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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio - La Stampa Rassegna Stampa
09.06.2011 Elezioni in Turchia, Erdogan verso la vittoria?
Cronaca di Luigi De Biase, intervista a Kemal Kiliçdaroglu di Marta Ottaviani

Testata:Il Foglio - La Stampa
Autore: Luigi De Biase - Marta Ottaviani
Titolo: «Erdogan gioca d’anticipo e modella la sua dottrina sul prossimo mandato - Solo con noi Ankara tornerà a guardare verso l’Europa»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 09/06/2011, a pag. 1-IV, l'articolo di Luigi De Biase dal titolo " Erdogan gioca d’anticipo e modella la sua dottrina sul prossimo mandato ". Dalla STAMPA, a pag. 19, l'intervista di Marta Ottaviani a Kemal Kiliçdaroglu dal titolo "Solo con noi Ankara tornerà a guardare verso l’Europa".
Ecco i due articoli:

Il FOGLIO - Luigi De Biase : "  Erdogan gioca d’anticipo e modella la sua dottrina sul prossimo mandato"


Recep Erdogan

Istanbul. Domenica la Turchia affronta le elezioni generali e nessuno nelle strade di Istanbul si aspetta grandi sorprese dalle urne. Il partito di governo, Giustizia e progresso (Akp), è sicuro di raggiungere la maggioranza dei voti, così sicuro che il premier, Recep Tayyip Erdogan, ha annunciato ieri la forma del suo prossimo governo – ci saranno due ministeri in meno e sei nuove deleghe, ha detto Erdogan nell’ultima uscita di questa campagna elettorale. La vera incognita riguarda le dimensioni del successo. Non è una questione di poco conto: se l’Akp raggiungerà i due terzi dei seggi in Parlamento, potrà modificare la Costituzione senza confrontarsi con i repubblicani kemalisti del Chp e i nazionalisti di destra dell’Mhp, le altre due forze politiche del paese. Erdogan ha già cercato di cambiare l’ordinamento negli ultimi anni: gli avversari lo accusano di avere un’agenda segreta per trasformare la Turchia in una Repubblica islamica, i critici si limitano a prevedere un passaggio dal sistema parlamentare a quello presidenziale. L’Akp è un partito di ispirazione filo islamica, ha vinto le sue prime elezioni nel 2002 e da allora ha sempre governato. Nei dieci anni al potere, il premier Erdogan è riuscito nell’impresa di animare l’economia turca e di portare la ricchezza nelle province dell’Anatolia, le più orientali e arretrate del paese. Il primo ministro ha basato la propria strategia su due pilastri. Sul piano interno ha promosso una campagna di liberalizzazioni che ha favorito lo sviluppo dell’industria e l’arrivo di capitali stranieri; su quello internazionale, ha migliorato i rapporti con i paesi di confine, aumentando in questo modo gli scambi e la penetrazione sui mercati del medio oriente. La svolta della diplomazia turca è servita a firmare accordi storici con la Grecia e con l’Armenia, ma anche con l’Iran e la Siria, il che ha sollevato dubbi e sospetti sia negli Stati Uniti, sia in Israele. Lo scontro con il governo israeliano ha raggiunto il culmine nel maggio dell’anno scorso, quando alcune navi cariche di aiuti umanitari e di attivisti armati sono partite dal porto di Antalya e hanno violato il cordone di sicurezza intorno a Gaza. L’esercito israeliano era intervenuto, il 31 maggio 2010, per fermare la flottiglia di attivisti diretta a Gaza. Nell’operazione erano rimasti uccisi dieci cittadini turchi. “Nessuno pensi di mettere alla prova la pazienza della Turchia”, aveva detto Erdogan minaccioso, nel suo discorso alla nazione pochi giorni dopo l’incidente. Ma le scelte del premier turco hanno portato grande popolarità all’Akp in patria, che oggi è forte nei centri moderni della costa ovest come nelle campagne dell’Anatolia, dove i valori dell’islam sono più radicati e si mischiano a una nuova cultura imprenditoriale. Ora, all’inizio del suo secondo decennio al governo, il premier deve dimostrare che le riforme porteranno a risultati concreti. Il capitolo principale è quello dell’Unione europea: un eventuale fallimento nelle procedure di ingresso metterebbe di sicuro in discussione l’intero sistema Erdogan. Per ora i risultati economici hanno tenuto lontano il Chp, fermo al 20 per cento nelle elezioni del 2009 – questa volta, dicono i sondaggi, potrebbero arrivare al 30 –, ma il governo ha usato strumenti ben più potenti per affrontare la vera opposizione turca, il gruppo di potere formato da imprenditori, magistrati e generali che ha governato per decenni il paese e ritiene ancora oggi di essere il custode del kemalismo. Almeno cinquanta alti ufficiali dell’esercito sono oggi in carcere con l’accusa di aver progettato un golpe contro il governo, e lo stesso vale per decine fra giornalisti, scrittori e docenti universitari. Tuttavia, in questa stagione di rivolte, si può dire che la Turchia sia l’unico paese riuscito a superare il regime militaresco (quattro colpi di stato in sessant’anni) passando per le urne anziché per le piazze. Il modello turco è considerato un punto di riferimento in Tunisia e in Egitto. Erdogan ha cercato di allargare l’influenza di Ankara sulla regione sfruttando proprio questo elemento, ma le sue ambizioni si sono scontrate con il fallimento della mediazione in Libia e con i risultati ottenuti sul dossier siriano. Così, nella seconda fase della sua epoca, Erdogan dovrà guardare all’occidente più di quanto, forse, vorrebbe.

La STAMPA - Marta Ottaviani : " Solo con noi Ankara tornerà a guardare verso l’Europa "


Kemal Kiliçdaroglu

Lo chiamano il «Gandhi della politica turca» per la sua somiglianza con lo statista indiano e il suo modo di fare sempre pacato. Classe 1948, originario di una zona a maggioranza curda, Kemal Kiliçdaroglu è il nuovo capo del Chp, il Partito Repubblicano del Popolo, principale voce dell'opposizione che incarna i valori laici da cui nacque la Costituzione di Kemal Atatürk.
Onorevole Kiliçdaroglu, siamo a pochi giorni alle elezioni, un voto chiave per il futuro del Paese. Il suo partito è dato in netta risalita. Come vi sentite?
«In grande forma. I sondaggi in nostro possesso dicono che siamo sul 30%, ben 10 punti in più rispetto alle scorse elezioni. Vogliamo avvicinare la Turchia al modello occidentale, rendere la Turchia un Paese più democratico e libero. Prima di cambiare il nostro Paese abbiamo rinnovato il nostro partito. Abbiamo candidato 109 donne, per la prima volta nella storia del Paese. Molte sono in testa di lista, potrebbero almeno esserci 38 deputate elette».
Sul vostro programma sono presenti punti come aperture alle minoranze in genere ma soprattutto un nuovo approccio al problema curdo. Come crede siano stati recepiti?
«I dati in nostro possesso ci dicono che la percezione del nostro partito sta cambiando anche nel Sud-Est. In questa parte del Paese i nostri consensi sono da sempre più bassi ma in queste elezioni siamo certi che miglioreremo».
Negli ultimi mesi abbiamo assistito alla cosiddetta «primavera araba». Molti hanno visto la Turchia come un modello per gli Stati coinvolti. Di contro però la Turchia è stata al centro di alcune polemiche per quanto riguarda la limitazione della libertà di stampa. Cosa ne pensa?
«Si sente molto spesso dire che nei Paesi arabi vorrebbero vivere come in Turchia. Io credo sia per le nostre soap-opera, che nel Medio Oriente impazzano. E su questo non c'è problema. Il problema grosso è che il nostro governo vorrebbe far diventare la Turchia come un Paese arabo».
Bruxelles però in molte occasioni negli ultimi 10 anni ha guardato al governo islamico moderato guidato da Recep Tayyip Erdogan con favore, lodando la crescita economica del Paese e le riforme fatte per favorire l'ingresso in Europa e aumentare il grado di democratizzazione del Paese. Che bilancio dà lei?
«Penso che Bruxelles abbia fatto un grosso sbaglio nell’accogliere con favore le riforme costituzionali promosse dal governo e approvate nel referendum dello scorso settembre (passato con il 58% dei consensi, ndr). La magistratura rischia di perdere la sua indipendenza, e poi voglio ricordare che ci sono 57 giornalisti in carcere nel Paese in questo momento».
Crede che la Turchia sia diventata meno laica e a rischio islamizzazione?
«No, su questo sono tranquillo, la Turchia è ancora uno Stato laico. Il maggior pericolo è che la nostra democrazia vada indietro anziché avanti. Ormai il premier Erdogan vuole fare tutto da solo, dentro e fuori il suo partito. Decide lui tutti i candidati, vuole decidere lui chi sarà il prossimo presidente della Repubblica. Ha scelto lui il presidente del Parlamento, I prefetti, arriverà anche ad appuntare i giudici. Non penso che questo sia democratico».
In Europa si parla molto dell’attuale politica estera della Turchia, che mostra un forte riavvicinamento ai Paesi arabi. Se vincete le elezioni la cambierete?
«Tenteremo un riposizionamento in favore dell’Europa. L'ingresso in Ue è un nostro obiettivo prioritario».
È ottimista sul futuro ingresso della Turchia in Ue?
«Sì, sono molto ottimista, alla fine ce la faremo. Non vogliamo però subire la pressione del dubbio se l'Europa ci voglia o meno. Se vinciamo, le riforme le faremo per prima cosa per il nostro Paese».
Se vincerete abbasserete la soglia del 10% attualmente necessaria per entrare in Parlamento e spesso criticata da Bruxelles?
«Noi il disegno di legge lo avevamo già presentato in questa legislatura. È stato il partito di governo che non lo ha appoggiato».
Siete pronti a eventuali collaborazioni con Erdogan sulle riforme?
«Se nell’interesse del Paese sì, lo abbiamo sempre fatto».
Alcuni Paesi come la Francia sono nettamente contrari al vostro ingresso. Cosa vorrebbe dire a Nicolas Sarkozy e agli scettici?
«Penso che Sarkozy usi l'arma Turchia solo e unicamente per aumentare il consenso interno. Gli scettici ci saranno sempre, ma noi andiamo avanti».

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