Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Usa, catturato aspirante terrorista al parco di Arlington cronaca di Glauco Maggi, commento del Foglio
Testata:Libero - Il Foglio Autore: Glauco Maggi - Redazione del Foglio Titolo: «Al Qaeda a un passo dal Pentagono - Lo zaino vuoto dell’occidente»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 18/06/2011, a pag. 17, l'articolo di Gluco Maggi dal titolo " Al Qaeda a un passo dal Pentagono ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Lo zaino vuoto dell’occidente ". Ecco i pezzi:
LIBERO- Glauco Maggi : " Al Qaeda a un passo dal Pentagono "
Arlington
È il primo serio allarme in America dopo l’uccisione di Osama Bin Laden, e la «situazione è ancora in pieno sviluppo », come ha detto il portavoce della polizia di servizio nel Parco di Arlington, David Schlosser, poche ore dopo l’arresto di un marine americano musulmano, e il ritrovamento di un pacco sospetto, all’alba di venerdì, nella sua auto parcheggiata vicino al Pentagono, a Washington. Secondo un ufficiale che ha parlato con la tv CBS, l’oggetto, pur misterioso, è stato disattivato e dichiarato “inerte”, dopo i primi rapporti che parlavano di un ordigno con il potenziale di essere pericoloso. L’uomo è stato identificato come Yonathan Melaku, un riservista del corpo dei lancieri dei Marines in Virginia, di religione musulmana. Entrato nel corpo nel 2007, Melaku ha 23 anni ed è stato arrestato perché sorpreso nel parco di notte, quando il cimitero è chiuso al pubblico. Aveva con sè uno zainetto con «oggetti sospetti e altro materiale », hanno detto a Fox News gli investigatori. Una agente dell’Fbi, nella prima breve conferenza stampa, ha aggiunto che «nello zaino non c’era un ordigno esplosivo, ma sostanze misteriose che stiamo analizzando per capire di che si tratta ». La natura e la gravità dell’episodio, con tutta probabilità un attentato non ancora nel suo stadio operativo, non sono ancora state svelate dagli agenti antiterrorismo, evidentemente perché le indagini proseguono. Nel contenuto dello zaino ci sarebbe stato dell’am - monio nitrato, secondo Fox News. L’afro-americano è ancora sotto torchio, ma le prime indiscrezioni lasciano pochi dubbi sugli interessi e sull’affiliazione ideologica dell’ex militare, che aveva la mansione di autista di camion: un agente ha detto ai giornalisti che il sospetto aveva con sé un computer portatile che conteneva parole e frasi tipo «Al Qaeda», «I talebani governano » e «i Mujahidin hanno sconfitto le forze crociate». Gli indizi sono ancora insufficienti per dimostrare l’intenzione di un serio complotto, e solo una sua confessione, e possibilmente la cattura delle altre due persone che sono state viste allontanarsi a piedi mentre Melaku veniva fermato, aiuteranno a chiarire il giallo terroristico. L’operazione era scattata quando un poliziotto di pattuglia al Cimitero Nazionale di Arlington, ai sobborghi di Washington, si è imbattuto nel riservista. La polizia del Parco ha poi ispezionato la Nissan rossa di Melaku, parcheggiata in un boschetto adiacente al parcheggio settentrionale del Pentagono: il particolare della vicinanza della macchina ad un ovvio obiettivo di Al Qaeda, e gli oggetti e le sostanze sospette rinvenuti addosso a Melaku e all’interno della sua vettura, hanno fatto subito affiancare ai poliziotti di Arlington l’Fbi e gli agenti del ministero della Sicurezza. In uno sviluppo separato, dalle indagini eseguite sul materiale trovato addosso al capo di Al Qaeda in Africa ucciso dalle guardie somale lo scorso week end, è intanto emerso che il Ritz Carlton di Londra era nel mirino di Al Qaeda per un bis dell’attacco all’hotel di Mumbai del 2008. Gli agenti Usa stanno avvisando le maggiori catene alberghiere americane che potrebbero essere loro il prossimo target dei terroristi islamici. Nelle stesse ore delle indagini sul fatto di Arlington, ieri, il ministero della giustizia Usa ha intanto lasciato cadere tutte le accuse contro Osama Bin Laden, il caso essendo chiuso con la sua morte.
Il FOGLIO - " Lo zaino vuoto dell’occidente "
Osama bin Laden
Bastano un attimo, un allarme, uno zaino, un computer ritrovato a Mogadiscio e torna su tutto, la paura e la consapevolezza che la guerra al terrore non è mai finita. Ieri all’alba si è introdotto un ragazzo nel cimitero militare di Arlington sul fiume Potomac, là dove vengono sepolti i soldati che muoiono al fronte, un luogo dove ogni filo d’erba verdissima sa di patriottismo, dolore e orgoglio. Dopo una breve fuga il ventiduenne americano di origine etiope – che si è arruolato nei marine nel 2008 – è stato preso dalla polizia, ma non ha risposto alle domande. Così è partita la procedura di emergenza: blocco di tutta l’area, localizzazione della sua auto e di eventuali complici. I media hanno iniziato a diffondere notizie allarmanti: la presenza di materiale esplosivo, di sostanze per costruire bombe, forse di un ordigno pronto a esplodere e di volantini che facevano riferimento ad al Qaida e ai talebani. Quando il quadro complessivo è stato delineato, si è capito che molte delle notizie date nelle prime ore erano troppo allarmistiche. “Ha agito da solo”, ripetevano le fonti interpellate. Ma un kit amatoriale non è rassicurante: anche il ragazzo con l’esplosivo nelle mutande sul volo per Detroit era da solo, anche l’auto a Times Square pronta a esplodere era di un unico uomo. Negli ultimi giorni è partita un’allerta in tutti gli hotel delle principali città americane: l’intelligence ha scoperto che al Qaida stava organizzando un attacco “in stile Mumbai”. L’allarme è arrivato controllando i materiali ritrovati a Mogadiscio, in Somalia, appartenenti a Fazul Abdullah Mohammed, il capo di al Qaida che aveva orchestrato gli attacchi alle ambasciate americane in Africa, ucciso domenica scorsa. A settembre si celebrano i dieci anni dall’attacco delle Torri gemelle, Osama bin Laden è stato ucciso, il dibattito sulle guerre (e sono ben più di quelle che Obama ha “ereditato” da Bush) è diventato tecnico – come colpire, quando e dove – e non più ideologico, nel merito. Poi un ragazzo che fugge con uno zaino e un computer a un posto di blocco a Mogadiscio ci ricordano che la guerra al terrore è tutt’altro che finita, e che basta molto meno di 19 dirottatori sincronizzati per far male all’occidente.
Per inviare la propria opinioe a Libero e Foglio, cliccare sulle e-mail sottostanti