Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Libia, fatwa contro l'Occidente dagli imam del regime analisi di Fiamma Nirenstein, Guido Olimpio
Testata:Il Giornale - Corriere della Sera Autore: Fiamma Nirenstein - Guido Olimpio Titolo: «Minaccia in stile nazista dagli imam di Tripoli - La minaccia degli imam racconta la pericolosa debolezza di Gheddafi»
Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 15/05/2011, a pag. 13, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Minaccia in stile nazista dagli imam di Tripoli". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 26, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " La minaccia degli imam racconta la pericolosa debolezza di Gheddafi ". Ecco i due artcoli:
Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " Minaccia in stile nazista dagli imam di Tripoli "
Fiamma Nirenstein
Undicimila morti contro undici, non vi appaia un urlo di rabbia impazzito. È vero, è un classico, e sta a noi evitarlo con la vigilanza e la lotta. La minaccia, anzi, la fatwa, è stata emanata da alcuni imam che hanno partecipato ieri a una conferenza stampa del portavoce del governo di Tripoli Mussa Ibrahim: hanno affermato, ma non è verificato, che 11 imam libici sono stati uccisi da un raid della Nato su Brega, e hanno invitato i musulmani a uccidere per ogni imam morto mille europei, in Italia, in Francia, in Danimarca, in Qatar e negli Emirati. A noi occidentali, a noi italiani, la minaccia di decimazione elevata alla ennesima potenza suona come la grottesca versione di un’odiosa anticaglia bellica adottata, nella storia recente, dai nazisti. Invece la minaccia di morte, urlata, stampata, teorizzata, è il baluardo moderno della guerra dell’islam estremista contro la nostra civiltà, la nostra mera esistenza come uomini che non accettano il dettato coranico, cristiani, ebrei, apostati. È la premessa teorica e pratica del terrorismo jihadista, è l’idea che il nemico sia un verme da terrorizzare e poi schiacciare, che la sua vita valga solo in quanto oggetto di sacrificio per la gloria dell’islam. Ci sono esempi collettivi e singoli, e tutti ribadiscono il medesimo messaggio: se non sei ciò che io voglio, se mi danneggi, se non mi piaci, ti ammazzo, elimino la tua voce e le tue azioni. Fino ad oggi oggetto principale delle minacce islamiste sono stati soprattutto gli Stati Uniti e Israele, ma l’Europa è un oggetto di attenzione sempre più vivace, perché è un ventre molle facile da intimidire. Gli esempi sono migliaia e ormai le minacce rientrano anche nella vita quotidiana di giornalisti, politici, scrittori occidentali oltre che riguardare Stati e religioni. Se si vedono i siti Memri o Palestinian Media Watch, ci si rende conto che non solo l’esercizio della minaccia è continuo, ma che è anche consistentemente suffragata da azioni aggressive, fino alle più terribili condotte da Al Qaeda. Bin Laden avvertì che dopo aver sconfitto nel sangue gli infedeli sovietici cacciandoli dall’Afghanistan avrebbe attaccato l’America e ucciso gli yankee. Prima e dopo ha promesso di uccidere crociati ed ebrei, tutti quelli che non intendono abbracciare l’islam, e lo ha fatto. La sua ultima minaccia, quella che si stava per lanciare quando è stato ucciso, è diretta agli americani in quanto amici dei sionisti, e promette gesti di violenza agli uni e agli altri. Non c’è differenza fra la violenza sunnita e quella sciita quando si parla di jihad. La violenza è la lingua della guerra islamista, chiama i nemici cani, figli di scimmie e di maiali, e lo fa anche la propaganda palestinese. Arafat usava questo linguaggio per convincere la sua gente al terrorismo suicida, e non risparmiava i bambini: spiegò una volta in un teatro che i bambini shahid avrebbero marciato, naturalmente morendo e uccidendo, su Gerusalemme. Minacciare di morte è un’abitudine per un mondo che fa della violenza una funzione della politica quotidiana. Bashar Assad, rais siriano, mentre uccide ogni giorno il suo popolo, non dimentica di minacciare di morte Israele: se il suo potere sarà insidiato attaccherà Israele, ucciderà gli ebrei, perché no, anche se non c’entra nulla. La guerra di morte fra fazioni interne è altrettanto terribile, i nemici sunniti o sciiti o gli oppositori politici sono traditori, spie, carogne, e devono morire: dalle centinaia di migliaia di persone in Iraq e in Algeria, ai due assassini di Hamas che hanno ucciso Vittorio Arrigoni e, probabilmente perché non raccontassero come stavano le cose, sono stati giustiziati a colpi di kalashnikov senza che potessero aprir bocca. Hamas e Hezbollah sono campioni di continue e ininterrotte minacce di morte, la Carta del nuovo membro del governo palestinese scrive: «Il giorno del giudizio verrà quando i musulmani combatteranno e uccideranno gli ebrei. Allora gli ebrei si nasconderanno dietro rocce e alberi ed essi chiameranno: “O musulmano, c’è un ebreo che si nasconde dietro la roccia, vieni e uccidilo”... gli ebrei sono dietro la rivoluzione francese, la rivoluzione comunista… con il loro denaro hanno formato organizzazioni come il Rotary Club e il Lions, stanno dietro la prima guerra mondiale, hanno fondato la Lega delle nazioni e stanno dietro la seconda guerra mondiale con la quale hanno fatto enormi guadagni…». I motivi per uccidere sono infiniti per la guerra islamista. Ahmadinejad, presidente dell’Iran, è un campione di minacce di morte. Usa tutte le occasioni, specie quelle offertegli dall’Onu, per minacciare gli Usa e Israele e il resto del mondo senza remore, promettendo che chiunque si opponga ai progetti della Repubblica islamica verrà ucciso. Lo stesso, appena preso coraggio, fa Mohammed Badi, il capo dei Fratelli musulmani nel nuovo Egitto: ha spiegato in un trattato adesso il precetto di distruggere gli infedeli e chiede a tutti i musulmani di unirsi alla jihad. Salman Rushdie vive in cattività, il regista Van Gogh è stato ucciso barbaramente, Ayaan Hirsi Ali, Magdi Allam sono sotto continua minaccia e con loro tanti altri. Più, oggi, undicimila. www.fiammanirenstein.com
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " La minaccia degli imam racconta la pericolosa debolezza di Gheddafi "
Muhammar Gheddafi
L’anatema degli imam di Tripoli contro gli occidentali ha i toni e la portata di una mossa propagandistica. Perché non viene da uomini con un grande seguito, ma da esponenti del clero di regime. I loro connazionali li hanno sempre definiti gli «scrivani» , per sottolineare che leggevano i testi scritti dai funzionari di Gheddafi. Con questo non si può escludere che qualche testa matta possa farsi suggestionare. Magari ispirato da quella miscela che spesso ha funzionato in Nord Africa e in Medio Oriente: nazionalismo, anticolonialismo e qualche dose di religione. Una ricetta che è diventata un sistema per molte dittature, pronte a denunciare «complotti» e negare le proprie responsabilità. Cosa che ha fatto Gheddafi all’inizio della crisi con dichiarazioni contraddittorie. Prima ha sostenuto che la rivolta era animata da Al Qaeda, poi— per spaventarci— si è detto pronto a fare il patto con gli affiliati a Osama. Le minacce degli imam, dunque, possono rappresentare sfoghi verbali che forse sono l’indizio di future mosse del regime. Il colonnello ha perso l’Est e Misurata, all’Ovest le sue truppe sono in difficoltà, i prigionieri raccontano di ufficiali in fuga e rifornimenti scarsi. Se dovesse continuare così il Raìs potrebbe usare l’ultima arma disponibile. Quella del terrore. Da giorni ci sono segnalazioni sul rischio di attentati nelle aree liberate. E fin da marzo, il regime ha mobilitato — anche pagando — qualche simpatizzante in vista di possibili azioni. Non si è neppure escluso il ricorso a estremisti dell’area mediorientale, militanti che hanno ancora qualche debito verso il colonnello. Una ripetizione di quanto aveva provato a fare, senza riuscirci, Saddam Hussein. Anche lui, che pure aveva massacrato gli islamisti, si atteggiava a nuovo Saladino e invocava la guerra santa. Ma proprio l’Iraq ha dimostrato che i qaedisti hanno usato l’invasione Usa per stringere accordi tattici con i nostalgici del dittatore. Questo per dire che i pretesti abbondano nella regione e se qualcuno vuole colpire la Nato può farlo senza aspettare i discorsi incendiari degli imam tripolini.
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