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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Opinione - Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.07.2011 Egitto da Mubarak ai Fratelli Musulmani, dalla padella alla brace
Commenti di Dimitri Buffa, Roberto Tottoli

Testata:L'Opinione - Corriere della Sera
Autore: Dimitri Buffa - Roberto Tottoli
Titolo: «Egitto, l'intellighezia contro i Fratelli Musulmani - Giovani ribelli contro tradizionalisti. I due volti dei Fratelli Musulmani»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 12/07/2011, a pag. 6, l'articolo di Dimiti Buffa dal titolo " Egitto, l'intellighezia contro i Fratelli Musulmani ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 44, l'articolo di Roberto Tottoli dal titolo " Giovani ribelli contro tradizionalisti. I due volti dei Fratelli Musulmani ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

L'OPINIONE - Dimitri Buffa : " Egitto, l'intellighezia contro i Fratelli Musulmani"


Dimitri Buffa

“A mio parere, i Fratelli Mussulmani usano l’Islam per fini politici. Personalmente, come musulmano egiziano, come prima cosa, dico ‘no’ ad uno stato religioso”. Parola di Wahid Hamed, sceneggiatore egiziano di chiara fama, molto noto anche all’estero ed esponente di punta di quell’intellighentsija culturale alto borghese che da anni sogna il ritorno dell’Egitto tra le nazioni civili. Sono state pronunciate lo scorso 5 giugno in un’intervista mandata in onda da “al Hayat tv”, l’emittente satellitare più nota in Egitto e la cui proprietà detiene anche l’azionariato dell’omonimo giornale.
Hamed paragona i Fratelli Musulmani al precedente regime dittatoriale di Hosni Mubarak e fa capire che se loro vincessero alle elezioni si cadrebbe dalla padella nella brace. Prima che “Memri” la rendesse pubblica, di questa intervista nessuno in Europa aveva sentito parlare. Eppure l’uomo, noto in Egitto almeno quanto lo fu il compianto regista Youssef Chahine, ha molta presa sui giovani e le sue posizioni possono rappresentare la risposta più forte alla degenerazione islamista in atto.
E questo anche in vista delle riunioni laiche indette a piazza Tahrir nei giorni scorsi e programmate anche per quelli futuri. Particolarmente dura la risposta di Hamed all’intervistatore che gli contestava il fatto che i “Fratelli Musulmani hanno detto di essere anche loro contrari a uno stato religioso”: “non gli dovete credere”.
Come si vede qui i toni non sono possibilisti e sfumati come nelle analisi di riviste come “Limes” che invece propagandano il cambio di rotta dell’organizzazione islamista. E quando poi l’intervistatore gli chiede se in Egitto non sia possibile “il modello turco”, la risposta è ancora più netta: “il modello turco non può essere applicato in Egitto”. Allora l’intervistatore lo incalza: “e perché no?” Risposta: “glielo spiego subito: il partito islamico che governa in Turchia ha portato ad una grande rinascita, ma, in Turchia, l’esercito protegge il carattere laico del paese.
In Turchia ci sono dei night club… Ci sono donne che portano il niqab ed anche donne che portano il bikini. La libertà viene garantita a tutti, a quelli che pregano ed a quelli che si ubriacano. Qui non succede”. Nessuno oserà adesso dire che Wahid Hamed è un estremista dell’occidente crociato. Solo una fonte diretta. Qualcuno lo spieghi, quindi, ai possibilisti verso i Fratelli Musulmani: da Lucio Caracciolo a Sabrina Gasparrini, corrispondente locale di Radio Radicale, la lista è lunga.

CORRIERE della SERA - Roberto Tottoli : " Giovani ribelli contro tradizionalisti. I due volti dei Fratelli Musulmani "

Tottoli, possibilista sul futuro dell'Egitto coi Fratelli Musulmani, legga l'articolo di Dimitri Buffa pubblicato in questa stessa pagina di IC, si farà un'idea più precisa della situazione. Il fatto che Hillary Clinton abbia deciso di aprire ai Fratelli Musulmani non significa che questi ultimi siano cambiati e non siano più estremisti, è solo l'ennesimo errore di valutazione dell'amministrazione Obama.
Ecco l'articolo:


Fratelli Musulmani

Il mondo musulmano si appresta a vivere una lunga estate di attesa. Tra le crisi della Libia e della Siria che attendono una soluzione e la Malesia degli ultimi disordini, però, un avvenimento su tutti è atteso con apprensione: le elezioni parlamentari egiziane di settembre. E l’apprensione è tutta intorno ai Fratelli Musulmani, indicati dai più, fino a qualche tempo fa, come sicuri trionfatori. Per i Fratelli Musulmani potrebbe essere una rivincita storica. Storica perché la Fratellanza islamica è nata in Egitto, sul finire degli anni Venti del secolo scorso, e perché dall’Egitto provengono le figure più importanti dell’Islam radicale, dal fondatore al-Banna all’ideologo Sayyid Qutb, morto impiccato nelle prigioni nasseriane nel 1966, per finire con il nuovo leader di Al Qaeda al-Zawahiri.
Egiziana è spesso stata la mente, mentre saudita è stato il denaro utilizzato nei teatri di tutto il mondo islamico negli ultimi decenni. Per la Fratellanza musulmana vincere elezioni libere sarebbe quindi il punto di arrivo di un percorso che già in altri momenti, come nella rivoluzione del 1952, li ha portati a un passo dal potere, ma li ha più spesso relegati in clandestinità e perseguitati. Tuttavia, l’avvicinamento a queste elezioni sta già facendo emergere una serie di contraddizioni, spaccature e divergenze che rischiano di infrangere la compattezza necessaria. Nell’ultimo mese i Fratelli Musulmani hanno conosciuto scissioni, come quella dei giovani che hanno fondato un nuovo partito, oppure espulsioni, come quella di Abu al-Futuh che si è candidato alle presidenziali contro il volere della vecchia dirigenza. Altri cinque del direttivo giovanile sono stati cacciati nella passata settimana, mentre l’adesione all’ultimo momento alla manifestazione di venerdì ha messo in luce titubanze e opportunismi.
Non passa giorno che notizie di questo tenore irrompano sulla scena politica egiziana. Tali difficoltà nascono da una evidente svolta politica. Non è sfuggito a nessuno come proprio i Fratelli Musulmani abbiano evitato in questi mesi i soliti slogan anti-israeliani e anti-americani e di come non abbiano finora partecipato alle critiche contro l’esercito in questa fase di transizione. E le parole di apertura pronunciate una decina di giorni fa a Budapest da Hillary Clinton sono state ricambiate senza preclusioni. La vecchia dirigenza appare quindi pragmatica come non mai, mentre attorno a loro non si arresta un’emorragia continua. Chi li accusa di essere troppo moderati, come i salafiti, e chi invece, come i giovani, ne contesta prudenze e incertezze: tutto concorre a mettere a nudo le difficoltà dei Fratelli Musulmani. A una separazione forse prevedibile tra diverse anime, più o meno conservatrici, si sovrappone infatti una ormai netta e inarrestabile contrapposizione generazionale, figlia della rivolta.
In Egitto ci si chiede se si tratti di tatticismo, di vere divisioni o di riposizionamenti per occupare più spazio politico, mentre i Fratelli Musulmani riescono a fatica a tenersi fuori da polemiche e ad evitare divisioni. E ci si interroga che ne sarà dei loro principi se il pragmatismo li spingesse ancor di più a fianco dell’esercito. Ad ogni risposta, ad ogni titubanza, appaiono crepe sempre più numerose. Nessuno è però in grado di valutare l’impatto elettorale di tale situazione. Un ridimensionamento della loro forza politica nelle prime elezioni libere sarebbe un colpo non indifferente per le aspirazioni dell’Islam politico. E sarebbe la dimostrazione di come le parole d’ordine islamiche non siano univoche, ma discusse e variegate non appena toccate dal confronto politico. Le forze laiche e tanti giovani se lo augurano. Mancano poco più di due mesi alle elezioni. Voci che parlano di un rinvio, tempo fa accompagnate dagli allarmismi dei fautori della rivolta, potrebbero essere accolte ora con minore apprensione. Se rinviarle da un lato insinua il dubbio che l’esercito stringa la sua presa sull’Egitto, dall’altro pare alla lunga essere il fattore in grado di indebolire ulteriormente i Fratelli Musulmani. Le prossime settimane saranno sicuramente segnate da altre tensioni, rese ancor più complesse dal quel Ramadan che inizierà il primo agosto. È il mese del digiuno e della devozione, ma anche dello spirito comunitario e della partecipazione collettiva, in quella che già appare l’estate più lunga degli ultimi decenni per l’Egitto.

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