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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
14.06.2011 Sharia e accuse a Israele, il nuovo Egitto 'democratico'
Cronache di Aldo Baquis, Redazione del Foglio

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Aldo Baquis - Redazione de Foglio
Titolo: «L’Egitto: Israele trama contro di noi - Ottanta milioni di barbe. In Egitto c’è paura per i salafiti»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 14/06/2011, a pag. 19, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " L’Egitto: Israele trama contro di noi ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Ottanta milioni di barbe. In Egitto c’è paura per i salafiti ".
Ecco i due pezzi:

La STAMPA - Aldo Baquis : " L’Egitto: Israele trama contro di noi "


Ilan Grapel

Al corretto ed equilibrato articolo di Aldo Baquis aggiungiamo il fatto che il Mossad ha dichiarato sui quotidiani israeliani che mai nessun suo agente diffonderebbe informazioni su internet, come invce ha fatto con grande abbondanza il Grapel, a dimostrazione che la storia del suo arresto è solo una montatura del nuovo Egitto per incrinare i rapporti con Israele.
Ecco il pezzo:

«Duro colpo egiziano al Mossad»: con questo titolo trionfante il quotidiano Al Akhbar del Cairo ha ieri commentato l'arresto di un giovane ebreo, Ilan Grapel, di nazionalità statunitense ed israeliana, sospettato di aver cercato di mestare nel torbido ai margini della rivoluzione egiziana, e in particolare di aver fomentato incidenti fra musulmani e copti.

Mentre Israele si riprendeva dalla sorpresa dell'arresto (che ritiene palesemente ingiustificato) il vice-premier egiziano Yihia al-Jamal ha accusato lo Stato ebraico di voler scatenare conflitti interni nel suo Paese, allo scopo di indebolirlo. Il ragazzo, dicono le autorità egiziane, è stato trovato in possesso di un computer e di tre telefoni cellulari. Gli investigatori hanno recuperato così sue immagini passate (alcune lo mostrano nella divisa dei paracadutisti israeliani, con i quali ha combattuto in Libano nel 2006, dove è stato ferito) e anche fotografie recenti. In una è ripreso all'interno della moschea Al Azhar. In altri scatti si vede Grapel fra dimostranti egiziani in piazza Tahrir mentre sbeffeggia il presidente Obama.

Fino a ieri queste foto erano comunque reperibili sulla sua pagina di Facebook, poi sono state rimosse. Secondo gli investigatori Grapel aveva raccolto al Cairo un certo numero di complici prezzolati, e doveva svolgere una serie di «missioni»: valutare la consistenza dei seguaci residui di Hosni Mubarak; verificare le misure di sicurezza in diverse località; vagliare la protezione del gasdotto del Sinai settentrionale, che ha appena ripreso a funzionare dopo due clamorosi attentati terroristici. Nato a Queens, Grapel si è arruolato nell'esercito israeliano per idealismo. Ha completato in Israele un corso di arabo e poi - tornato negli Usa - si è specializzato in giurisprudenza, dedicandosi alla questione del sostegno ai profughi. «È un giovane pieno di sogni» dice la famiglia. Il Mossad nega che si tratti di uno dei suoi uomini: «Non siamo soliti arruolare - viene spiegato - chi abbia rilasciato interviste ai mass media» (come fece abbondantemente Grapel, dopo il ferimento in Libano, ndr).

Nel frattempo la questione ha assunto un’altra dimensione. Dietro all’arresto di Grapel ci sono il Procuratore della sicurezza di Stato Hisham Badawi e il ministro per l’Intelligence Murad Muwafi: due esponenti molto influenti del nuovo Egitto. Dietro di loro, nell'ombra, agirebbe anche il ministro degli Esteri Nabil al-Arabi. I tre - ipotizzano analisti in Israele - vorrebbero forse esacerbare i sentimenti dell'opinione pubblica verso Israele. Brutte notizie dunque per Grapel che in queste ore dalla sua cella del Cairo vede un solo raggio di luce: il suo passaporto statunitense e l’attivo interesse del Dipartimento di Stato.

Il FOGLIO - "Ottanta milioni di barbe. In Egitto c’è paura per i salafiti  "

Roma. “Chiediamo a ottanta milioni di egiziani di farsi crescere la barba come il Profeta”, ha scandito l’imam Safwat Hegazi, annunciando la nascita al Cairo del primo partito salafita del quale la commissione per gli affari dei partiti politici ha approvato la costituzione. Il nome della formazione è “Nour Party”, il Partito della Luce. E’ la prima volta, nella storia del salafismo represso dal regime di Mubarak, che un gruppo a esso ispirato forma un partito politico, una scelta sempre respinta dall’ideologia del movimento in quanto un governo non islamicamente puro è “bidaa”, innovazione, eresia. I salafiti non riconoscono nessuna tradizione islamica successiva all’epoca del Profeta (la parola “salaf” si riferisce ai venerati compagni di Maometto). “Con le elezioni parlamentari previste per quest’autunno, i salafiti sono pronti a emergere come una potente forza politica”, ha scritto ilWashington Post dedicando ai salafiti un robusto dossier. Abdel Moneim el Shahat, uno dei leader dei salafiti, annuncia che il suo gruppo spera di ottenere il dieci per cento dei voti. Un’enormità, se sommata a un probabile trenta per cento dei Fratelli musulmani e ai voti degli altri gruppi islamici. C’è paura in Egitto per la crescita dei salafiti, i cui aderenti hanno aggredito in queste settimane chiese cristiane, centri sufi (islam mistico), personalità islamiche moderate, donne senza velo e venditori di alcolici. Il Nour Party è il terzo partito islamico a ottenere l’autorizzazione della commissione dopo la rivolta del 25 gennaio. Gli altri due sono il “Wasat”, promosso da giovani dissidenti dei Fratelli musulmani, e il partito della “Libertà e Giustizia”, espresso dalla stessa confraternita. Ma il Partito della Luce è a sua volta soltanto uno dei cinque gruppi che i salafiti avrebbero intenzione di costituire: un altro, il “Partito della Virtù”, starebbe per essere ufficializzato. I salafiti, che da decenni non prendevano parte attiva alla vita politica adottano un’interpretazione letterale dei testi religiosi e finora non avevano riconosciuto l’autorità del Parlamento in quanto organismo legislativo. Non essendoci sondaggi è impossibile dire quanti voti raccoglieranno i salafiti. Ma Hala Mustafa, direttore della Democracy Review, afferma: “Sono molto popolari in Egitto, il loro numero eccede quello della Fratellanza”. Un po’ troppo, ma è vero che i salafiti sono molto rappresentativi della pancia di un paese come l’Egitto, rurale, povero e religioso. Il canale satellitare Al Khalajia è un esempio dell’enorme popolarità salafita: oggi trasmette soltanto musiche e sermoni salafi. I salafiti accusano i copti di voler “cristianizzare” l’Egitto e non esitano a fomentare la guerra etnica. Si oppongono alla nomina dei cristiani nei posti chiave dell’amministrazione pubblica, dai sindaci ai governatori. Dicono che è “blasfemo” che un non musulmano dia ordini a un islamico. Secondo il fondatore del Nour, Yasser Metwalli, il partito ha già raccolto cinquemila membri fondatori. I salafiti sono legati alla Gamaa al Islamiya, che nel 1997 trucidò i turisti a Luxor. Religiosi salafiti, dopo la caduta di Mubarak, stanno riapparendo ovunque al Cairo, Assiut e Alessandria. Dicono che la loro missione è la “da’wa”, la conversione a uno stile di vita islamico. Il loro guru, Abdel Akher Hammad, è stato compagno di cella di Ayman al Zawahiri, il leader di al Qaida. Gran parte dei quadri del salafismo provengono dai Fratelli musulmani, da cui si staccarono negli anni Settanta (oggi i due gruppi avrebbero stretto un patto elettorale). Il loro ruolo è aumentato a tal punto che l’esercito, che governa il paese fino a elezioni, ha chiesto ai capi salafiti di intervenire per stemperare le tensioni fra musulmani e cristiani. I salafiti sono in gran parte finanziati dal clero saudita e dall’Arabia Saudita vorrebbero importare la legislazione sugli alcolici, la mescolanza dei sessi e le minoranze.

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