Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Incredibile, Amnesty la conta giusta Analisi di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 14 maggio 2011 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Finalmente Amnesty fa luce sull'uccisione di 'collaborazionsiti palestinesi'»
Sul FOGLIO di oggi, 14/05/2011, a pag.2, con il titolo "Finalmente Amnesty fa luce sull'uccisione di 'collaborazionsiti palestinesi' ", Giulio Meotti legge con attenzione il Rapporto di Amnesty International e fa delle scoperte. Ecco quali:
Roma. Sono in corso i festeggiamenti per i cinquant’anni di Amnesty International, l’organizzazione, fondata dall’avvocato inglese Peter Benenson, che dal 1961 si batte contro le violazioni dei diritti umani, seppur con diverse sbandate ideologiche. Dell’ultimo rapporto di Amnesty sullo stato delle repressioni nel mondo è “sfuggita” alla stampa la sezione dedicata ai Territori palestinesi. In maniera circostanziata e ben documentata, Amnesty fa luce sul gorgo di morte che domina i territori amministrati da Hamas e dall’Autorità nazionale palestinese. Non morti per mano dell’esercito d’Israele, ma palestinesi uccisi da palestinesi. Nel rapporto si parla di “oltre 150 denunce di tortura o altri maltrattamenti perpetrati in Cisgiordania e più di 200 a Gaza. In entrambe le zone, tortura e altri maltrattamenti sono stati commessi impunemente”. Si citano casi concreti, come quello di Mohammed Baraka Abdel Aziz Abu Moailek: “E’ stato torturato da funzionari della sicurezza interna a Gaza in quanto sospettato di ‘collaborazionismo’ con Israele. E’ stato torturato con scosse elettriche, percosso sotto la pianta dei piedi (metodo falaka), bruciato con le sigarette e minacciato di morte per costringerlo a confessare”. A Gaza, Hamas ha condannato a morte almeno undici persone. Fra i casi di repressione si parla del blogger palestinese Walid Husayn, il primo perseguitato per le proprie idee dal potere statale in Cisgiordania. Quello “moderato” di Abu Mazen e del premier Fayyad. Secondo l’Autorità nazionale palestinese, Walid avrebbe promosso l’ateismo. Il rapporto di Amnesty è uno dei maggiori documenti sull’uccisione dei “collaborazionisti”, i palestinesi che con le loro informazioni hanno permesso alle forze israeliane di prevenire atti terroristici. Molti avevano in odio l’islamismo che ha brutalizzato la popolazione palestinese. Ma sotto questo termine, “collaborazione”, vi sono i comportamenti più vari: dal non partecipare a scioperi al compiere azioni “immorali”, come prostituzione, omosessualità e adulterio. Hamas usa molti termini: jesous (spia), madsus (impiantato), amil (agente), matawin (collaborazionista), fino a unsur munshur (elemento sospetto). Haider Ghanem, giornalista e attivista, è stato ucciso perché lavorava per l’organizzazione israeliana B’tselem. A guidare la campagna per il loro rilascio in Israele è Ida Nudel, che venne incarcerata dalle autorità sovietiche e privata del diritto di espatrio in Israele. Molte le situazioni in cui la “collaborazione” con Gerusalemme c’entra poco o niente, ma la vera colpa è di essere gay, come nel caso di Fouad Mussa. Salam Bani Odeh lo hanno fucilato in una piazza di Nablus davanti a cinquemila persone. Majdi Makali lo hanno giustiziato a Gaza al cospetto di cinquecento spettatori. Salam è stato legato a un palo. Sulla sua maglietta c’è disegnato un bersaglio all’altezza del petto. Intanto, a Gaza, Majdi Makali è addossato a un muro. Un cugino chiede di “avere l’onore di sparare”. La folla esulta e prega. L’invocazione “Allah è grande” accompagna la loro fine. Intanto, spesso il mare riconsegna corpi alle spiagge di Gaza.
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