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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.06.2011 Terrorismo islamico e al Qaeda, perchè la crisi in Yemen è un pericolo
Analisi di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 giugno 2011
Pagina: 6
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Dai covi qaedisti alle rotte del greggio. Perché la crisi a Sanaa allarma il mondo»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 06/06/2011, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Dai covi qaedisti alle rotte del greggio. Perché la crisi a Sanaa allarma il mondo ".

Ci sono almeno quattro ragioni per le quali la crisi nello Yemen è pericolosa e deve essere seguita con grande attenzione. Quattro nodi che vanno oltre la battaglia tra oppositori e regime. L’economia. Le coste yemenite guardano una delle più importanti rotte marittime del mondo. Da Bab El Mandeb, porta meridionale del canale di Suez, passano ogni giorno 3,5 milioni di barili di greggio. Una situazione di caos perenne potrebbe interferire con il traffico mercantile. E le conseguenze ricadrebbero su quanti dipendono da questa via d’acqua. La regione. La rivolta può contagiare la vicina Arabia Saudita che è già intervenuta in passato e ora ha tentato una mediazione interessata. Il Regno non è più un esempio di stabilità. Al suo interno si agitano forze disgreganti e i principi con la kefiyah temono di perdere il controllo. Gli spiriti della rivolta camminano veloci lungo il deserto, superano i fragili confini, seguendo anche quelle piste del contrabbando che portano armi e munizioni in quantità. Il rogo yemenita può diventare un grande incendio, alimentato da molti focolai. Dalla rivolta popolare alle fratture tribali, senza tralasciare l’azione degli Houti, potente clan sciita. La saldatura. Lo Yemen si specchia in un altro Paese «perduto» , la Somalia. Due scacchieri uniti da vecchi e nuovi rapporti. Gli islamisti somali hanno contatti con i loro fratelli yemeniti e possono fare fronte comune. I pirati del Golfo di Aden lanciano le loro scorrerie lungo le due coste. I clandestini africani attraversano lo stretto braccio di mare per spingersi verso il Golfo. Gruppi e gang che hanno tutto l’interesse che lo Yemen diventi un’entità senza legge. Infine il terrorismo. Il territorio yemenita ospita — e non da oggi — una branca di Al Qaeda. Forse una delle sezioni regionali più pericolose. I militanti— yemeniti e sauditi— sono esperti, hanno una «tradizione» , rappresentano un punto di riferimento per volontari che vengono da altre aree geografiche. Li guidano capi esperti e un predicatore scaltro quale è Anwar Al Awlaki, stella della propaganda via Internet. Non si può dimenticare che i due più recenti tentativi di attacco contro il trasporto aereo internazionale sono stati concepiti dalla cellula yemenita. Che ha usato temibili micro-ordigni. È una realtà jihadista complessa. Gli obiettivi locali affiancano quelli internazionali a dimostrazione delle ambizioni del gruppo estremista. Una perfetta riproduzione di quello che è diventata la partita yemenita, dove non c’è solo in gioco il destino di un presidente irriducibile e di quei pochi che sono rimasti al suo fianco.

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