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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
27.06.2011 Salman Rushdie sta scrivendo le sue memorie
Ecco la sua analisi del mondo islamico (e non solo)

Testata: Corriere della Sera
Data: 27 giugno 2011
Pagina: 15
Autore: Tim Adams
Titolo: «La primavera araba è desiderio di diritti comuni»

Sul CORRIERE della SERA di oggi, 27/06/2011, a pag.15, con il titolo "La primavera araba è desiderio di diritti comuni" una interessante intervista di Tim Adams (ripresa dal Guardian) a Salman Rushdie, nella quale dà anticipazioni sulla autobiografia che sta scrivendo.
Ecco l'articolo:


Salman Rushdie

Ricordo che poco tempo dopo l'emanazione della fatwa lei disse di sentirsi «in un mondo-specchio» , dove le cose più impensabili diventavano realtà. Sta scrivendo le sue memorie di quel periodo? «Il mondo specchio era probabilmente molto più divertente di dove mi trovavo in quel momento. Sì, mi sono dedicato alla stesura delle mie memorie e l’opera è quasi completata. Si riferisce in particolare al periodo iniziato con la scrittura dei Versi satanici, sul finire del 1984, fino al termine della protezione della polizia, nel 2002» . Ricorda quel tempo come estraneo alla sua vita? «No, si è protratto troppo a lungo. Non avevo l’abitudine di tenere diari fino alle polemiche suscitate dai Versi satanici, ma subito dopo si sono accavallati tanti e tali avvenimenti che non sarei riuscito a ricordarli se non li avessi annotati. La cosa è stata resa possibile da un’università americana, la Emory, che ha acquistato tutte le mie carte. Avevo montagne di scatoloni in soffitta e adesso ogni foglietto ha il suo bravo codice a barre. Non devo far altro che dire, mi serve questo e quello, ed ecco che mi arriva sul tavolo…» Lei vive e lavora spesso a New York. Dove si sente a casa sua? «Ho diverse idee su quella che considero casa mia, ma non penso che debba scegliere tra l'una e l'altra. Ogni volta che metto piede a Bombay mi sento a casa mia. Londra è la città dove sono vissuto più a lungo ed entrambi i miei figli vivono lì, e anche mia sorella. Ma poi mi sento di casa anche a New York. È un ottimo posto per scrivere, non da ultimo perché la gente qui lavora seriamente. Ti senti un fallito se non sgobbi tutto il giorno come loro» . Si definisce un ateo? «Certamente. Ho sempre pensato che la religione non ha alcun senso. Anche mio padre era così. L’unica religione che vigeva in casa nostra era il fatto che mia madre si rifiutava di mangiare carne di maiale e difatti non l'ho mai assaggiata finché non sono venuto in collegio in Inghilterra. Ho mangiato un panino al prosciutto e non sono stato annientato da fulmini e saette» . Ma non è mai venuta meno la sua fede nelle storie? «È la mia ragione di esistere. Come dire, anche il falegname crede nel suo mestiere» . Rilegge mai «I versi satanici» ? «No, non mi capita di farlo. Quando ho scritto quel libro, mi sembrava l’opera meno politica in assoluto. La ritenevo un’opera profondamente personale sulla migrazione, sull’esplorazione di sé. Ciò che mi colpisce oggi è che quando vado a parlare nelle università, scopro che gli studenti spesso non erano ancora nati quando il libro è stato pubblicato. Tutte le polemiche innescate dal libro ai loro occhi appaiono come storia antica. Così lo leggono semplicemente come un romanzo qualunque, e questo mi fa piacere» . Ma lei crede che la storia lo giudicherà come un punto di svolta del nostro mondo, un evento simile all'assassinio dell'arciduca Ferdinando? «È stato indubbiamente un libro premonitore. Se non la prima a v v i s a g l i a , certamente il più visibile tra i segnali di quello che si sarebbe tramutato in un fenomeno su scala mondiale. Ma non me rendevo conto in quel momento» . Che ne pensa dell'ultimo capitolo, la morte di Osama Bin Laden? «La mia prima reazione è stata: ottimo! Era ora! E poi mi diverte il fatto che abbiamo scoperto che il nostro sceicco si dilettava con la pornografia e amava rivedersi in TV— più viene smascherato per un imbecille, tanto meglio per tutti. Una conseguenza probabile della primavera araba è che Al Qaeda perderà prestigio e rilevanza. A dimostrazione che la tesi (fin troppo sottoscritta in Occidente), che occorre usare parametri diversi quando si tratta del mondo musulmano, è una vera sciocchezza. Questa non è una rivoluzione ideologica, né tantomeno teologica. Il mondo arabo reclama libertà, lavoro, aspirazioni e diritti che sono comuni a tutti gli esseri umani» . Ricordo che lei ha scritto una volta che «la vita ci insegna chi siamo» . Nella stesura delle sue memorie, è rimasto sorpreso dall'aver scoperto qualcosa di nuovo su di sé? «Indubbiamente. In anni come quelli scopri tutte le tue debolezze, ma anche le tue forze. E scrivere le tue memorie ti costringe a essere brutalmente onesto con te stesso. È un'opera corposa. Saranno seicento pagine, credo proprio di aver scoperto tante cose…» .

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