Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Daniel Barenboim, un maestro per Hamas Commento del Foglio
Testata: Il Foglio Data: 05 maggio 2011 Pagina: 3 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «Un maestro per Hamas»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 05/05/2011, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Un maestro per Hamas".
Daniel Barenboim, Zubin Mehta
Per chi lo ha sentito suonare è difficile criticare il conduttore e pianista israelo-argentino Daniel Barenboim. Inoltre, gli artisti israeliani non si sono mai sottratti alle provocazioni e di politica parlano sempre nei loro romanzi, nei loro film, nelle loro performance. Eppure il concerto che Barenboim ha tenuto ieri a Gaza, bastione di terrore e sharia retto da Hamas, è stato un passo falso anche all’interno della generosa militanza filopalestinese di Barenboim. Il maestro non è nuovo a provocazioni (è stato lui a suonare per primo in pubblico in Israele le opere di Richard Wagner), ma per la prima volta ha diretto nell’enclave di Hamas un’orchestra di musicisti provenienti da tutta Europa, inclusa la Scala di Milano. E’ stato un gesto super politico che di umanitario aveva ben poco, visto che l’assedio di Gaza è già stato rotto dall’Egitto. “Io credo nella libertà e credo che solo la libertà possa darvi pace, giustizia e democrazia”, ha detto Barenboim alle autorità islamiste. Suonare di fronte ai terroristi di Hamas, i quali si apprestavano a siglare al Cairo una riconciliazione palestinese che demolisce il già fragile negoziato di pace, è stato un gesto non innocente. La grandezza musicale non può rendere un artista indifferente al criterio di responsabilità della politica, alla questione della sicurezza esistenziale di uno stato, Israele, sotto pesante minaccia prenucleare, comunità di assediati che cerca di tutelare i propri villaggi dai razzi sparati da un’organizzazione nemica sostenuta da Iran e Siria. Un altro grande conduttore d’orchestra che da molti anni frequenta Israele, l’indiano Zubin Mehta, è anche un noto peacemaker. Anche lui lavora per l’accordo fra arabi ed ebrei e utilizza sempre parole misurate sul conflitto. Ma quando Mehta un anno fa si è recato nel sud d’Israele ha scelto di non varcare il confine di Gaza. Si è fermato a due chilometri, a Sderot, la città-fortino israeliana bombardata dai razzi islamisti da un decennio. Lì, di fronte al mondo, ha chiesto ad Hamas di liberare Gilad Shalit, il soldato israeliano tenuto sotto sequestro da cinque anni in qualche tombino di Gaza. Barenboim avrebbe potuto fare lo stesso. Altra musica.
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