Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
al Zawahiri il nuovo capo di al Qaeda: farà la fine di Bin Laden Cronache di Andrea Morigi, redazione del Foglio
Testata:Libero - Il Foglio Autore: Andrea Morigi - Redazione del Foglio Titolo: «Il cda del terrore ha scelto: il capo è Al Zawahiri - Avvelenare l’odio della piazza araba. La scommessa di al Zawahiri»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 17/06/2011, a pag. 17, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo " Il cda del terrore ha scelto: il capo è Al Zawahiri ". Dal FOGLIO, a pag. I, l'articolo dal titolo " Avvelenare l’odio della piazza araba. La scommessa di al Zawahiri ". Ecco i pezzi:
LIBERO - Andrea Morigi : " Il cda del terrore ha scelto: il capo è Al Zawahiri"
Andrea Morigi, al Zawahiri
È Ayman Al Zawahiri il nuovo emiro di Al Qaeda. Non poteva essere diversamente, dal momento che il peso politico degli egiziani all’interno dell’or - ganizzazione è superiore a quello di tutti gli altri gruppi. Ma non s’illuda il sessantenne successore di Osama Bin Laden. La sua appare come una nomina di transizione e la vera lotta per la successione sembra doversi ancora aprire. IL LEADER IDEOLOGICO Se la scelta è caduta su di lui, lo si deve principalmente all’esi - genza di dare un segnale di continuità. «Proseguiremo sulcammino del Jihad per la causa di Allah e a sostenere i musulmani e gli oppressi», si legge nel documento diffuso ieri dai forum jihadisti sul web, a firma del gruppo islamico. Nessuno meglio dell’uomo che è stato a fianco del leader carismatico sin dalla fusione fra i gruppi di Al Qaeda e di Al Jihad potrebbe garantire la prosecuzione della linea tracciata a partire dagli attentati del 2001 contro gli Stati Uniti. La biografia di Al Zawahiri, nipote di un grande imam dell’università cairota di Al- Azhar, lo faceva emergere come il candidato ideale. Il medico, nato nel 1951, si era costruitoun profilo finora incontestato di leader ideologico. Affiliato ai Fratelli Musulmani dall’età di 14 anni, era passato nel 1979 alla Jihad Islamica. Quando nel 1981 l’allora presidente egiziano Anwar Sadat fu assassinato, il suo nome figurò tra quelli delle 301 persone arrestate. Come una qualsiasi società per azioni, anche la rete terroristica più famosa del mondo ha le sue regole. I membri del consiglio saranno tenuti a prestargli giuramento, come indicano gli statuti, ma potranno anche sollevarlo dall’incarico se «devia dall’adesione alle leggi islamiche » oppure «quando perde la propria competenza». E il nuovo capo dovrà sottostare a ben diciassette obblighi. Compiti delicati, fra i quali la nomina di un nuovo Consiglio della Shura, composto di un minimo di sette e un massimo di dieci persone, di un suo vice e di un presidente del Consiglio, dei presidenti dei Comitati e del suo segretario personale. Tutte cariche della durata di un anno, benché rinnovabili teoricamente all’infini - to. Sempre che un evento imprevedibile non costringa a nominare una nuova gerarchia. A quarantaquattro giorni dal blitz dei Navy Seals americani nel covo pakistano di Abbottabad dove Bin Laden si nascondeva, già s’avanzano altre candidature in grado di sfidare la leadership di Zawahiri. Dal materiale raccolto in seguito all’attac - co, sono venute alla luce le tensioni fra il braccio yemenita di Al Qaeda nella penisola arabica e i vertici. I terroristi yemeniti, infatti, erano contrari agli attacchi spettacolari negli Stati Uniti voluti da Bin Laden e suggerivano di abbassare il tiro. Benché i panni sporchi si lavino in casa, anche negli anni scorsi sono trapelate le critiche del capo del Comitato Militare di Al Qaeda, l’egiziano Saif Al Adl, attualmente il numero due dell’organizzazione, nei confronti di Zawahiri. Sono soltanto questioni di strategia a distanziare i due. Dopo essere fuggito dall’Afghanistan, Al Adl si era rifugiato in Iran insieme ad Abu Hafs Al Mauritani, capo del Comitato Religioso, all’ex portavoce kuwaitiano Suleiman Abu Al Ghaith e al figlio di Bin Laden, Saad, di cui attualmente si sono perse le tracce. Al Adl, invece, risulta ricomparso recentemente in Pakistan con un asso nella manica: una “bomba sporca” perfezionata e resa funzionante dai tecnici del regime di Teheran. Non è chiaro se il dispositivo sia stato nascosto in Europa, con il progetto di mandarlo negli Stati Uniti, come avevano affermato due dei capi di Al Qaeda come Sharif Al Masri e Abu Faraj Al Libi. Si sospetta però che Adnan Al Shukrijumah, un cittadino statunitense affiliato ad Al Qaeda, abbia tentato di far passare alcune parti di armi di distruzione di massa negli Stati Uniti dalla frontiera messicana. Quel che è certo e che all’interno di Al Qaeda si è discusso a lungo su dove puntare in definitiva l’arma di distruzione di massa. Al Adl rimane fedele al progetto della liberazione dei Paesi islamici dalla presenza degli infedeli, a cui dovrebbe seguire la proclamazione del califfato e poi la guerra santa contro il resto del mondo. In questa sequenza, il primo obiettivo è l’Arabia Saudita, seguita dagli altri territori in cui i musulmani sono la maggioranza. OBIETTIVI DA COLPIRE Sembraquesta la lineacomune a tutti, almeno a giudicare dal comunicato in sette punti con cui ieri il Comando Generale di Al Qaeda ha reso nota l’elezione di Al Zawahiri. «La guerra santa contro l’arroganza americana» è l’ultimo fra i temi affrontati,preceduto nell’ordine dalla Palestina, dall’Afghanistan, dall’Iraq, dalla Somalia, dalla «Penisola della Rivelazione», cioè l’Arabia Saudita e lo Yemen, compresi gli Emirati del Golfo, dal Maghreb e dalla Cecenia. Se si tratti di priorità, anche dal punto di vista militare, dipenderà anche dal successo delle rivolte mediorientali. Al Qaeda ripone proprio sulle piazze arabe le sue residue speranze di diventare un movimento di massa.
Il FOGLIO - " Avvelenare l’odio della piazza araba. La scommessa di al Zawahiri"
al Zawahiri con bin Laden
Dopo un mese e mezzo, Osama bin Laden ha un erede. Nella notte di ieri, il sito jihadista Ansar al Mujaheddin (“I seguaci dei guerrieri santi”) ha scritto che “i vertici di al Qaida, dopo essersi riuniti, annunciano la nomina di Ayman al Zawahiri a leader”. Lo si era intuito già la scorsa settimana, dai toni con cui il chirurgo egiziano, 60 anni domenica, chiamava a sé “la nazione ribelle”: “Lo sceicco (Bin Laden) è andato a Dio come un martire e noi dobbiamo continuare il cammino del jihad, per rigettare gli invasori dalla terra dei musulmani e purificarla dall’ingiustizia”. Nel suo messaggio, al Zawahiri aveva rinnovato l’alleanza con il leader dei talebani, il mullah Omar, un compito che compete, appunto, soltanto al capo di al Qaida. Dall’88, quando aveva consegnato i miliziani del Jihad islamico egiziano nelle mani della nascente al Qaida, al Zawahiri è stato chiave operativa e volto pubblico del network terrorista. Da vice di Bin Laden, ha curato centinaia di video di propaganda, predicando tesi non sempre popolari tra i mujaheddin – non tutti hanno digerito i ripetuti attacchi a Hamas, accusato di aver annacquato il jihad scendendo a patti con Israele e l’occidente. Al Zawahiri è noto per il piglio pragmatico – anche nella propaganda, come quando s’è prestato a un botta e risposta on line con i militanti – e per il caratteraccio. Di sicuro, non ha il carisma e le abilità diplomatiche di Bin Laden, come ha riconosciuto il generale americano David Petraeus. Per questo, dice il futuro capo della Cia, dopo il raid di Abbottabad al Qaida è destinata a sfaldarsi in piccoli gruppi, comandati da leader di tono minore. Di sicuro, con al Zawahiri, si cambia spartito: se i discorsi di Bin Laden erano monopolizzati dalla lotta a “crociati” ed ebrei, in quelli del nuovo leader le citazioni del “nemico distante” non superano il quindici per cento. Più della metà dei messaggi di al Zawahiri è dedicata ai nemici più prossimi: Pakistan, Siria, Yemen e Libia, tutti scenari che negli ultimi mesi stanno aprendo grandi opportunità per al Qaida. Ad al Zawahiri, nonostante i fasti di famiglia – è nipote dell’imam dell’Università cairota di al Azhar –, preme più la strategia che la dottrina. Per il nuovo leader, l’attenzione al nemico che si annida nei paesi arabi, piuttosto che ai “crociati”, è anche un fattore biografico: fino alla riunione dell’88 a Peshawar, l’unico vero nemico da combattere, per lui, era il presidente egiziano Anwar Sadat. Il cambio di strategia porta anche a un rinnovo dei vertici. Alla destra del nuovo leader ci sarà Saif al Adel, ex membro delle forze speciali egiziane, responsabile militare di al Qaida. Secondo alcune fonti, è stato lui a curare la transizione, dal raid del 2 maggio a oggi. Il quotidiano di Karachi The News, a metà maggio, l’aveva dato come nuovo leader di al Qaida, sottolineando che “i vertici terroristici sono ormai passati nelle mani degli egiziani, visto che nessuno dei figli di Bin Laden s’è detto interessato a un posto in al Qaida”. In realtà i contendenti non mancano, a cominciare da Ilyas Kashmiri, leggendario terrorista pachistano, noto per aver perso i denti mentre combatteva i sovietici in Afghanistan. Kashmiri, da inizio mese, è scomparso: i suoi miliziani dell’Harkat ul Jihad al Islami (Huji) l’hanno dato per morto sotto i colpi di un drone, nel Waziristan del nord, ma il nome del portavoce (mai sentito prima), le ingenuità del comunicato e un errore grossolano nelle foto (quelle diffuse sono in realtà di un terrorista morto negli attentati di Mumbai, nel 2008) lasciano spazio a molte perplessità. Le rivolte della piazza araba favoriscono anche l’esperto di esplosivi libico Abdulrahman Attiya al Libi, vicino ad al Zawahiri e grande teorico del “jihad individuale” – le azioni condotte, in occidente, da singoli terroristi, estremamente motivati. C’è anche l’imam Anwar al Awlaki, nativo del New Mexico, profeta del jihad su Internet. Bin Laden (stando ai documenti trovati ad Abbottabad) gli aveva rifiutato la leadership in Yemen, ma le ultime azioni clamorose di al Qaida portano sempre la firma dei suoi seguaci. Il raid che ha decapitato al Qaida ha costretto la rete terroristica anche a riscrivere alcuni versi del proprio credo. Se prima la figura magnetica di Bin Laden era tutto, ora si sente al Libi dire che “non c’è mai stato un mujaheddin che abbia combattuto senza essere preparato alla morte. Il jihad non può essere fermato dalla morte, dalla cattura o dall’uccisione di qualcuno, qualunque sia il suo ruolo”. Al Qaida dissolve i connotati, mentre prepara nuovo terrore.
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