Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Riportiamo da LIBERO di oggi, 27/04/2011, a pag. 11, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " Licenza di uccidere ".
Angelo Pezzana
I commenti e le analisi di quanto sta avvenendo da febbraio nei Paesi islamici rivelano come l’Occidente conosca poco e male il mondo arabo. Al di là delle cronache dei quotidiani massacri della popolazione civile, sono le domande a tenere banco, seguite in genere da punti interrogativi. La cautela con la quale Israele segue gli avvenimenti non ha insegnato nulla ai commentatori, i quali si sono limitati a spostare i loro obiettivi dallo Stato ebraico, per una volta non coinvolgibile nella rivolta delle piazze arabe, e quindi di poco interesse per chi insisteva a voler vedere nel conflitto israelopalestinese la causa dell’instabilità della regione. I fatti hanno smentito questa tesi, ma non hanno insegnato a chi era abituato a trarre conclusioni in base alla solita narrativa occidente = cattivo perché forte, mondo arabo = buono perché povero. Questa cecità non aiuta oggi a capire coloro i quali non erano riusciti, quando gli arabi erano raccontati secondo la vulgata terzomondista, a rendersi conto che sbagliavano quando accusavano George Bush di voler portare la democrazia in Paesi che avevano altre tradizioni, scrivevano che imporla era di fatto una violenza. Saddam, che pure è stato uno dei tiranni più spietati, non ha mai attirato su di sè i giudizi sprezzanti piovuti addosso a Bush. E che dire di Bashar Assad, che si sta dimostrando degno erede del padre, l’autore del massacro di Hama, quando nel 1982 uccise circa 30mila oppositori in dieci giorni. Eppure, padre e figlio, ce li hanno presentati come cercatori di pace, era Israele il cattivo che li aveva derubati delle alture del Golan. Bashar Assad, l’oculista laureato a Londra, dalla bellissima moglie, in testa alle classifiche delle donne più eleganti al mondo, ecco chi era, chi è la dinastia degli Assad. Ma i nostri cronisti anti-israeliani erano troppo occupati a raccontare panzane su Israele per accorgersene. In questi ultimi mesi, si sentono con le spalle al muro, obbligati a registrare e commentare come i manifestanti vengono falcidiati sulle piazze dai loro rais, scrivono a denti stretti perché non possono tirare in ballo Israele. Ma non è solo la Siria, lo Yemen o la Libia di Gheddafi, ignorato finchè non è diventato un partner del governo italiano, quindi automaticamente sotto tiro perché alleato di Berlusconi. Adesso hanno scoperto la “primavera araba”, credendo che bastino le invocazioni a libere elezioni per garantire il passaggio alla democrazia, la caduta di qualche raìs, senza preoccuparsi di chi verrà a sostituirlo. Non si accorgono che i governi islamici sono il risultato di accordi tribali, i nostri cronisti terzomondisti, affezionati come sono alla idea di rivoluzione, plaudono di fronte al primo che imbraccia un fucile, per cui basta la parola “piazza Taharir” per nascondere il pericolo - ormai certezza - dell’affermazione in Egitto dei Fratelli musulmani. Quei giovani, loro sì innamorati di libertà e cambiamento, che avevano creduto che internet e facebook sarebbero stati sufficienti per trasformare le loro società in qualcosa che assomigliasse alle nostre, impareranno presto la lezione. I talebani sono ancora in Afghanistan, la sharia avanza in Europa, a sostituire i vecchi tiranni del mondo arabo verranno dei nuovi, probabilmente peggiori, ma all’opinione pubblica occidentale sono sufficienti poche parole per sentirsi consolata: accoglienza, dialogo, pace. La realtà non interessa. A meno che non ci sia di mezzo Israele.
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