Italia-Islam, due articoli oggi, 25/05/2011, sul GIORNALE, di Magdi Cristiano Allam, su LIBERO, di Andrea Morigi.
Eccoli:
Il Giornale-Magdi Cristiano Allam: " Che orrore il patto con i fanatici di Allah "

Ieri quasi contemporaneamente monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei (Conferenza episcopale italiana) ha espresso il suo sostanziale appoggio alla costruzione di una grande moschea a Milano caldeggiata dal cardinale Dionigi Tettamanzi, mentre in Algeria le autorità della provincia di Bejaia hanno ordinato la chiusura definitiva di 7 luoghi di culto dei cristiani evangelici.
Non è affatto un caso, anzi sono due facce della stessa medaglia. Da noi i cristiani o comunque i figli anche degeneri della civiltà cristiana, accomunati dall’essere succubi del relativismo, buonismo e islamicamente corretto, sono come ossessionati dal voler elargire megamoschee concependole come il coronamento del modello multiculturalista della società. Da loro i musulmani, siano essi terroristi, integralisti o pseudo laici come dovrebbero essere i governanti algerini, sono compatti nella persecuzione dei cristiani e nella soppressione delle chiese.
Così come non è affatto casuale che nel mese mariano mentre il cardinale Tettamanzi convergeva con Giuliano Pisapia, emblema della scristianizzazione, nel volere innalzata la cupola e il minareto sui cieli di Milano, gli autentici testimoni della fede in Cristo assurgevano al martirio massacrati dagli islamici in Nigeria (16 morti il 6 maggio) e in Egitto (15 morti e circa 250 feriti il 7 maggio), così come il livello della repressione dei cristiani li costringe ormai a vivere barricati a casa nel Pakistan e in Irak. Questi sono fatti! Che orrore questo sodalizio tra gli alti prelati della Chiesa e i nemici della cristianità, siano essi laicisti o islamici. Come possono da cristiani Tettamanzi e Crociata sentirsi in pace con la propria coscienza quando Abdelhamid Shaari, presidente della moschea di viale Jenner, centrale del terrorismo islamico in Italia tanto è vero che il suo imam Abu Imad sta scontando una condanna definitiva di 3 anni e 8 mesi, dice: «Sono d'accordo al 100%, condividiamo in pieno ciò che dice la Cei sulla questione di una moschea a Milano»? Come può Tettamanzi, neppure tanto velatamente, intervenire pubblicamente per sostenere il candidato sindaco favorevole all’aborto, all’eutanasia, al matrimonio omosessuale, alla droga di Stato? Si rende conto che il messaggio che trasmette è che il cristianesimo è ormai una landa deserta senza la certezza delle nostre radici giudaico-cristiane, della fede in Cristo risorto, dei valori non negoziabili, dell’identità cristiana, destinato a soccombere di fronte all’arbitrio, all’arroganza e alla violenza degli islamici?
Tettamanzi e Pisapia sono figli dell’ideologia del relativismo che coltivano il sogno di una Milano multiculturalista, dove dovremmo azzerare tutto ciò che siamo e concepire che debba trionfare una nuova civiltà espressa dalla sommatoria quantitativa delle rivendicazioni di tutti coloro che man mano arrivano, piantano la loro tenda e dettano le loro condizioni. La Milano che deve ancora definire se stessa è stata così descritta proprio ieri da Tettamanzi: «Milano viene sollecitata fortemente ad essere medio-lanum, cioè terra di mezzo, crocevia di popoli che cercano nel Dio vivente l’unica vera risposta per la propria vita». Non sorprende che se Milano si presenta come una sorta di landa deserta finisce per essere percepita dagli islamici come terra di conquista.
Questi sono fatti! Milanesi svegliatevi! Riaffermiamo lacertezza e l’orgoglio di chi siamo, delle nostre radici giudaico-cristiane e della nostra civiltà che è laica e liberale grazie al cristianesimo! Diciamo no alla mega-moschea che trasformerebbe Milano nella nuova Mecca del terrorismo islamico internazionale! Diciamo no al patto scellerato dei catto- comunisti che hanno svenduto l’anima e vorrebbero trasformarci in succubi dei fanatici di Allah! Riscattiamoci dal baratro del suicidio della nostra civiltà votando in massa la certezza e l’orgoglio di chi siamo, della nostra tradizione, di un futuro per i nostri figli e nipoti vissuto nella dignità e nella libertà!
Libero-Andrea Morigi: " Leggere il Corano come la Bibbia per liberarsi dei fanatici di Allah "

Un’analisi del Corano fondata sul metodo storico-critico non è mai stata realizzata. Tentata sì, grazie a Abdelwahab Meddeb, autore di Uscire dalla maledizione. L’Islam tra civiltà e barbarie (Cantagalli, pp. 272, euro 22), quarto sforzo letterario di infrangere un tabù che imprigiona il testo sacro ai musulmani. Con i precedenti La malattia dell’Islam, Di fronte all’IslameContro-prediche, era iniziato «il ciclo che denuncia il male che corrompe la religione in cui sono nato». Nato e cresciuto, può ben dirlo, in una famiglia tunisina dove suo nonno e suo padre erano professori, rispettivamente, di letture coraniche e di legge islamica. Non è un laicista qualsiasi, di quelli convinti che soltanto la secolarizzazione e il relativismo possano «curare» i musulmani dal fondamentalismo. Rimane famoso un suo scontro verbale, risalente al 2008, che lo oppose a Tariq Ramadan, ideologo del neo-fondamentalismo: Meddeb propone ai musulmani di incamminarsi su un percorso di laicità che conduca all’abolizione della sharia e del jihad. Spinge i correligionari a confrontarsi con l’idealismo di Hegel e il nichilismo di Nietzsche per introdurli in un rapporto almeno dialettico con la modernità. Lo fa come conduttore radio-televisivo, ma anche da docente di Letteratura comparata europea- islamica all’Università di Parigi X (Nanterre), dove lo scrittore attacca sul piano epistemologico il concetto di immutabilità del Coranocome incarnazione della Parola divina incontestata (e incontestabile), eterna, portatrice della verità piena. Certo Meddeb non è il primo a rivolgere ai dottorimusulmani l’invito a riaprire l’ittijihad, cioè l’opera d’interpretazione della scrittura, a «rinnovare e modernizzare radicalmente l’esegesi e l’ermeneutica coraniche ». Qualcuno fra gli innovatori che lo hanno preceduto, come il sudanese Mahmud Tahâ, qualche decennio fa sono finiti impiccati per apostasia. Tuttavia, non si può escludereche unanuovaformulazione sul valore della storicizzazione e dell’esegesi dei testi possa attirare l’attenzione delle generazioni che non subiscono più l’influenza dell’ideologia jihadista. Un decennio fa, dopo gli attentati dell’11 settembre, anche fra i giovani musulmani si era affermata la teoria dell’ine - luttabile scontro fra le civiltà. Nel post-Bin Laden si potrebbero riaprire i giochi. Alle varie “primavere arabe” che hanno preso il via nei mesi scorsi, non mancano soltanto i leader. A meno che, per pigrizia intellettuale e mancanza di formazione culturale, non intendano scivolare in una versione postmoderna del califfato, le prossime classi dirigenti del mondo islamicodovranno purdotarsi di qualche strumento per governare. Il merito di Meddeb consiste nel suggerire almeno una riflessione sulla questione del rapporto tra il potere spirituale e il potere temporale. Va detto, a onore dell’editore Cantagalli, che la ripubblicazione nel 2010 di un testo di Etienne Gilson, Le metamorfosi della città di Dio, potrebbe fungere da supporto ulteriore nel processo di formazione del personale politico nella fase del passaggio a una democrazia che intenda affrancarsi dalla teocrazia islamica. Per risolvere il nodo della distinzione fra le due sfere, anche Meddeb come Gilson comunque utilizza il De Monarchia di Dante Alighieri sebbene accanto alla Muqaddima di Ibn Khaldûn, e alle Regole profane e religiose di Mawardî. Sono la testimonianza di una discriminazione e di una differenziazione già avvenute «tra legge religiosa (propria della persona) e regola politica (che impegna l’altro) nei trattati di governo e di morale scritti in lingua araba in epoca medievale ». Quanto si riveleranno utili, come auspica l’autore, «per disfarci definitivamente del dogmache vuole vedere nella consustanzialità tra politica e religione la specificità dell’Islam, nell’eternità, per i secoli dei secoli », lo si vedrà nello sviluppo degli eventi storici a venire. Se no, verranno in aiuto altre risorse, che Meddeb riconosce, sebbene senza condividerne interamente il contenuto, nel discorso tenuto nel settembre 2006 da Papa Benedetto XVI a Ratisbona. Finora, i musulmani non hanno saputo approfittarne per «neutralizzare la lettura violenta, fanatica, esclusivista, contestualizzandola e dimostrando che non corrisponde più alle questioni del nostro tempo e alla mutazione del pensiero che oggi conosce l’umanità». Ma è sorta una scuola teologica che fa ben sperare e si è diffusa all’Università al-Azhar del Cairo così come in Turchia, con Ömer Özsoy e Mehmet Paçaci. E c’è ilrichiamoa «un’etica della sottigliezza» che evoca un «approccio aperto e liberale all’Islam». E infine alcuni poeti medioevali, come il persiano Hâfez Chîrâzî, a consigliare: «Versa il vino, poiché sceicco, predicatore del Corano, mufti e capo della polizia, / se guardi bene, sono tutti dei mistificatori ». Benché non sia affatto garantito che, una volta abbattuti i tiranni, si conquisti automaticamente la libertà.
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