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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Vasilij Grossman, Il bene sia con voi 20/06/2011

Il bene sia con voi                                   Vasilij Grossman
Traduzione di Claudia Zonghetti
Adelphi                                                         Euro 19

È proprio vero. Soltanto la rinnovata lettura di un testo svela fino in fondo tutte le sue potenzialità; così come, per converso, le eventuali manchevolezze. Ne ho avuto l' ennesima conferma rileggendo uno scritto di Vasilij Grossman, già "incontrato" anni fa sotto il titolo La Madonnaa Treblinka (Edizioni Medusa), e ora presente nella raccolta di racconti adelphiani Il bene sia con voi!. La Madonna Sistina (questo il nuovo titolo), mi è parso se possibile ancor più potente nella nuova traduzione di Claudia Zonghetti: nemmeno dieci pagine, che andrebbero mandate a memoria, per quanto sono profonde e struggenti. Siamo nella primavera del 1955 e il governo sovietico, prima di restituire alla città di Dresda il capolavoro di Raffaello, decide di mostrarlo ai visitatori del museo Puskin, assieme alle altre opere sequestrate ai nazisti durante la guerra. Grossman non è un critico d' arte, è soltanto uno scrittore, un immenso scrittore che ci ha regalato in forma di romanzo una delle più lucide e strazianti indagini sull' abiezione dei totalitarismi novecenteschi ( Vita e destino ). E con gli occhi di uno scrittore guarda quel quadro, occasione di un' emozione che nessun altro artista è riuscito mai a offrirgli con pari intensità: neppure Beethoven, né Rembrandt o Tolstoj. Ma perché la Madonna Sistina lo tocca così profondamente? Perché svela il mistero della maternità. Perché quella Madonna è la figura più "democratica", "umana", "universale" che si possa concepire. Perché è «l' espressione più atea della vita, di quell' umano a cui il divino non partecipa». Le parti tra madre e figlio, qui, sono invertite. Il vero adulto è lui, il bambin Gesù, già consapevole del destino che lo attende. Nulla potrà impedire il distacco tra i due e nulla potrà fare la madre per evitare che la tragica sorte del figlio abbia corso. Come nella vita reale, la simbiosi è destinata a spezzarsi: «ella offre il bambino alla sua sorte, non lo nasconde». Grossman, a questo punto, si allontana dal quadro e in lui si affaccia un ricordo: quella coppia l' ha già vista e nelle condizioni peggiori, più estreme. La Madre gli ricorda ogni madre che ha attraversato il confine del campo di sterminio di Treblinka; e il Figlio dall' espressione dolente, ogni figlio che entrando nel lager sa di andare incontro al proprio Golgota, alla propria croce. La tela di Raffaello, però, racconta qualcosa in più; raccoglie una luce che nullae nessuno potrà mai spegnere. Sono passati i secoli, si sono consumate guerree violenze inaudite, eppure da dodici generazioni quel quadro sempre uguale e sempre diverso, continua a illuminare la vita degli uomini (ricchi e poveri, colti e ignoranti, buoni e cattivi), mostrando loro come «il miracolo di libertà» è intrinseco alla natura umana e non vi sia potere capace di estinguerlo. Ecco perché «il pittore Adolf Hitler», Grossman ne è certo, non ha potuto reggere lo sguardo di quella madre e di quel bambino. Perché quelle due figure incarnano l' umano che non si arrende, e proprio per questo è immortale. Tutti i racconti del libro ruotano attorno al Giano bifronte che marca a fuoco il cammino dell' umanità: da un lato lo scempio continuo della vita e dall' altro la cocciuta resistenza di chi, a quello scempio, si oppone. Lo scrittore ucraino ha visto in faccia gli orrori del nazismo e del comunismo. Da ebreo, ha conosciuto la furia antisemita. Sa cosa vuol dire vivere nell' epoca dei lupi: quando dilaga l' abiura, e vendetta e freddezza contagiano i cuori. In queste pagine, autobiografiche e non, dà conto di tante storie diverse, ambientate in brefotrofi, miniere, fabbriche, villaggi sperduti, dove uomini, donne e bambini vivono stretti nella morsa del terrore. Eppure, in un angolo nascosto, arde una fiamma di compassione e dunque una chance di riscatto. Vale per tutti, anche per il mulo Giu, che nello spettacoloso racconto La strada, offre il suo punto di vista sulle follie della guerra: le frustate continue, le piaghe, la fame, la sete, il caldo atroce dell' Abissinia e il gelo annichilente della pianura russa. Contro la cattiveria e l' indifferenza del mondo, Giu erge a sua volta un muro di indifferenza ottusa e tenace: sarà quella la sua forma di rivolta, premiata infine dall' incontro con una scheletrica cavalla, che con il suo tiepido fiato e il suo corpo sudato, gli farà riscoprire la dolcezza del calore animale: «in quel mare di indifferenza universale, si era formata una piccola fenditura, una piccola crepa». È vero, ammonisce Grossman, la vita è crudele; la storia è un susseguirsi di soprusi e ignominie. Ma il bene c' è e resiste. Ed è su quella stilla di bene che bisogna, a tutti i costi, far leva. Fino all' ultimo. Fino al viaggio finale in Armenia, dove lo scrittore ucraino incontra molte persone, alcune delle quali particolarmente influenti. Sarà però un vecchio contadino dalla giacca lisa, a colpirlo nel profondo, commuovendolo fino alle lacrime. Quell' uomo di poche, elementari parole, incarnate in «una vita vissuta secondo verità», gli rivela, una volta di più, come la qualità prima dell' uomo oltrepassi qualunque talento artistico, letterario, scientifico: «il dono supremo dell' umanità è il dono della bellezza spirituale, della nobiltà d' animo, della magnanimità e del coraggio del singolo in nome del bene». La letteratura di Vasilij Grossman è volta a valorizzare quell' impagabile bene che emerge come una polla inattesa dalla nuda vita, e senza logica e senza calcolo, finisce per mettere a soqquadro «l' aritmetica della ferocia».

Franco Marcoaldi
R2 Cult La Repubblica


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