Riportiamo dal CORRIERE della SERA, di oggi, 04/05/2011, a pag. 2, l'intervista di Alessandra Farkas a Scott Turow dal titolo "La sua immagine era ovunque. Anche negli incubi di noi americani ". Dalla STAMPA , a pag. 10, l'intervista di Maurizio Molinari a David Frum dal titolo "Ora è un Presidente americano".
CORRIERE della SERA - Alessandra Farkas : " La sua immagine era ovunque. Anche negli incubi di noi americani "


Scott Turow Alessandra Farkas
Dopo averne viste — e scritte — di tutti i colori, persino il padre del thriller a sfondo giudiziario Scott Turow confessa di essere rimasto «letteralmente di stucco» all’annuncio della morte di Osama Bin Laden. «Domenica sera sono andato a letto presto, così ho appreso la notizia la mattina successiva dal Chicago Tribune» , racconta il 62enne scrittore e avvocato penalista statunitense, autore di bestseller quali Presunto innocente e Prova d’appello. «Sono corso su per le scale e ho mostrato la prima pagina del giornale alla mia fidanzata che stava uscendo dalla doccia. Siamo rimasti a guardarci sbigottiti per qualche minuto, quasi incapaci di commentare» . — che cosa significa la scomparsa di Bin Laden per l’immaginario collettivo del Paese? «Il risveglio da un incubo e il crollo di una soglia psicologica. Negli ultimi dieci anni il volto barbuto di Bin Laden e i suoi sproloqui nei messaggi audio avevano acquisito una macabra ubiquità, da Internet alla tv e dalla radio ai social network. Una sorta di familiarità Negli ultimi dieci anni il volto barbuto di Bin Laden e i suoi sproloqui nei messaggi audio avevano acquisito una macabra ubiquità, da Internet alla tv e dalla radio ai social network. Una sorta di familiarità imposta agli Stati Uniti, un Paese dove la gente conosceva la faccia del leader di Al Qaeda più di quella del vicino di casa» . L’impatto della sua morte è dunque soprattutto psicologico? «Oltre a dare una fortissima spinta politica al presidente Obama, la morte di Bin Laden rilancia l’inclinazione arrogante dell’America a credere nella propria superiorità. A torto o ragione, gli Stati Uniti basano da sempre la propria identità su un semplice concetto ereditato dal Far West secondo cui "puoi scappare ma non puoi nasconderti". Alla fine il malfattore imposta agli Stati Uniti, un Paese dove la gente conosceva la faccia del leader di Al Qaeda più di quella del vicino di casa» . L’impatto della sua morte è dunque soprattutto psicologico? «Oltre a dare una fortissima spinta politica al presidente Obama, la morte di Bin Laden rilancia l’inclinazione arrogante dell’America a credere nella propria superiorità. A torto o ragione, gli Stati Uniti basano da sempre la propria identità su un semplice concetto ereditato dal Far West secondo cui "puoi scappare ma non puoi nasconderti". Alla fine il malfattore viene sempre catturato e impiccato dalle autorità» . Il presidente Obama è lo sceriffo dell’era moderna che è riuscito a mettere in fuga i fuorilegge? «Nessuno s’illude che il pericolo sia stato estirpato anche se la lezione dell’America resta: non è possibile comportarsi da criminale senza prima o poi pagare con la «Nessuno s’illude che il pericolo sia stato estirpato anche se la lezione dell’America resta: non è possibile comportarsi da criminale senza prima o poi pagare con la propria vita. Molta gente in America, me incluso, era meravigliata dallo spettacolo di Bin Laden, che per anni ha spedito ragazzi e ragazze a morire per la causa mentre lui viveva da nababbo, imboscato propria vita. Molta gente in America, me incluso, era meravigliata dallo spettacolo di Bin Laden, che per anni ha spedito ragazzi e ragazze a morire per la causa mentre lui viveva da nababbo, imboscato viene sempre catturato e impiccato dalle autorità» . Il presidente Obama è lo sceriffo dell’era moderna che è riuscito a mettere in fuga i fuorilegge? tra i fasti di una villa, non certo tra le caverne gelide dell’Afghanistan» . Eppure si sapeva già che Bin Laden era molto ricco. «Certo, però è stata l'America a far scoprire al mondo il bluff di Bin Laden, costretto anch’egli a pagare lo stesso prezzo estremo dei suoi seguaci. È stato svergognato per quello che era: un ipocrita che ha spedito migliaia di giovani al macello scegliendo per se stesso una vita ben diversa» . È stupito che la sua morte in America sia stata salutata da un coro pressoché unanime di plauso? «No. Anche negli ambienti giudiziari più rigorosi nessuno ha sollevato obiezioni relative alla certezza del diritto. Io stesso sono contrario alla pena capitale ma non certo in questo caso» . Qualcuno ha paragonato Bin Laden a Hitler. «Il parallelo è inconfutabile. Era dal 1812, con l’invasione delle truppe britanniche, che l’America non veniva attaccata sul proprio territorio. L’ 11 settembre è stato un affronto enorme all’America perché ha violato il nostro tra i fasti di una villa, non certo tra le caverne gelide dell’Afghanistan» . Eppure si sapeva già che Bin Laden era molto ricco. «Certo, però è stata l'America a far scoprire al mondo il bluff di Bin Laden, costretto anch’egli a pagare lo stesso prezzo estremo dei suoi seguaci. È stato svergognato per quello che era: un ipocrita che ha spedito migliaia di giovani al macello scegliendo per se stesso una vita ben diversa» . È stupito che la sua morte in America sia stata salutata da un coro pressoché unanime di plauso? «No. Anche negli ambienti giudiziari più rigorosi nessuno ha sollevato obiezioni relative alla certezza del diritto. Io stesso sono contrario alla pena capitale ma non certo in questo caso» . Qualcuno ha paragonato Bin Laden a Hitler. «Il parallelo è inconfutabile. Era dal 1812, con l’invasione delle truppe britanniche, che l’America non veniva attaccata sul proprio territorio. L’ 11 settembre è stato un affronto enorme all’America perché ha violato il nostro senso d’invulnerabilità entro i confini patri. Per una nazione che non ha ancora dimenticato Pearl Harbor (l’attacco giapponese del 1941 che determinò l’entrata in guerra degli Usa, ndr) l’attacco di Osama è stato uno shock immenso» . Dove va adesso l’America? «Il presidente Obama ne esce rafforzato perché ha dimostrato di non essere un codardo e di essere capace di prendere decisioni difficili, che neppure il suo predecessore George W. Bush era riuscito a prendere» . L’America oggi ha fiducia nella propria capacità di debellare per sempre Al Qaeda? «Se siamo riusciti a eliminare Bin Laden, è logico presumere che anche gli altri leader di Al Qaeda presto cadranno come birilli. Gli esperti sono concordi nel ritenere che Al Zawahiri è il prossimo della lista. Ma ciò che è successo in Pakistan ha avuto un effetto domino anche sull’immagine dell’America nel mondo. C’è un nuovo senso di fiducia nei confronti della superpotenza» .
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Ora è un Presidente americano "


David Frum Maurizio Molinari
Eliminando Bin Laden, Barack Obama è diventato un presidente normale»: così il politologo neoconservatore David Frum, ex speechwriter di George W. Bush al quale suggerì fra l’altro la formula dell’«Asse del Male», riassume l’impatto in America dell’uccisione del leader di Al Qaeda.
Che cosa intende per «presidente normale»?
«Il maggiore sospetto da cui finora Barack Obama si è dovuto difendere è stato quello di non essere americano fino in fondo: c’è stato chi gli ha rimproverato una carenza di idealismo, chi di voler accompagnare docilmente il declino della leadership dell’America nel mondo, chi ha perfino messo in dubbio che fosse americano. La polemica dei
“Birthers” è stata talmente aggressiva da obbligare Obama a reagire di persona, rendendo pubblico il proprio certificato di nascita. Tutto questo è stato spazzato via dall’ordine con cui ha dato via al blitz per catturare o eliminare Bin Laden».
Perché l’uccisione di Bin Laden ha avuto un tale risultato?
«Per il semplice motivo che il Presidente ha dimostrato di essere determinato a difendere la nazione e i suoi cittadini come tutti i suoi predecessori hanno fatto in passato. A tale riguardo è esemplare la reazione che ha avuto l’ex vicepresidente Dick Cheney, plaudendo senza esitazioni alla decisione di Barack Obama. Chiunque finora ha avanzato dei dubbi sull’essere americano di questo Presidente, adesso è obbligato a ricredersi. Barack Obama è un presidente come tutti gli altri anche se, certamente, è un liberal. Ma lo sono stati anche altri prima di lui».
Essendo stato alla Casa Bianca a fianco dell’allora presidente Bush dopo l’11 settembre, a che cosa ha pensato quando ha saputo che Bin Laden era stato ucciso?
«Ho pensato che certi risultati non si colgono in uno spazio di tempo di sei settimane o sei mesi e che dunque l’eliminazione del leader di Al Qaeda è la conseguenza di scelte e politiche iniziate dall’amministrazione Bush, che Obama ha voluto continuare. Si tratta di un risultato che unisce l’America intera, come lo stesso Obama ha a più riprese sottolineato».
Pochi conoscono Bush meglio di lei. Che cosa avrà pensato l’ex presidente appresa la notizia?
«Credo che George W. Bush sia stato pervaso da un forte senso di giustizia finalmente compiuta. Era questa giustizia che lui inseguiva sin dall’indomani dell’attacco di Al Qaeda all’America l’11 settembre del 2001. Bush, per questo, deve aver provato la sensazione che qualcosa di necessario e importante si fosse finalmente compiuto. Era un auspicio che serbava da tempo. Ciò non toglie ovviamente che ogni leader politico, Bush incluso, abbia la costante ambizione di essere lui a cogliere i risultati importanti per la nazione».
Quali saranno le conseguenze nella gestione della guerra contro il terrorismo da parte della Casa Bianca di Obama?
«Bin Laden è stato eliminato con un’operazione di intelligence e truppe speciali grazie a informazioni che sono state raccolte con gli interrogatori a Guantanamo. Si tratta di tutte attività nascoste. La conseguenza sarà un potenziamento della dimensione segreta del conflitto».
E sul fronte politico?
«La principale sfida per Barack Obama è sfruttare la morte di Bin Laden al fine di riuscire a moltiplicare l’impatto delle rivolte arabe. I giovani e i disoccupati scesi in strada in Egitto, Siria, Yemen e altrove non hanno indossato magliette con l’effigie di Bin Laden né hanno pronunciato le sue parole d’ordine intrise di odio. La primavera araba è un fenomeno di massa che descrive come la maggioranza dei manifestanti ritengano che non sia la violenza lo strumento migliore per perseguire i cambiamenti in nazioni governate per decenni da despoti e autocrati. Per Obama adesso è importante dare più forza a tale movimento, al fine di aumentare l’impeto di una voglia di cambiamento per invoca più diritti e libertà».
Qual è l’ostacolo più difficile che Obama si trova davanti?
«Deve riuscire a distinguere amici e nemici sullo scacchiere del mondo arabo. Ad esempio la scelta dei leader di Hamas nella Striscia di Gaza di rendere omaggio a Bin Laden nel giorno della sua morte conferma l’esistenza di un fronte terrorista che accomuna più sigle e denominazioni, fondamentaliste e jihadiste, impegnate a perseguire obiettivi opposti rispetto alle rivolte arabe non violente cui abbiamo assistito negli ultimi mesi. E l’America deve schierarsi senza esitazioni fra questi due opposti fronti».
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