Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
'I Fratelli Ashkenazi', un capolavoro Ne scrive Giulio Busi
Testata: Il Sole 24 Ore Data: 24 aprile 2011 Pagina: 16 Autore: Giulio Busi Titolo: «»
Sul SOLE24ORE di oggi, 24/04/2011, a pag.16 del supplemento Domenica, con il titolo " La saga biblica dei fratelli Ashkenazi ",Giulio Busi ricorda il libro di Israel J.Singer " I fratelli Ashkenazi", un capolavoro della letteratura yiddish.
Abraham Hirsch Ashkenazi portava con sé un calice d'argento per la Pasqua, un regalo sontuoso «da tenersi sul tavolo durante le cerimonie, riempito del vino per il profeta Elia». Ci teneva a fare bella figura, e poi questa volta aveva una buona ragione per non presentarsi a mani vuote. Qualche mese prima, alla notizia che la moglie aspettava un bambino, il maestro se n'era uscito con una profezia inquietante: «Abraham Hirsch, i tuoi figli saranno ricchi». Anziché rallegrarsi, Abraham s'era confuso. «Rabbi – aveva risposto atterrito – io voglio che i miei figli diventino ebrei timorati». E così, per chiarire una volta per tutte quella faccenda della ricchezza, e per chiedere al saggio chasidico di Vorka una benedizione per il figlio che stava per nascere, Abraham s'era messo nuovamente in viaggio, sebbene le strade fossero infestate dai ribelli e dai cosacchi, e la moglie, ormai sul punto di partorire, lo scongiurasse di non lasciarla sola, proprio alla vigilia di Pasqua. Il viaggio di Abraham, con cui si apre la grande saga di Israel Singer su I fratelli Ashkenazi, ha un che di biblico. È un viaggio rabbioso, compiuto per scacciare un presentimento e per allontanare un fato oscuro. Al contrario di quanto avviene nel Genesi, dove la partenza di Abramo da Ur dei Caldei segna l'inizio di una laboriosa conquista di consapevolezza morale e religiosa, l'itinerario di Abraham Ashkenazi è l'avvio di un vortice di febbrile ambizione. Quando ritorna a casa, senza aver ottenuto alcun sollievo dal maestro, Abraham trova non uno ma due figli maschi. Diversissimi tra loro: uno tutta forza e gioia di vivere, l'altro introverso, intelligente, con «occhi scattanti e leggermente folli». Per oltre settecento pagine, Singer – cantore yiddish del giudaismo dell'Europa orientale – inscena un sabba di rivalità e competizione tra i due fratelli, che crescono e si fanno strada nel mondo, diventando sempre più ricchi e – come si aspettava il padre – irrimediabilmente estranei alla tradizione avita. Sullo sfondo, lo sviluppo caotico della città di Lodz, in cui la vicenda è ambientata, le lotte operaie, la rivoluzione d'Ottobre e i moti antisemiti. Scritto nel 1936, il romanzo è un bilancio impietoso dell'ascesa della borghesia ebraica nel primo Novecento. Ma è anche un vaticinio sulla sorte che di lì a poco si sarebbe abbattuta sull'ebraismo di quelle terre.
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