Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Incontro Netanyahu-Berlusconi, un successo ignorato dai media analisi di Angelo Pezzana, cronaca di Francesca Bertoldi
Testata:Libero - Avvenire Autore: Angelo Pezzana - Francesca Bertoldi Titolo: «Netanyahu da Berlusconi fra amicizia e aperture all’Anp - Abu Mazen riconosca Israele»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 15/06/2011, a pag. 21, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " Netanyahu da Berlusconi fra amicizia e aperture all’Anp ". Segnaliamo da AVVENIRE del 14/06/2011, a pag. 16, l'articolo di Francesca Bertoldi dal titolo " Abu Mazen riconosca Israele".
LIBERO - Angelo Pezzana : " Netanyahu da Berlusconi fra amicizia e aperture all’Anp "
Angelo Pezzana
Bibi Netanyahu era accompagnato da otto ministri del suo governo, Silvio Berlusconi da sette più un sottosegretario, l’incontro è stato un successo da tutti i punti vista, eppure, con poche eccezioni, ha riscosso poco interesse sulla nostra stampa. Per la verità anche su quella israeliana. Avigdor Lieberman, ministro degli esteri israeliano, sempre attento verso il mondo dell’informazione, ha polemizzato con gli organi di stampa del suo Paese, che hanno dedicato, come i nostri, poco rilievo all’incontro. «Se fosse stato un insuccesso », ha detto, «allora avremmo avuto i titoli in prima pagina». Eppure le notizie c’erano tutte. Bibi ha riconfermato il nostro Paese quale «migliore alleato di Israele», un apprezzamento che la politica estera dei vari governi Berlusconi merita ampiamente, avendo saputo trovare un saldo equilibrio tra il modo musulmano moderatoela lotta apertacontroilfondamentalismo islamista, una relazione speciale con lo Stato ebraico che non ha eguali in Europa. Ha interessato di più i nostri media la contestazione degli odiatori che avrebbero voluto impedire la manifestazione “Israele che non ti aspetti”, che invece si svolge regolarmente in questi giorni in piazza del Duomo a Milano, tentativo fallito di fronte alla fermezza dei rappresentanti di Israele. Eppure Netanyahu ha fatto delle affermazioni importanti, persino sul processo pace, sempre ricordato a senso unico, da coloro che imputano a Israele ogni responsabilità. «Siamo pronti a incontrare Abu Mazen per discutere con lui tutte le condizioni che ci possano permettere di arrivare alla pace, gli chiediamo soltanto di riconoscere Israele come lo Stato degli ebrei, così come noi riconosciamo la Palestina quale stato dei palestinesi», ha dichiarato Bibi. Come si può discutere di pace con un nemico che si rifiuta persino di riconoscerti? Eppure questa sua affermazione non è stata riportata da nessun giornale, l’abbiamo sentita solo nell’intervista della brava Cesara Buonamici al TG5. Berlusconi ha riconfermato che l’Italia non appoggerà una eventuale richiesta all’Onu di autodeterminazione dello Stato palestinese, mentre ricorderà all’Autorità palestinese l’im - pegno a rispettare gli impegni già sottoscritti ma messi in pericolo dall’unione con Hamas.L’Italia è il secondoPaese europeo per interscambio con Israele, il che spiega gli oltre 500 incontri economici durante la visita di Bibi in Italia. Berlusconi, a differenza di altri predecessori, non è stato reticente sul problema sicurezza. Ha ricordato come l’Iran sia al centro di gran parte del commercio clandestino di armi per i terroristi e quale pericolorappresenta, non solo per Israele, il possesso dell’atomica da parte di Teheran. Dopo il successo dell’incontro con Obama a Washington la replica a Roma con Berlusconi.
A fianco di Israele sempre. E a maggior ragione nel dire no a un eventuale richiesta di riconoscimento della Palestina in sede Onu. Questa la sostanza dell'incontro che si è tenuto ieri a Roma tra il premier Silvio Berlusconi e il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu. Berlusconi ha confermato l'asse con «l'amico» Netanyahu che, per parte sua, ha ribadito più volte i legami tra i due Paesi, sperando di «continuare a lavorare con l'amico Silvio in futuro» e ringraziandolo a più riprese. «A nome del popolo israeliano: non esiste amico migliore dite», ha rimarcato il leader israeliano, sottolineando «tutte le posizioni chiare adottate e tutto l'appoggio dato». E mentre sul tavolo restano agli atti otto nuovi accordi - dalla cultura al lavoro, dalla ricerca scientifica al turismo - e una dichiarazione congiunta in cui, tra l'altro, l'Italia «riafferma» la «sua ferma posizione contro ogni manifestazione di delegittimazione e boicottaggio contro Israele», Netanyahu ha colto l'occasione della platea di giornalisti nella capitale per una nuova "arringa" sul processo di pace. La radice del conflitto israelopalestinese - ha detto il pruno ministro - «non sono gli insediamenti» di Israele nei Territori, quanto piuttosto «il rifiuto dei palestinesi a riconoscere l'esistenza di uno Stato ebraico». «Ho chiesto ad Abu Mazen di rivolgersi al suo popolo dicendo che accetterà lo Stato ebraico di Israele - ha detto Netanyahu -. Se dirà queste sei parole, cambieremo il mondo». E «se fosse possibile fare tutto questo in Sicilia - ha aggiunto, rispondendo alla proposta di Berlusconi che ha ribadito la disponibilità della città di Erice per una Conferenza di pace sul Medio Oriente - saremmo sicuramente d'accordo». Tutto questo mentre da Ramallah anche il presidente palestinese Abu Mazen offriva disponibilità al dialogo, spiegando di preferire tornare al tavolo dei negoziati piuttosto che rivolgersi all'Onu in settembre. Ma Netanyahu ha spinto l'acceleratore anche su un altro dossier che scotta quello iraniano. Se Teheran andrà avanti con il suo programma nucleare ci sarà un «inverno iraniano» piuttosto che una «primavera araba», ha ammonito il premier, sollecitando la Comunità internazionale a «fare in modo che non succeda mai». Netanyahu ha parlato anche apertamente di «opzioni militari»: le sanzioni da sole non funzionano, ha spiegato, e solo se accompagnate dallo spettro di un intervento militare possono «preoccupare» gli iraniani, come successo nel 2003 quando - ha ricordato - fu l'unica volta in cui Teheran interruppe il programma perché temeva l'intervento Usa. «Ci prenotiamo per il summit dell'anno prossimo a Gerusalemme» tra Italia e Israele, ha quindi annunciato Berlusconi.
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