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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale-Libero Rassegna Stampa
25.05.2011 Islam in Italia, la moschea di Milano e altri problemi
Commenti di Magdi Cristiano Allam, Andrea Morigi

Testata:Il Giornale-Libero
Autore: Magdi Cristiano Allam-Andrea Morigi
Titolo: «Che orrore il patto con i fanatici di Allah-Leggere il Corano come la Bibbia per liberarsi dei fanatici di Allah»

Italia-Islam, due articoli oggi, 25/05/2011, sul GIORNALE, di Magdi Cristiano Allam, su LIBERO, di Andrea Morigi.
Eccoli:

Il Giornale-Magdi Cristiano Allam: " Che orrore il patto con i fanatici di Allah "

Ieri quasi contemporaneamente monsignor Mariano Crociata, segreta­rio generale della Cei (Conferenza epi­scopale italiana) ha espresso il suo so­stanziale appoggio alla costruzione di una grande moschea a Milano caldeggia­ta dal cardinale Dionigi Tettamanzi, mentre in Algeria le autorità della pro­vincia di Bejaia hanno ordinato la chiusura definitiva di 7 luoghi di culto dei cristiani evan­gelici.
Non è affatto un caso, anzi so­no due facce della stessa meda­glia. Da noi i cristiani o comun­que i figli anche degeneri della civiltà cristiana, accomunati dall’essere succubi del relativi­smo, buonismo e islamicamen­te corretto, sono come ossessio­nati dal voler elargire mega­moschee concependole come il coronamento del modello multiculturalista della società. Da loro i musulmani, siano essi terroristi, integralisti o pseudo laici come dovrebbero essere i governanti algerini, sono com­patti nella persecuzione dei cri­stiani e nella soppressione del­le chiese.
Così come non è affatto casu­a­le che nel mese mariano mentre il cardinale Tettamanzi conver­geva con Giuliano Pisapia, em­blema della scristianizzazione, nel volere innalzata la cupola e il minareto sui cieli di Milano, gli autentici testimoni della fe­de in Cristo assurgevano al mar­tirio massacrati dagli islamici in Nigeria (16 morti il 6 maggio) e in Egitto (15 morti e circa 250 fe­riti il 7 maggio), così come il livel­lo della repressione dei cristiani li costringe ormai a vivere barri­cati a casa nel Pakistan e in Irak. Questi sono fatti! Che orrore questo sodalizio tra gli alti prela­ti della Chiesa e i nemici della cristianità, siano essi laicisti o islamici. Come possono da cri­stiani Tettamanzi e Crociata sentirsi in pace con la propria co­scienza quando Abdelhamid Shaari, presidente della mo­schea di viale Jenner, centrale del terrorismo islamico in Italia tanto è vero che il suo imam Abu Imad sta scontando una con­danna definitiva di 3 anni e 8 me­si, dice: «Sono d'accordo al 100%, condividiamo in pieno ciò che dice la Cei sulla questio­ne di una moschea a Milano»? Come può Tettamanzi, neppu­re tanto velatamente, interveni­re pubblicamente per sostenere il candidato sindaco favorevole all’aborto, all’eutanasia, al ma­trimonio omosessuale, alla dro­ga di Stato? Si rende conto che il messaggio che trasmette è che il cristianesimo è ormai una lan­da deserta senza la certezza del­le nostre radici giudaico-cristia­ne, della fede in Cristo risorto, dei valori non negoziabili, del­l’identità cristiana, destinato a soccombere di fronte all’arbi­trio, all’arroganza e alla violen­za degli islamici?
Tettamanzi e Pisapia sono fi­gli
dell’ideologia del relativi­smo che coltivano il sogno di una Milano multiculturalista, dove dovremmo azzerare tutto ciò che siamo e concepire che debba trionfare una nuova civil­tà espressa dalla sommatoria quantitativa delle rivendicazio­ni di tutti coloro che man mano arrivano, piantano la loro tenda e dettano le loro condizioni. La Milano che deve ancora defini­re se stessa è stata così descritta proprio ieri da Tettamanzi: «Mi­lano viene sollecitata fortemen­te ad essere medio-lanum, cioè terra di mezzo, crocevia di popo­li che cercano nel Dio vivente l’unica vera risposta per la pro­pria vita». Non sorprende che se Milano si presenta come una sorta di landa deserta finisce per essere percepita dagli isla­mici come terra di conquista.
Questi sono fatti! Milanesi sve­gliatevi! Riaffermiamo lacertez­za e l’orgoglio di chi siamo, delle nostre radici giudaico-cristiane e della nostra civiltà che è laica e liberale grazie al cristianesimo! Diciamo no alla mega-moschea che trasformerebbe Milano nel­la nuova Mecca del terrorismo islamico internazionale! Dicia­mo no al patto scellerato dei cat­to- comunisti che hanno sven­duto l’anima e vorrebbero tra­sformarci in succubi dei fanatici di Allah! Riscattiamoci dal bara­tro del suicidio della nostra civil­tà votando in massa la certezza e l’orgoglio di chi siamo, della nostra tradizione, di un futuro per i nostri figli e nipoti vissuto nella dignità e nella libertà!


Libero-Andrea Morigi: " Leggere il Corano come la Bibbia per liberarsi dei fanatici di Allah "

Un’analisi del Corano fondata sul metodo storico-critico non è mai stata realizzata. Tentata sì, grazie a Abdelwahab Meddeb, autore di Uscire dalla maledizione. L’Islam tra civiltà e barbarie (Cantagalli, pp. 272, euro 22), quarto sforzo letterario di infrangere un tabù che imprigiona il testo sacro ai musulmani. Con i precedenti La malattia dell’Islam, Di fronte all’IslameContro-prediche, era iniziato «il ciclo che denuncia il male che corrompe la religione in cui sono nato». Nato e cresciuto, può ben dirlo, in una famiglia tunisina dove suo nonno e suo padre erano professori, rispettivamente, di letture coraniche e di legge islamica. Non è un laicista qualsiasi, di quelli convinti che soltanto la secolarizzazione e il relativismo possano «curare» i musulmani dal fondamentalismo. Rimane famoso un suo scontro verbale, risalente al 2008, che lo oppose a Tariq Ramadan, ideologo del neo-fondamentalismo: Meddeb propone ai musulmani di incamminarsi su un percorso di laicità che conduca all’abolizione della sharia e del jihad. Spinge i correligionari a confrontarsi con l’idealismo di Hegel e il nichilismo di Nietzsche per introdurli in un rapporto almeno dialettico con la modernità. Lo fa come conduttore radio-televisivo, ma anche da docente di Letteratura comparata europea- islamica all’Università di Parigi X (Nanterre), dove lo scrittore attacca sul piano epistemologico il concetto di immutabilità del Coranocome incarnazione della Parola divina incontestata (e incontestabile), eterna, portatrice della verità piena. Certo Meddeb non è il primo a rivolgere ai dottorimusulmani l’invito a riaprire l’ittijihad, cioè l’opera d’interpretazione della scrittura, a «rinnovare e modernizzare radicalmente l’esegesi e l’ermeneutica coraniche ». Qualcuno fra gli innovatori che lo hanno preceduto, come il sudanese Mahmud Tahâ, qualche decennio fa sono finiti impiccati per apostasia. Tuttavia, non si può escludereche unanuovaformulazione sul valore della storicizzazione e dell’esegesi dei testi possa attirare l’attenzione delle generazioni che non subiscono più l’influenza dell’ideologia jihadista. Un decennio fa, dopo gli attentati dell’11 settembre, anche fra i giovani musulmani si era affermata la teoria dell’ine - luttabile scontro fra le civiltà. Nel post-Bin Laden si potrebbero riaprire i giochi. Alle varie “primavere arabe” che hanno preso il via nei mesi scorsi, non mancano soltanto i leader. A meno che, per pigrizia intellettuale e mancanza di formazione culturale, non intendano scivolare in una versione postmoderna del califfato, le prossime classi dirigenti del mondo islamicodovranno purdotarsi di qualche strumento per governare. Il merito di Meddeb consiste nel suggerire almeno una riflessione sulla questione del rapporto tra il potere spirituale e il potere temporale. Va detto, a onore dell’editore Cantagalli, che la ripubblicazione nel 2010 di un testo di Etienne Gilson, Le metamorfosi della città di Dio, potrebbe fungere da supporto ulteriore nel processo di formazione del personale politico nella fase del passaggio a una democrazia che intenda affrancarsi dalla teocrazia islamica. Per risolvere il nodo della distinzione fra le due sfere, anche Meddeb come Gilson comunque utilizza il De Monarchia di Dante Alighieri sebbene accanto alla Muqaddima di Ibn Khaldûn, e alle Regole profane e religiose di Mawardî. Sono la testimonianza di una discriminazione e di una differenziazione già avvenute «tra legge religiosa (propria della persona) e regola politica (che impegna l’altro) nei trattati di governo e di morale scritti in lingua araba in epoca medievale ». Quanto si riveleranno utili, come auspica l’autore, «per disfarci definitivamente del dogmache vuole vedere nella consustanzialità tra politica e religione la specificità dell’Islam, nell’eternità, per i secoli dei secoli », lo si vedrà nello sviluppo degli eventi storici a venire. Se no, verranno in aiuto altre risorse, che Meddeb riconosce, sebbene senza condividerne interamente il contenuto, nel discorso tenuto nel settembre 2006 da Papa Benedetto XVI a Ratisbona. Finora, i musulmani non hanno saputo approfittarne per «neutralizzare la lettura violenta, fanatica, esclusivista, contestualizzandola e dimostrando che non corrisponde più alle questioni del nostro tempo e alla mutazione del pensiero che oggi conosce l’umanità». Ma è sorta una scuola teologica che fa ben sperare e si è diffusa all’Università al-Azhar del Cairo così come in Turchia, con Ömer Özsoy e Mehmet Paçaci. E c’è ilrichiamoa «un’etica della sottigliezza» che evoca un «approccio aperto e liberale all’Islam». E infine alcuni poeti medioevali, come il persiano Hâfez Chîrâzî, a consigliare: «Versa il vino, poiché sceicco, predicatore del Corano, mufti e capo della polizia, / se guardi bene, sono tutti dei mistificatori ». Benché non sia affatto garantito che, una volta abbattuti i tiranni, si conquisti automaticamente la libertà.

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