Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Gli italiani difendano le figlie dei musulmani, o saranno complici Commenti di Magdi C. Allam, Suad Sbai
Testata:Il Giornale - Libero Autore: Magdi C. Allam - Souad Sbai Titolo: «Gli italiani difendano le figlie dei musulmani, o saranno complici - Un’odiosa cultura repressiva e l’Italia tace in attesa della tragedia»
Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 22/04/2011, a pag. 1-17, l'articolo di Magdi C. Allam dal titolo "Gli italiani difendano le figlie dei musulmani, o saranno complici ". Da LIBERO, a pag. 17, l'articolo di Souad Sbai dal titolo " Un’odiosa cultura repressiva e l’Italia tace in attesa della tragedia ". Ecco gli articoli:
Il GIORNALE - Magdi C. Allam : " Gli italiani difendano le figlie dei musulmani, o saranno complici "
Magdi C. Allam
Lo sanno gli italiani che di fatto sono assoggettati alla sharia , la legge coranica, ogni qual volta ci scontriamo con le posizioni intransigenti degli islamici? Che siamo proprio noi a rassegnarci facendo primeggiare la sharia sulle nostre leggi, a discapito del rispetto dei diritti fondamentali della persona, perché sostanzialmente siamo ingenui, ignoranti, pavidi e persino ideologicamente collusi? Che siamo proprio noi a scegliere di sottometterci a un’ideologia disumana che viola i valori non negoziabili che sono il fondamento della nostra comune umanità (la sacralità della vita, la dignità della persona, la libertà di scelta) perché essenzialmente noi abbiamo paura di loro?
L’ennesima conferma ci giunge dal più recente caso di violenza domestica consumatosi a Parma. Questi i protagonisti di una storia che ormai è un copione che si ripresenta con epiloghi talvolta tragici in varie parti d'Italia. Una ragazzina musulmana pachistana di tredici anni «colpevole» di essere troppo bella, di essere dotata di un fisico che attrae gli istinti sensuali dei suoi coetanei. Un padre-padrone-padreterno che crede nel primato assoluto del Corano e della sharia che non ha esitato a picchiare selvaggiamente la figlioletta fino a lasciarle i lividi sulla pelle, dopo aver sentito dei ragazzini rivolgerle degli apprezzamenti. Le autorità scolastiche che decidono di non denunciare le violenze corporali alle forze dell'ordine per paura che la famiglia possa vendicarsi rispedendo in quattro e quattr’otto la figlioletta in Pakistan come se si trattasse di un pacco postale. Preferiscono piuttosto, insieme alle istituzioni della cosiddetta società civile, sindacati e associazioni di volontariato attive nella sedicente mediazione linguistico-culturale, avviare dei colloqui con i genitori finalizzati al perseguimento del compromesso «costi quel che costi», non importa se il padre ha commesso violenze sulla figlia e se la madre è tacitamente compiacente; l’importante è rabbonirli, tranquillizzarli, rassicurarli: la vostra bambina non è una sgualdrina anche se madre natura l’ha fatta particolarmente bella, vi supplichiamo di non punirla per le attenzioni rivoltele da coetanei che rispondono agli impulsi propri della nostra umanità, consentitele di continuare a frequentare la scuola in Italia e non cacciatela in un Paese che ormai non le appartiene più, dove lei non si sentirebbe se stessa. Ed è così che gli adulti stipulano il compromesso sulla pelle della ragazzina: noi adulti italiani non li denunciamo per aver commesso un reato picchiando selvaggiamente la figlioletta innocente; loro adulti islamici accolgono la nostra supplica acconsentendo alla figlioletta di restare in Italia.
Chi ha vinto? Loro, senza ombra di dubbio. Sono riusciti a imporci il fatto che la sharia è fonte legittimante del loro comportamento e che la sua applicazione in Italia è valida e non è sanzionabile. Che fine ha fatto la nostra Costituzione che recita che «la legge è uguale per tutti»? Che fine ha fatto il nostro Stato che garantisce la certezza del diritto e la certezza della pena? Se consideriamo un secondo recentissimo caso che riguarda una diciannovenne musulmana, anche lei pachistana residente a Brescia, risoltosi «positivamente» il 16 aprile con un incontro in Questura tra i familiari di lei, il console del Pakistan e le nostre autorità di pubblica sicurezza, emerge come l’ordine perentorio che ispira il comportamento di chi è preposto a garantire l’ordine sul territorio nazionale è «calmare le acque a tutti i costi», fare in modo che «qui e ora» tutto appaia a posto, che nessuna voce sia eccessivamente al di sopra del consentito. Non importa se tutto ciò si traduce nel nascondere i cadaveri nell’armadio: quelle ragazzine sottratte alla protezione del primato della nostra legge e consegnate all’arbitrio della sharia qui a casa nostra, finiscono per diventare di fatto delle morte viventi, la loro esecuzione capitale nel nome di Allah è stata solo sospesa.
E il nostro governo? E il nostro Parlamento? E il nostro capo di Stato? E i nostri magistrati? Lo sanno che in Italia è da vent’anni che la sharia si impone ai cittadini italiani che si innamorano di una musulmana e che per poterla sposare sono obbligati a convertirsi all’islam? Lo sanno che queste conversioni forzate, anche se di comodo, sono dettate dalla nostra stessa legge che ingiungendo alla donna straniera di avere il nulla osta da parte delle sue autorità diplomatiche, queste ultime non acconsentono fintantoché lei non esibisce il certificato di conversione all’islam dell’aspirante marito? C’è una proposta di legge approvata solo dalla Camera dei deputati che dovrebbe porre fine a questo orrore, ma attende l’approvazione del Senato. Sbrigatevi cari parlamentari, affranchiamoci dalla sharia al più presto prima che ci ritroveremo tutti costretti a prostrarci nelle pubbliche piazze al loro Allah! Sono almeno 10mila gli italiani che sono stati costretti a convertirsi all’islam per ragioni matrimoniali e sono proprio loro a testimoniare la nostra sottomissione alla sharia .
Caro ministro Maroni, lei è un politico perbene e saggio. Prenda atto che il tema dell’integrazione non può essere gestito dalle forze dell’ordine, la cui unica preoccupazione è prevenire che sul territorio qualcuno metta le bombe o comunque commetta dei reati. Prenda atto che oggi in Italia non esiste una strategia d’integrazione semplicemente perché non esiste un processo che si fondi sulla consapevolezza, sulla certezza e sull’orgoglio di chi siamo, sulla fede nei nostri valori non negoziabili, sulla certezza delle nostre regole che si sostanziano di diritti e di doveri. Se continueremo ad affidare ai poliziotti la questione cruciale del nostro modello di convivenza in un mondo sempre più globalizzato e dove noi siamo sempre più fragili perché ci vergogniamo delle nostre radici e tradiamo la nostra identità cristiana, faremo la fine delle ragazze pachistane: saremo anche noi dei morti viventi in attesa del colpo di grazia.
LIBERO - Souad Sbai : " Un’odiosa cultura repressiva e l’Italia tace in attesa della tragedia"
Souad Sbai
Attendere la tragedia. Questa è la parola d’ordine in Italia. Attendere che un’altra giovane donna immigrata, colpevole solo di essere integrata e di voler esserecomei suoi compagni, perda la vita, strappata via da una furia oscurantista cieca anche di fronte agli affetti più stretti. Ecco la situazione che emerge da questi giorni di episodi di oppressione e violenza sulle giovani immigrate. Ieri Jamila a Brescia, segregata dalla famiglia perché troppo bella e quindi corteggiata, oggi un’altra ragazza pakistana a Parma, riempita di botte dal padre perché al centro di qualche scherzo fra compagni. Ecco i prodromi della tragedia. Ecco i segnali di un clima di permissivismo multiculturale che miete vittime senza pietà ogni giorno. Ma lo scandalo vero sta nella risoluzione di questi casi; per Jamila addirittura il Console pakistano si è permesso di operare una mediazione con la famiglia, impartendo una pseudo-lezione di religione e mettendo le mani in una vicenda a lui estranea, in quanto interna italiana. Questa vicenda ha creato un precedente clamoroso, in base al quale ogni padre o fratello potrebbe segregare o pestare una ragazza, cavandosela con una semplice sgridata. È il fallimento assoluto del multiculturalismo. E cito l’articolo 605 del codice penale che prevede la pena della reclusione per il reato di sequestro di persona, aggravato fino a dieci anni se in danno di un familiare. Perché i responsabili non sono stati puniti a dovere? Perché si è deciso autonomamente di procedere ad una “mediazione”strappando via letteralmente una pagina di diritto italiano, permettendo che l’in - tegralismo facesse altre vittime? Come la povera Begm Shnez, lapidata nel giardino di casa a Novi, Italia e non Pakistan, dal maritoimamper difendere la figlia diciassettenne Nosheen. È arrivato il momento di intervenire al più presto con provvedimenti concreti, come la concessione della cittadinanza a tempo indeterminato a chi è nato in Italia e abbia compiuto gli studi oppure della carta di soggiorno indeterminata a chi stia studiando in Italia, per non cadere nel ricatto delle famiglie e delle comunità, e rimanere quindi clandestine a vita. Solo con la mano ferma e decisa del legislatore si può stoppare sul nascere la volontà repressiva degli integralisti domestici e il loro odioso senso di controllo sulle ragazze che vogliono essere una seconda generazione integrata. Il dolore di queste giovani e il loro grido di allarme, nonostante le forzature delle famiglie, deve rimbombare nelle orecchie di chi perpetra queste orribili pratiche e permettere alleautorità di stroncarle, attraverso unprovvedimentosolido, non interpretabileenon negoziabilesecondoinaccettabili “attenuanti culturali”. Qui siamo in Italia e non in Pakistan, lo sappia bene il Console e lo sappiano altrettanto bene coloro che intendono ancora perpetuare atti del genere. Mai più Jamila, mai più Hina, mai più Begm. Ma siamo noi a doverle proteggere, con la civiltà e la cultura della libertà.
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