiosi periodici come la «Paris Review» o il «New Yorker», un primo romanzo, L'Uomo sulla soglia, accolto con entusiasmo da Susan Sontag e un secondo, La storia dell'amore, tradotto in trentacinque lingue. E certo Krauss conosce bene la tradizione americana, quella ebraica e la letteratura contemporanea di Israele, cui il nuovo romanzo si apparenta. Ma tutta questa eccellenza formativa, da manager della scrittura, sembra incombere minacciosamente su La grande casa: un eccesso di tecnica, di materia al fuoco e di ambizione finisce con l'irretire l'intelligenza innegabile di questa autrice e il suo modo appassionato di penetrare nelle vite degli altri. Dei quali, a lettura conclusa, le storie tendono a confondersi e svaporare per troppo ricercata e insistita densità.