Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 13/05/2011, a pag. 16, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Volevano attaccare l’Empire ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 13, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Il diario segreto di Osama: Colpiremo Los Angeles ", l'articolo dal titolo " Lo vendicheremo. Allarme dalle carceri ".
Ecco i pezzi:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Volevano attaccare l’Empire "


Maurizio Molinari
Il piano era attaccare alcune sinagoghe di Manhattan e l’Empire State Building usando bombe e pistole per portare il terrore fra fedeli e turisti. Ma ora i jihadisti che lo avevano ordito sono in manette. A svelare la cattura di Ahmed Ferhani e Mohammed Mahmoud, originari di Algeria e Marocco, è il capo della polizia di New York Ryan Kelly, secondo il quale si tratta di «lupi solitari» sui quali «non c’è prova che fossero in contatto con organizzazioni come Al Qaeda». Ma ciò non toglie che il progetto di attentati fosse andato molto avanti. «Entrambi sono del Queens, sono cresciuti qui e hanno tentato di acquistare delle bombe da una persona che aveva conquistato la loro fiducia ma in realtà era un nostro agente» ha spiegato Kelly, secondo cui il progetto era forse di «colpire nell’anniversario dell’11 settembre».
Le intercettazioni della polizia hanno consentito di ricostruire dialoghi nei quali i due affermavano di «voler far saltare le sinagoghe di Manhattan una dopo l’altra» per «uccidere quanti più ebrei possibile». È durante una di queste conversazioni che i due arabo-americani, entrambi sulla trentina, hanno accennato all’intenzione di entrare nell’Empire State Building facendo fuoco contro i turisti in attesa di salire sulla terrazza panoramica. I genitori dei due arrestati hanno respinto ogni accusa parlando di «clamoroso errore» ma il comandante Kelly è stato dettagliato nello spiegare che si è trattato di un «piano terroristico sebbene immaginato da singoli».
Proprio lo scenario di azioni isolate, come quella tentata da un pachistano-americano con l’autobomba lasciata a Times Square lo scorso maggio, desta maggiore preoccupazione negli inquirenti. Tali rivelazioni si sono sovrapposte con la scelta dell’amministrazione Obama di iniziare a mostrare tramite la Cia a un ristretto numero di senatori e deputati le immagini scattate a Osama bin Laden dopo la morte. Il senatore repubblicano dell’Oklahoma James Inhofe è stato fra i primi a vederle, e ha detto che si tratta di 15 scatti «davvero orribili» perché «uno dei proiettili è entrato da un orecchio ed è uscito da un occhio, mentre un altro è entrato dall’occhio e ha fatto esplodere il cervello». «Non c’è comunque dubbio sul fatto che sia lui» ha aggiunto Inhofe. Il senatore democratico del Colorado Mark Udall ha precisato che guarderà le foto «solo per dovere verso gli elettori».
Nel timore che i terroristi possano ricorrere a Internet per lanciare il prossimo attacco, la Casa Bianca ha varato il piano per proteggere le infrastrutture civili. Se finora l’amministrazione Obama aveva concentrato gli sforzi sugli aspetti militari della cyberguerra - creando un comando ad hoc dentro il Pentagono adesso il piano consegnato al Congresso di Washington risponde all’esigenza di proteggere quelle che il portavoce Jay Carney definisce le «infrastrutture civili di importanza critica». «Si tratta della rete elettrica, del sistema dei trasporti, aerei e ferroviari, e degli scambi finanziari - spiega un funzionario della Casa Bianca - che dovranno essere protetti per impedire che hacker o terroristi possano paralizzare la vita di milioni di cittadini». Il piano si articola in quattro direzioni: tutelare la privacy dei cittadini online, con nuovi reati per punire le violazioni; leggi che equiparino gli hacker al crimine organizzato; protezioni per i settori di «importanza critica»; un sistema di trasmissione dati fra governo e aziende private per disporre degli antivirus più aggiornati.
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Il diario segreto di Osama: Colpiremo Los Angeles "

Osama bin Laden
Osama, a giudicare dal quadernetto sequestrato ad Abbottabad, era Al Qaeda. Ricopriva il ruolo di «presidente» e «manager» , si occupava delle promozioni dei militanti, delineava le strategie e poi scendeva nei dettagli. Se riusciva a realizzare tutto questo, isolato, senza telefono e Internet, era davvero il mago del terrore. Questo è quello che sostengono gli investigatori americani impegnati nell’analisi delle carte e dei file trovati in 5 computer. Secondo la Cbs l’equivalente di 220 milioni di pagine. Tra i documenti c’è, appunto, un taccuino, metà agenda e metà diario, dove Osama ha scritto messaggi, ordini e valutazioni. Un fascio di luce sulle aspirazioni di Bin Laden. Partiamo dai bersagli. Osama indica con decisione il presidente Usa, il capo di stato maggiore, il segretario alla difesa, i generali. Per il capo qaedista bisogna fare di tutto per impedire che sia rieletto, anche se il prossimo «potrebbe essere peggio» (per loro, ndr). Non vale la pena di perdere tempo con il vice, perché ha meno peso. Osama vuole attacchi che provochino il più alto numero di vittime possibili in modo da costringere l’America a ritirarsi. La tattica della guerra d’attrito invocata nelle apparizioni in video. Quanto agli obiettivi, Bin Laden sostiene che non c’è solo New York. «Colpite Los Angeles oppure le piccole città» , è il consiglio. Meglio poi impegnarsi in un grande attacco spettacolare piuttosto che una serie di attentati medi. Le date indicate sono le solite: Natale, la festa nazionale Usa o l’anniversario dell’ 11 settembre. In un messaggio, il capo di Al Qaeda nello Yemen offre di dimettersi per fare posto all’imam Anwar Al Awlaki, lo yemenita nato in New Mexico trasformatosi in una star jihadista sul web per i proclami in un inglese perfetto. «Sarebbe un colpo propagandistico» , insiste Nasir Al Wahishi. Osama replica: «Lo sai che mi fido di te» . In un altro passaggio, il fondatore di Al Qaeda critica la rivista online Inspire, pubblicata proprio dai militanti yemeniti, in quanto chiede di compiere attacchi indiscriminati. Bin Laden teme che possano danneggiare la causa. Usando la rete di corrieri, il leader di Al Qaeda sembra riuscisse a comunicare con Al Zawahiri e con uno degli uomini più fidati, Mustafa Abu Yazid, ucciso da un raid nel 2010. Dal taccuino emerge un dibattito sul ruolo di Atiyah Abd Al Rahman, un libico che oggi guiderebbe gran parte delle operazioni ed era coinvolto in un progetto di attentato in Europa. I mujahedin sono insofferenti per i suoi metodi bruschi e le lamentele sono girate a Osama che tuttavia conferma la sua fiducia al libico. Non è chiaro quanti messaggi siano stati recapitati dai «postini» . L’intelligence è ancora al lavoro e afferma che Bin Laden era iperattivo anche per riaffermare la sua leadership su gruppi lontani — fisicamente — dalla casa madre e dal nascondiglio del terrorista. Ma a giudicare da quello che è avvenuto sul terreno le diverse «sezioni» di Al Qaeda hanno continuato a seguire la loro agenda. Probabilmente non potevano fare di più. E nonostante i desideri di Osama non c’è stato un nuovo 11 settembre.
CORRIERE della SERA - " Lo vendicheremo. Allarme dalle carceri "

Vendicare la morte di Osama bin Laden con azioni contro obiettivi occidentali. Sarebbero le intenzioni di alcuni islamici, detenuti in carcere per reati collegati al terrorismo internazionale, sulle quali sono ora in corso indagini per comprenderne il significato e la portata. Una minaccia teorica, come quelle affrontate dalle forze dell’ordine e dai servizi di sicurezza all’indomani del blitz americano in Pakistan del Primo maggio scorso, con l’uccisione del leader di Al Qaeda, ma che hanno comunque fatto scattare l’allarme. D’altra parte i timori di possibili vendette di «cani sciolti» e di «cellule» che sarebbero presenti nei Paesi europei, e quindi anche in Italia, ha fatto innalzare già da due settimane il livello di vigilanza su personalità e obiettivi italiani e stranieri, nonché in stazioni ferroviarie, aeroporti, davanti a sedi istituzionali e diplomatiche. Aumentata anche la sorveglianza nei luoghi di culto, e nei numerosi centri di preghiera islamici. Ma è anche negli ambienti carcerari che gli investigatori stanno svolgendo ulteriori accertamenti per scongiurare qualsiasi rischio. E proprio in questo ambito, già al centro dell’attenzione in seguito alle evasioni di massa nel corso delle rivolte nordafricane dei mesi scorsi, con il conseguente pericolo di arrivo in Italia di soggetti pericolosi mischiati ai profughi, sarebbero emerse le intenzioni di un gruppo di detenuti extracomunitari ritenuto quantomeno ben informato. Non è ancora chiaro quali siano gli obiettivi presi in considerazione dai reclusi coinvolti, anche perché sulla vicenda c’è il massimo riserbo, ma fra quelli ritenuti possibili dagli investigatori ci sarebbe il ministro degli Esteri Franco Frattini con i responsabili dei ministeri dell’Interno e della Semplificazione Roberto Maroni e Roberto Calderoli. Compresi nell’allarme anche magistrati da sempre in prima linea contro il terrorismo internazionale, e in particolare quello islamico in Italia e all’estero, come Armando Spataro, procuratore aggiunto e capo del pool antiterrorismo milanese, e Stefano Dambruoso, ex pm e ora al ministero di Giustizia. Protagonisti di inchieste importanti negli anni scorsi, come quella sull’imam egiziano Abu Omar e sulle basi d’appoggio all’eversione di matrice islamica, soprattutto a Milano e nella Lombardia. Perché i detenuti avrebbero parlato proprio di loro è ancora un mistero, ma è quello che adesso si cercherà di scoprire.
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