Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Cari amici, vi devo confessare un dubbio. Non so bene se diventare austriaco, ungherese croato, o ucraino o polacco. Dovete sapere che mio bisnonno, circa 130 fa, lasciò uno sthetl, un villaggio abitato prevalentemente da ebrei nelle montagne della Galizia, che allora era Austria-Ungheria. Se ne andò per ragioni economiche, suppongo, ma i pogrom ebbero la loro parte. Si fermò a Vienna, poi si sposò a Fiume e finalmente approdò a Trieste, immagino sempre spinto dal bisogno di sicurezza economica e sociale. La famiglia di mia madre, invece, venne a Trieste alla vigilia della Shoà da una città della Polonia orientale e poi si trasferì in Israele. Dopo la guerra mia madre tornò in Italia, ritrovò mio padre ed eccomi qua. Anche se sono italiano e contento di esserlo, credo di aver diritti di essere annoverato fra i profughi polacchi e magari anche fra quelli dei successivi stati che furono padroni della Galizia (oggi è Ucraina). Non pensate che io abbia diritto a queste cittadinanze? Dite che è passato troppo tempo? Be', perché io no e i "palestinesi" sì?
Oggi vi sono ufficialmente 4,8 milioni di "profughi" palestinesi (http://it.wikipedia.org/wiki/Palestina), anche se 63 anni fa se ne andarono dal territorio israeliano circa 600-700 mila arabi (e 800 mila ebrei furono costretti a emigrare dai paesi arabi). Come sono diventati così tanti? E' semplice, ci sono due ragioni: la prima è che i generosi paesi arabi non hanno mai voluto integrare i fratelli palestinesi nella loro cittadinanza, ma li hanno in tutti i modi discriminati e rinchiusi; secondo, c'è un'agenzia dell'Onu che li assiste e ottiene contributi in proporzione al loro numero. L'agenzia si chiama UNRWA (United Nations Relief and Works Agency), è distinta dalla normale agenzia per i rifugiati (UNHCR) perché si occupa solo dei palestinesi e dal loro status di profughi dipendono l'entità del suo staff e tutti i consueti privilegi burocratici che sono attribuiti ai funzionari in missione. L' UNRWA è stata largamente complice dei giochi sporchi del terrorismo, ha molti membri attivi delle milizie di Hamas a busta paga (http://www.aish.com/jw/mo/48945166.html), ha appoggiato in molti modi la "resistenza" dei terroristi (http://www.jewishpolicycenter.org/53/how-unrwa-supports-hamas), ha dichiarato durante l'operazione "Piombo fuso" che era stata colpita una sua scuola, che peraltro era stata trasformata in un centro di coordinamento di Hamas (http://idfspokesperson.com/2009/01/06/hamas-operatives-killed-in-unrwa-school-6-jan-2009/), mentre poi venne fuori che l'edificio non era stato toccato dai bombardamenti (http://en.wikipedia.org/wiki/Al-Fakhura_school_incident), ecc. Soprattutto dipende così tanto dai suoi assistiti, che non può neppure cambiare il suo nome. Di recente l'Unrwa ha cercato di diventare UNPR (“UN agency for Palestinian refugees”) che è più chiaro e preciso. Ma Hamas ha deciso che ogni cambiamento anche solo di nome era svantaggioso, ha organizzato un paio di manifestazioni mediamente violente di fronte al quartier generale di Gaza, e il piano è rientrato (http://www.secondoprotocollo.org/?p=3274).
In realtà è evidente che c'è una dipendenza reciproca e un reciproco vantaggio. Basta rivendicare un cugino che afferma di essere emigrato da Israele nel '48 o dopo per diventare profugo. E non importa se i "profughi" non sono andati all'estero, ma si sono fermati in "Palestina" (dove peraltro le località edificate per ospitarli, che sono regolari quartieri e città "palestinesi" sono chiamate "campi profughi"). Naturalmente costoro hanno la "cittadinanza palestinese", non sono apolidi, ma cittadini dell'Autorità Palestinese. Come se io, essendo venuto ad abitare da Trieste a Milano una quarantina d'anni fa, volessi definirmi "profugo italiano"...) Togliendo dall'elenco i "profughi palestinesi in Palestina" e i "profughi palestinesi in Giordania" (che, ricordiamolo, è una parte del mandato palestinese assegnato dai trattati internazionali dopo la Prima Guerra Mondiale alla Gran Bretagna perché ne facesse la "Jewish home", il "focolare ebraico" della dichiarazione Balfour ed è in maggioranza abitato da palestinesi, con una regina palestinese, deputati palestinesi ecc.), risulta che almeno l'ottanta per cento dei "profughi" ha tanto diritto a dirsi tali quanto io a dirmi profugo austriaco, ungherese croato, o ucraino o polacco o... italiano (http://elderofziyon.blogspot.com/2011/06/80-of-palarab-refugees-have-citizenship.html).
Ma a me nessuno assegna un "diritto del ritorno" assistito in Galizia o in Polonia (e nemmeno a Trieste, se è per quello, se voglio tornarci devo trovarmi una casa...). Che vi devo dire, il mondo è fatto così, ci sono quelli che hanno tutte le ragioni (politiche e mediatiche) e quelli che non ne hanno. Che volete, penso che resterò italiano... O magari prima o poi farò anch'io il mio rientro in Israele (pardon, "Palestina occupata"). Alla faccia dell'UNRWA.