L'intervento di Alain Elkann al Jewish Museum di New York sulla cultura ebraica italiana, raccontato da Alessandra Farkas sul CORRIERE della SERA di oggi, 24/06/2011, a pag.47, con il titolo "L'Italia raccontata dagli ebrei".




Alessandra Farkas, Alain Elkann, Primo Levi, Giorgio Bassani
NEW YORK — «Nell’America dove la letteratura ebraica è centrale, da Chaim Potok a Isaac Bashevis Singer e da Bernard Malamud a Saul Bellow e Philip Roth, è importante far capire che anche noi possediamo scrittori di quel calibro» , spiega il 61enne giornalista-scrittore Alain Elkann. «E che quindi anche l’italiano è una delle grandi lingue della letteratura ebraica mondiale, con l’ebraico, lo yiddish, il tedesco, il russo, l’inglese, lo spagnolo» . Nella cornice del prestigioso Jewish Museum di New York, ieri Elkann ha parlato del contributo di questi autori ebrei— tra cui Umberto Saba, Carlo Levi, Giorgio Bassani, Primo Levi, Alberto Moravia, Natalia Ginzburg ed Elsa Morante — durante la conferenza «Scrittori ebrei italiani del XX secolo» . Organizzato dall’Istituto italiano di cultura di New York diretto da Riccardo Viale, il simposio è stato inaugurato da Jonathan Galassi, traduttore ufficiale in America delle poesie di Eugenio Montale, nonché presidente della casa editrice Farrar Straus &Giroux. «Nel mondo, ma soprattutto in Italia, non ci si rende conto di quanto l’influenza ebraica sia stata importante, e continui a esserlo, nella nostra letteratura e nella nostra vita culturale ed editoriale» , precisa Elkann, che ha voluto soffermarsi sul ruolo centrale di Trieste nel dare vita a tutta una generazione di scrittori ebrei che hanno cambiato per sempre il volto delle patrie lettere. A Trieste, nel 1861, nasce Italo Svevo, Aron Hector Schmitz all’anagrafe, che grazie a James Joyce riesce a pubblicare presso Gallimard a Parigi i suoi primi libri. Durante il fascismo, quando l’establishment culturale italiano lo mette al bando, il fondatore della casa editrice Adelphi, Roberto Bazlen, ed Eugenio Montale riescono a pubblicarlo sulla rivista «Solaria» . «Furono loro i primi a credere in Svevo— afferma Elkann— destinato da lì a poco a diventare il più famoso romanziere italiano del Novecento» . Grazie all’autore di La coscienza di Zeno, la lingua italiana entra nella cultura europea, dando altresì inizio alla totale identificazione degli scrittori ebrei nell’idioma del Paese dove la loro diaspora si era da tempo fermata. «La loro ispirazione è Dante, non Mosè» , spiega Elkann. Da Trieste parte anche la straordinaria avventura di Alberto Moravia, figlio del triestino Carlo Pincherle, che scriverà in epoca fascista, giovanissimo, il romanzo Gli indifferenti, definito da Elkann «la prima opera esistenzialista, dieci anni prima di Albert Camus e di Jean-Paul Sartre» . L’influenza dell’ebraismo sull’editoria italiana non è limitata a scrittori e poeti. Basta pensare a Luciano Foà, direttore editoriale di Einaudi per molti anni, che insieme a Bazlen fonda la casa editrice Adelphi, di cui ancora oggi è direttore Roberto Calasso, anch’egli di origine ebraica. O importanti agenti letterari come Marco Vigevani, figlio di Alberto, importante scrittore-editore. Ma al Jewish Museum il ruolo centrale è assegnato a due autori: Giorgio Bassani e Primo Levi. «Nessuno, come il primo, ha descritto con altrettanta lucidità la tragedia dell’intellighenzia ebraica italiana assimilata che di colpo deve lasciare tutto perché messa al bando» , prosegue Elkann, che definisce Primo Levi «il più importante testimone mondiale della Shoah» . A dargli ragione è Galassi, secondo il quale Levi è «lo scrittore ebreo italiano di gran lunga più conosciuto e influente» . «L’America— puntualizza Galassi— ha impiegato molto a scoprirlo. Ma quando l’ha fatto, Levi è stato osannato da luminari come Saul Bellow e Philip Roth e la sua importanza, da allora, continua a crescere» . Da fine conoscitore del Belpaese e dei suoi autori e poeti, Galassi ha le sue preferenze: «Se questo è un uomo è uno dei libri più indimenticabili che abbia mai letto in vita mia— afferma— ma posso dire lo stesso anche del Giardino dei Finzi Contini e di Lessico famigliare» . Tra i poeti, precisa, «il più amato è Saba» . Uno degli obiettivi della conferenza è proprio quello di ridare slancio a questi autori, soprattutto nelle università americane, dove spesso sono esclusi dai curricula. «Vorrei far capire all’America che questa tradizione va avanti fino ai giorni nostri — dice Elkann — con Renata Colorni, che si occupa dei Meridiani Mondadori, fino al sottoscritto, che scrive romanzi. Per non parlare di Alessandro Piperno, Mario Fortunato, Gabriele Nissim, Elena Loewenthal, Gad Lerner e Roberto Saviano, anche lui di origini ebraiche. Una presenza straordinaria, se si pensa che la comunità ebraica italiana conta soltanto 30 mila individui» . Eppure molti di questi autori erano profondamente laici e forse non avrebbero amato essere raggruppati sotto un’unica etichetta di «scrittori ebrei» . «Forse — ribatte Elkann — ma l’assimilazione e il laicismo di fronte alle leggi razziali non contavano nulla. E mentre Moravia per scrivere doveva usare uno pseudonimo, Levi è finito ad Auschwitz e Bassani è stato costretto a nascondersi»
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