Sui massacri compiuti dal regime di Bashar Assad in Siria, pubblichiamo oggi, 24/06/2011, le cronache di Carlo Panella sul FOGLIO, di Guido Olimpio sul CORRIERE della SERA. dall'UNITA', l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Farid Ghadry. Critichiamo quasi sempre Udg, soprattutto per la scelta di intervistare quasi sempre i nemici dell'Occidente. Non perchè non ci interessino le loro opinioni, anzi, ma con Udg che pone le domande, sempre troppo accondiscendenti, le risposte perdono interesse, riducendosi a bieca propaganda (spesso) contro Israele. Gli va dato merito, questa volta, di aver scelto (finalmente!) qualcuno che l'opposizione, anche se dagli Usa , al regime siriano la fa veramente.
Ecco gli articoli:
Il Foglio-Carlo Panella: " Assad manda i carri armati al confine con la Turchia"

Roma. Ieri mattina i carri armati siriani si sono spinti fin quasi al confine con la Turchia: alcuni testimoni affermano che le truppe della Quarta divisione, comandata da Maher el Assad, coperte dai blindati, hanno fatto irruzione all’alba nel villaggio di Khirbet al Joz, terzo centro “ribelle” desertificato con la forza dalle truppe di Damasco in pochi giorni. Gli abitanti della cittadina, non meno di 600, in preda al panico sono fuggiti in massa nella provincia di Hatay, in Turchia, dove sono stati accolti da minibus che li hanno condotti nella dozzina di campi profughi della Mezzaluna Rossa che già ne ospitano undicimila. Dall’altra parte del confine, i militari turchi che presidiano in forze la frontiera hanno visto soldati e blindati scendere attraverso una collina, a meno di 550 metri dal confine turco-siriano. Nel timore di sviluppi incontrollati, le autorità turche hanno ordinato all’esercito di posizionare sacchi di sabbia e montare binocoli di precisione su treppiedi nelle vicinanze di Guvecci. Sulla collina che domina la cittadina turca è stata issata anche una grande bandiera turca. Un preavviso a scoraggiare ogni tentazione di sconfinamento delle truppe siriane, dopo che i giorni scorsi elicotteri turchi avevano sorvolato i territori siriani vicini alla frontiera. E’ questa un’azione preparatoria del progetto di creare un “cuscinetto umanitario” su territorio siriano, evocato una settimana fa dal presidente turco Abdullah Gül. La crisi tra Ankara e Damasco è stata oggetto di un concitato colloquio telefonico tra il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, e il suo omologo siriano Walid Moallem, in un contesto che vede la Siria aumentare ogni giorno la ferocia e l’intensità della repressione con razzie dai tratti barbari, con molteplici casi di stupri di donne siriane da parte dei militari, di cui sono stati testimoni molti profughi. La ferocia è stata verificata dalla delegazione di 150 diplomatici, compreso l’ambasciatore americano a Damasco Robert Ford, che sono stati condotti dalle autorità siriane a Jisr al Shughur, razziata la scorsa settimana dai tank della Quarta divisione, contrastati poi da manipoli di militari siriani che si sono schierati dalla parte della popolazione in uno scontro che ha fatto 120 vittime in divisa tra l’una e l’altra parte. Adrian Edwards, portavoce dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), membro della delegazione ha dichiarato: “Man mano che ci avvicinavamo alla città, i centri abitati apparivano sempre più deserti, mentre non c’era alcuna traccia di gente al lavoro nei campi circostanti. Le strade di Jisr al Shughur erano vuote e i negozi in gran parte chiusi”. La sintonia con lo spirito della visita – vi facciamo vedere di che cosa siamo capaci – e le parole del ministro degli Esteri Moallem è totale. Nell’intervento trasmesso dalla televisione di stato il ministro ha quasi dichiarato guerra all’Europa (che peraltro è indispensabile alla Siria, perché assorbe un quarto delle sue esportazioni), non senza aver dato del “colonialista” al ministro degli Esteri francese Alain Juppé: “L’Unione europea vuole seminare la fitna, la spaccatura della comunità musulmana e il caos in Siria; consideriamo le sue sanzioni come un atto di guerra; cancelleremo dalla carta geografica l’Europa e ci rivolgeremo a est. Smettetela di intervenire negli affari siriani, basta provocare caos e conflitti; il popolo siriano è capace di forgiare il proprio futuro senza di voi, rifiutiamo ogni intervento esterno”. Moallem si è poi augurato che “l’amica Turchia riveda alcune sue posizioni nei confronti della situazione interna alla Siria”. Le manifestazioni nel resto del paese non si fermano. Ad Aleppo, dove cresce la protesta ogni giorno di più, stanno marciando alcune decine di carri armati e ci sono stati un centinaio di arresti, mentre ci sono state vittime a Hama e Homs. Oggi dopo le preghiere del mezzogiorno ci saranno proteste con lo slogan “Legittimità perduta di Assad” e “Bashar non è più il mio presidente e il suo governo non mi rappresenta più”.
Corriere della Sera-Davide Frattini: " I tank siriani verso il confine con la Turchia "

Siriani in fuga al confine con la Turchia
Cento giorni di rivolta spingono le truppe siriane a quindici chilometri dal confine con la Turchia. Jeep, mezzi blindati, pattuglie di militari a piedi si muovono tra i villaggi e i campi coltivati. I civili fuggono dall’altra parte, verso la sicurezza e l’esilio, con un ultimo sguardo alle spalle, hanno paura di essere inseguiti anche lì, in mezzo alle tende bianche tirate su per accoglierli. «I miei familiari mi hanno chiamato da Managh» , racconta un abitante di Aleppo all’agenzia Reuters. «I soldati sparano con le mitragliatrici sulle case del villaggio, chi può è scappato» . Aleppo è la città più importante per l’economia siriana. La ribellione per ora l’ha risparmiata, la repressione la sta assediando. Da quasi due settimane le truppe speciali comandate da Maher Assad, fratello minore del presidente Bashar, stanno calpestando le manifestazioni nella provincia di Idlib, a maggioranza sunnita, come il resto del Paese, che già alla fine degli anni Settanta era insorta contro il capostipite Hafez. La Turchia è sempre più impaziente con la famiglia Assad, fino ad ora vicina e alleata, e con la minoranza alauita (il 12 per cento della popolazione) che rappresenta. Oltre 11 mila rifugiati hanno già attraversato gli 840 chilometri di confine. Walid Moualem, ministro degli Esteri siriano, ha chiesto al governo di Ankara di rivedere la sua posizione: il presidente Abdullah Gul ha criticato il discorso di Assad («Non è abbastanza» ) e un diplomatico ha concesso al regime di Damasco una settimana per realizzare le riforme. Su un palazzo di tre piani evacuato in territorio siriano viene innalzata da chi fugge la bandiera turca, le truppe di Damasco prendono posizione e issano sul tetto il vessillo nazionale. I due eserciti per ora si fronteggiano con i binocoli. Diciassettemila siriani sarebbero accampati al confine. Aspettano di poter passare, temono di venire braccati dai servizi segreti che si muoverebbero negli accampamenti. Le squadracce del regime danno la caccia ai leader dell’opposizione, i cecchini sarebbero appostati nei boschi attorno ai villaggi. Nel discorso alla nazione di lunedì (il terzo dall’inizio della rivolta oltre tre mesi fa), Assad ha invitato i rifugiati a tornare nelle case abbandonate: «Vi fanno credere che lo Stato si vendicherà, non è vero» . La repressione avrebbe già causato oltre 1.300 vittime, 130 nei raid dell’ultima settimana che hanno bersagliato l’area a nord-ovest verso la frontiera con la Turchia. L’Unione Europea prepara sanzioni più dure contro il governo siriano e Ban Ki-Moon, segretario generale delle Nazioni Unite, denuncia la «perdita di credibilità» di Assad. Dopo le promesse di riforme politiche, il presidente ha proclamato un’amnistia che— spiegano le organizzazioni per i diritti umani — lascia liberi i trafficanti di droga, gli evasori fiscali, i borsaioli. Gli arrestati per la rivolta sarebbero almeno diecimila, imprigionati anche negli stadi perché nelle carceri non c’è più posto.
L'Unità-Umberto De Giovannangeli: " All'Europa dico: aiutateci ad abbattere il regime di Bashar"


Farid Ghadry I due fratelli Assad, il presidente e il comandante dei massacri
All’Europa chiediamo di continuare a esercitare pressioni sul regime di Bashar al-Assad per realizzare le condizioni di un colpo di stato militare all’interno del Paese, che possa liberare la Siria. Noi sappiamo che ci sono diversi generali che quando comprenderanno che la nave sta per affondare lasceranno immediatamente il regime per salvare il proprio Paese».Asostenerlo è Farid Ghadry, dissidente siriano e presidente del Reform party of Siria. Nei giorni scorsi Ghadry è stato in Italia dove ha ricevuto una solidarietà bipartisan. Le notizie che continuano a giungere dalla Siria sono drammatiche. La repressione continua e c’è il rischio di uno scontro con la Turchia... «L’obiettivo di Assad è quello di regionalizzare il conflitto. Quelo che il regime sta attuando è unricatto rivolto alla Comunità internazionale..». In cosa consisterebbe questo ricatto? «Far esplodere la regione. Se continuate sulla strada delle sanzioni, siamo pronti a fare del Medio Oriente una polveriera pronta a esplodere: è questo il messaggio che Assad ha lanciato al mondo. Ma il mondo libero non deve sottostare a questo ricatto. Farlo, significherebbe concedere al regime l’impunità interna, consentendogli di proseguire nella brutale repressione contro chiunque manifesti per la libertà e la democrazia». A Bruxelles, L'Ue ha approvato nuove sanzioni contro il regime del presidente Assad. Altre 11 persone, tra rappresentanti del governo e uomini d'affari, sono stati aggiunti alla lista dei siriani già colpiti dai provvedimenti... «È un’ottima notizia. Significa che l’Europa non si piega alle minacce del regime. La pressione deve proseAll’Europa chiediamo di continuare a esercitare pressioni sul regime di Bashar al-Assad per realizzare le condizioni di un colpo di stato militare all’interno del Paese, che possa liberare la Siria. Noi sappiamo che ci sono diversi generali che quando comprenderanno che la nave sta per affondare lasceranno immediatamente il regime per salvare il proprio Paese».Asostenerlo è Farid Ghadry, dissidente siriano e presidente del Reform party of Siria. Nei giorni scorsi Ghadry è stato in Italia dove ha ricevuto una solidarietà bipartisan. Le notizie che continuano a giungere dalla Siria sono drammatiche. La repressione continua e c’è il rischio di uno scontro con la Turchia... «L’obiettivo di Assad è quello di regionalizzare il conflitto. Quelo che il regime sta attuando è unricatto rivolto alla Comunità internazionale..». In cosa consisterebbe questo ricatto? «Far esplodere la regione. Se continuate sulla strada delle sanzioni, siamo pronti a fare del Medio Oriente una polveriera pronta a esplodere: è questo il messaggio che Assad ha lanciato al mondo. Ma il mondo libero non deve sottostare a questo ricatto. Farlo, significherebbe concedere al regime l’impunità interna, consentendogli di proseguire nella brutale repressione contro chiunque manifesti per la libertà e la democrazia». A Bruxelles, L'Ue ha approvato nuove sanzioni contro il regime del presidente Assad. Altre 11 persone, tra rappresentanti del governo e uomini d'affari, sono stati aggiunti alla lista dei siriani già colpiti dai provvedimenti... «È un’ottima notizia. Significa che l’Europa non si piega alle minacce del regime. La pressione deve proseguire... ». Con quale obiettivo? C’è chi auspica uninterventomilitare internazionale sul modello libico... «Non è questo ciò che auspichiamo. La strada giusta è quella delle sanzioni, dell’isolamento del regime, perché questo porterebbe allo sbocco possibile, che guarda a ciò che è avvenuto in Tunia e in Egitto piuttosto che alla Libia...«. A cosa si riferisce? «Ad un colpo di stato militare. "Noi sappiamo che ci sono dei generali che quando capiranno che la nave sta per affondare lasceranno immediatamente il regime per salvare il proprio Paese. "Se ci sarà un colpo di stato militare all'interno del Paese questo non sfocerà in una guerra civile, anzi significherà la transizione della Siria in maniera pacifica versounacompiuta democrazia. Insisto su questo punto: questo regimenon sopravviverà alla rivoluzionein atto e noi dobbiamo velocizzare questa caduta. Per questononvogliamo interferenze militari dirette nel Paese, ma chiediamo all'Europa di creare le condizioni interne per facilitare il compimento di un golpe da parte dei militari siriani». Non c’è il rischio che l’insurrezione contro il regime baathista apra la strada ai gruppi integralisti? «La rivolta è nata su parole d’ordine che nulla hanno a che fare con il jihadismo. La gente è scesa nelle strade per rivendicare libertà, diritti, riforme. Come in Tunisia, come in Egitto. Non ci sarà una deriva fondamentalista...». C’è chitemechelacaduta delregime baathista possa destabilizzare l’intera area mediorientale... «So di questi timori, ma il discorso va ribaltato...». In che senso? «La caduta dell’attuale regime sarà l’inizio di una nuova stagione nei rapporti con Israele, Libano, Turchia Iraq e Giordania,masoprattutto darà la spinta per un cambio di regime anche in Iran». Tra i Paesi più inquieti c’è Israele. «Lo so bene e tengo nel massimo conto i rapporti con Israele. Per aver parlato alla Knesset, Assad mi ha tolto la cittadinanza siriana. Al popolo israeliano dico di sostenere l’insurrezione popolare in atto nel mio Paese. Perché quel vento di libertà può davvero determinare una svolta epocale in Medio Oriente ».
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