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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero - L'Unità Rassegna Stampa
30.06.2011 Niente democrazia nel nuovo Egitto post-Mubarak
Qual è il ruolo dei Fratelli Musulmani? Cronaca di Andrea Morigi, intervista a Yasser Shoukry di Udg

Testata:Libero - L'Unità
Autore: Andrea Morigi - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Il sistema reprime quanti chiedono verità e giustizia»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 30/06/2011, a pag. 20, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo "  Il nuovo Egitto è come quello vecchio. Scontri a piazza Tahrir". Dall'UNITA', a pag. 33, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Yasser Shoukry dal titolo "  Il sistema reprime quanti chiedono verità e giustizia", preceduta dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

LIBERO - Andrea Morigi : "  Il nuovo Egitto è come quello vecchio. Scontri a piazza Tahrir"


Andrea Morigi

Con oltre un migliaio di feriti nelle manifestazioni che si sono svolte al Cairo negli ultimi due giorni, l’Egitto torna a chiedersi se l’esito delle rivolte non stia scivolando verso una guerra civile. Nel calendario, i “giorni della rabbia” si moltiplicano. Il ministero dell’Interno, che ha fermato almeno quaranta persone tra cui un americano e un britannico, attacca i familiari delle vittime uccise negli scontri dei mesi scorsi, accusandoli di aver tentato di fare irruzione nel teatro Balloon nel quartiere di Agouza, nella capitale, dove si teneva una cerimonia di commemorazione. Diversa la versione degli attivisti, secondo i quali sarebbero state le forze di sicurezza a impedire loro di partecipare all’evento. Da lì, gli scontri e il successivo intervento della polizia che, secondo alcuni blogger, ha «cominciato a malmenare i familiari dei martiri». Centinaia di giovani hanno risposto lanciando pietre contro le forze di sicurezza e dirigendosi poi a Piazza Tahrir. Il ministero dell’Interno, tramite un comunicato ha accusato «persone che sostengono di essere familiari dei martiri» di aver cercato di «irrompere nel teatro». Il corrispondente di Al Jazeera al Cairo riferisce che i dimostranti, al grido di «abbasso la giunta militare», si sono diretti «a Piazza Tahrir e sostanzialmente verso il ministero degli Interni», chiedendo ai militari al potere di velocizzare i processi contro gli ufficiali di polizia accusati di violenze commesse nella rivoluzione che ha portato alla cacciata di Hosni Mubarak. Per il primo ministro Essam Sharaf, che lo scorso aprile ha sostituito Ahmed Shafiq alla guida del governo, occorre «mettere in sicurezza quello che è stato ottenuto dalla Rivoluzione ». Per lanciare un segnale di disponibilità, il premier ha dato l'ordine alla polizia di ritirarsi dalla piazza. Il Consiglio Supremo delle Forze armate, con un comunicato postato su Facebook, ha bocciato le proteste, esortando la popolazione a non lasciarsi coinvolgere nei tentativi di destabilizzare il Paese. Questi eventi, si legge, «non hanno alcuna giustificazione se non quella di minare la stabilità e la sicurezza in Egitto in base a un piano calcolato e coordinato nel quale il sangue dei martiri della rivoluzione viene usato per causare una frattura fra i rivoluzionari e gli apparati di sicurezza». Con le violenze, torna anche la teoria del complotto, l’antico vizio di indicare i responsabili del caos e delle sventure del Medio Oriente negli avversari politici. «Sono i membri del vecchio partito di Mubarak a creare i disordini nella capitale egiziana del Cairo», accusa Muntasser al- Zayat, avvocato di gruppi integralisti egiziani. Punta il dito contro gli uomini del vecchio regime che avrebbero assoldato «bulli» e provocatori, che sono stati visti circolare liberamente in vari quartieri della capitale, come Sayyida Zeinab e Al Azhar, con armi bianche. Si tratta di persone, precisa il difensore dei terroristi, che si muovono solo a pagamento. Inoltre, prosegue Al Zayat, vi sono altre forze politiche, come i comunisti e la sinistra in generale, che hanno interesse ad aumentare la confusione e ostacolare la marcia della democratizzazione nel Paese. È più o meno la stessa versione che circola fra i manifestanti, che ricordano come nei giorni scorsi la corte amministrativa abbia sciolto i consiglicomunale di tutto il Paese, controllati dagli esponenti del Pnd di Mubarak. E anche il partito moderato Wafd accusa gli ex di Mubarak. Si cerca un nuovo capro espiatorio. In cima alla lista, per ora, c’è l’ex ministro dell’Inter - no Habib El Adly, seguito da Hussein Tantawi, capo del consiglio militare che regge provvisoriamente il Paese. Nel clima di caccia al nemico, oggi è attesa la sentenza sulla morte di Khaled Said, il giovane di Alessandria ucciso dalla polizia e divenuto il simbolo della protesta egiziana.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Il sistema reprime quanti chiedono verità e giustizia "


Yasser Shoukry

Ciò che sostiene Yasser Shoukry è vero, il nuovo Egitto non è democratico. La sua analisi, però, è monca. Manca un richiamo al ruolo dei Fratelli Musulmani.
Ecco l'intervista:

Il problema è che a essere rimosso è stato solo il capo del sistema, Hosni Mubarak,ma il sistema è rimasto in piedi. È il sistema che in questi quarant’anni ha depredato il Paese, un sistema affaristico- mafioso che oggi vorrebbe continuare a dettar legge. Il loro disegno è chiaro: affossare la rivoluzione, con ogni mezzo. Per questo Piazza Tahrir è tornata a riempirsi. La gente rivendica verità e giustizia e una vera rottura con il passato. In nome dei martiri che hanno sacrificato la loro vita nei giorni che hanno cambiato il corso della storia».
A sostenerlo è Yasser Shoukry, avvocato, uno dei dirigenti della fondazione «Al Shebab», una Ong che lavora nelle periferie del Cairo, per dare un futuro ai più deboli, a cominciare dai bambini. Yasser Shoukry ha partecipato al meeting internazionale organizzato a Cecina dall’Arci, che ha visto protagonisti, in tre giorni di dibattito, 60 rappresentanti delle rivoluzioni democratiche che hanno investito il Sud del Mediterraneo. L’Unità lo ha intervistato nel giorno in cui Piazza Tahrir è tornata ad essere «Piazza della libertà». Una piazza insanguinata. Sono oltre mille i feriti negli scontri tra la polizia e i dimostranti a Piazza Tahrir. L’Egitto torna a infiammarsi. Perché?
«Perché il problema è che è stato rimosso il capo, il Raìs,mail sistema di cui Hosni Mubarak era espressione, è ancora in piedi...».
Cosa connota il sistema?
«Il sistema contro cui continuiamo a batterci è una combinazione tra una oligarchia di affaristi che negli ultimi quarant’anni hanno continuato a fare affari e ad arricchirsi alle spalle del popolo, e i vertici militari che continuano ad essere quelli voluti da Mubarak. L’esercito e il potere armato della mafia organizzata, per quarant’anni hanno distrutto tutti i movimenti che dal basso provavano a rivendicare diritti sociali e libertà politiche: il movimento degli studenti, quello dei lavoratori. Coloro che adesso tentano normalizzare con la forza e con la frode la rivoluzione di Piazza Tahrir, sono gli stessi che nel corso degli anni hanno spento ogni istanza collettiva di libertà..».
Quali sono le rivendicazioni del movimento che è tornato a riempire Piazza Tahrir?
«Sul piano politico, la prima, fondamentale rivendicazione può essere sintetizzata così: prima le regole, poi il voto, prima riscrivere la Costituzione, e solo dopo andare alle urne. Votare oggi, come vuole il sistema, significa garantire il potere a quelle forze che nulla hanno a che fare con la rivoluzione democratica. Nelle condizioni attuali, le elezioni sono una partita truccata, dall’esito pressoché scontato. Primale regole, poi il voto.E cos’altro ancora? «Verità e giustizia per le vittime della repressione. . Procedure trasparenti per perseguire quanto hanno commesso crimini, in particolare contro i martiri della rivoluzione. Chi oggi ordina la repressione vuole bloccare il processo democratico che deve vivere anche nei processi contro i responsabili del vecchio regime, a cominciare da Mubarak. E poi chiediamo la rimozione degli attuali governatori delle regioni, che sono sempre gli stessi che governavano con Mubarak. Vogliamo una vera discontinuità con il passato. Per questo la mobilitazione continua. E un appuntamento cruciale è già stato fissato per il prossimo 8 luglio per una grande manifestazione di popolo a Piazza Tahrir.

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