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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale-Il Foglio Rassegna Stampa
02.04.2011 Siria: gli errori Usa e la terribile repressione di Assad
L'analisi di Fiamma Nirenstein e la cronaca del Foglio

Testata:Il Giornale-Il Foglio
Autore: Fiamma Nirenstein-La redazione del Foglio
Titolo: «L'errore Usa è far finta che la Siria sia democratica-Lotta di classe siriana»

Gli errori dell'Occidente al centro dell'analisi di Fiamma Nirenstein sul GIORNALE oggi, 02/04/2011, a pag.15. Sul FOGLIO, in prima pagina, il racconto drammatico della violenta repressione del regime di Assad contro gli oppositori.
Ecco gli articoli:

Il Giornale- Fiamma Nirenstein: " L'errore Usa è far finta che la Siria sia democratica "

Ci sono un paio di cose, nella grande confusione mediorentale, che appaiono chiare in queste ore: Bashar Assad, rais della Siria, non ha intenzione di aprire alla democratizzazione, e mentre dice di comprendere i dimostranti e che studia se sia il caso di superare lo stato di emergenza che dura da 46 anni, minaccia e reprime: se vogliono guerra l’avranno, ha ribadito. Ma i dissidenti coraggiosamente, non si tirano indietro e sfidano la morte. L’altro fatto chiaro è che Hillary Clinton, ovvero Obama, non ha intenzione di mostrare verso la Siria la stessa severità mostrata nei confronti di Gheddafi.

La Segretaria di Stato americana, condannando genericamente la repressione, ha anche detto alla CBS: “Molti membri del Congresso di ambedue i partiti che hanno visitato la Siria negli ultimi mesi hanno detto di credere che egli sia un riformatore”. E’ una bella novità. Niente, in realtà lo suggerisce. Ce lo dicono le cifre delle persone imprigionate, torturate, scomparse perché dissidenti: ammontano a decine di migliaia, come riporta proprio il rapporto dello State Department del 2009. Bashar, rais un po’ per caso dato che il principe ereditario era il fratello Basil, morto in un incidente d’auto mentre lui invece si avviava alla carriera di oculista, più tardi ha imparato: non avrà compiuto una strage come quella di Hama, in cui il padre assassinò d’un colpo ventimila ribelli, ma ha messo insieme una lista di morti sospette, sparizioni e arresti per “insulti al presidente e al sistema giudiziario” conditi da “shock elettrici; ustioni genitali; estrazione delle unghie; botte al sospetto appeso al soffitto dalle piante dei piedi". Tutto questo è scritto nel rapporto americano insieme ad altre torture e alla persecuzione dei Curdi: dal 1970, prima il padre e poi Bashar, ne hanno privati 300mila della loro cittadinanza Siriana, sono stati deportati dalle loro case e piazzato in campi profughi. La corruzione della dinastia al potere è proverbiale. Il permesso di riunione è ristretto a tre persone. La censura è tale per cui un blogger è stato tre anni in prigione per “aver pubblicato informazioni tese a indebolire il morale nazionale”.

Ma Assad ha giocato bene per conservare la sua dinastia alawita, superminoritaria. Ha giocato d’astuzia. La Siria infatti è divenuta un indispensabile snodo, il tappo che trattiene nel bacino Medio Orientale tutta l’acqua del potere iraniano che lo destabilizza. Se dovesse spostarsi, e tante volte questo hanno cercato di fare americani e europei con lusinghe e promesse, anche l’Iran si ritroverebbe molto a mal partito. La Siria ha costruito un reattore nucleare a Deir al Zour con soldi iraniani e tecnologia nord coreana, e dopo la sua distruzione nel settembre 2007 da parte israeliana, si è già rimesso all’opera e proibisce le ispezioni dell’AIEA, l'agenzia per l'energia atomica. Assad ha accumulato negli anni una quantità formidabile di armi chimiche e biologiche e probabilmente ha preso la ire in questo campo da quelle che Saddam Hussein gli trasferì nell’imminenza della guerra.

Non solo: l’arsenale missilistico siriano possiede, fra la selva di razzi puntati su Israele, anche scud armati con i materiali chimici. Li ha costruiti con l’aiuto di Iran, Cina, Russia e Corea del Nord. Assad, che odia Isaele in modo maniacale, lo comunicò a un attonito Giovanni Paolo II dicendogli durante una visita a Quneitra: “Gli ebrei fanno ai palestinesi quello che hanno fatto a Gesù”. Assad ha passato missili e know how a Hamas rendendo Gaza una piattaforma di bombardamenti contro Israele e ha destabilizzato il Libano fornendo agli Hezbollah 40mila missili. Ha ospitato a Damasco le maggiori organizzazioni terroristiche, ha favorito il passaggio di gruppi armati in Iraq, è sospettata con gli Hezbollah di aver ucciso il premier libanese Rafiq Hariri...

Liberare il Libano dall’incubo Siria, che occupò il Libano nel 1976 e lo lasciò nel 2005 e che vi ritorna surrettiziamente con le armi degli Hezbollah, vorrebbe dire impedire che diventi una colonia iraniana. Lo stesso per Gaza. Il traffico di armi e uomini avrebbe un freno, l’Iran non avrebbe base logistica e appoggi portuali nel Mediterraneo. In prospettiva dunque, è peccato che la Clinton torni a una inutile politica di appeasement. Questo farà piacere solo al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU che, dopo l’espulsione di Gheddafi, sta ora valutando, su domanda di Assad, che la Siria lo sostituisca. 
www.fiammanirenstein.com

Il Foglio
- "Lotta di classe siriana"

Roma. Le forze di sicurezza siriane ieri hanno inaugurato una nuova forma di repressione: hanno chiuso dentro le moschee i manifestanti che si preparavano al “venerdì dei martiri” e poi li hanno fatti uscire a piccoli gruppi, presi a sassate e legnate dai militanti baathisti. Nelle altre città le ormai consuete sparatorie delle forze di sicurezza hanno fatto ieri non meno di 14 morti (portando così a 180 le vittime in dieci giorni) e decine di feriti tra le decine di migliaia di manifestanti complessivi, segno che la rivolta non è stata intimorita dalla linea dura scelta dal presidente. Anche la moschea degli Omayyadi, la più bella del mondo (in realtà è una basilica bizantina), è stata violata con questa nuova forma di repressione, così come la moschea di Rifai, nel sobborgo di Kfar Suse, mentre a Duma, altro sobborgo della cintura industriale, i manifestanti sono riusciti a forzare l’assedio poliziesco e hanno dato vita a una protesta su cui poi le forze di sicurezza hanno sparato facendo quattro vittime. Si conferma così la capacità del regime di limitare la protesta nel centro di Damasco (poche centinaia i manifestanti), in un quadro molto diverso da quello di piazza Boumedienne a Tunisi e di piazza Tahrir al Cairo, che vede non il centro, ma soltanto i quartieri popolari della capitale e tutte le città della provincia fuori controllo. E’ scarsa la presenza di strati sociali medioalti, tuttora legati al regime e molto solidi a Damasco: la protesta è portata avanti da settori emarginati e popolari per nulla convinti dagli aumenti del 20 o del 30 per cento degli stipendi statali (il 50 per cento della popolazione vive di questo) disposti giovedì dal rais Bashar el Assad. Ancora dieci vittime anche a Deraa, assetata da mesi dalla siccità, che si conferma epicentro della rivolta, in cui l’assedio imposto da dieci giorni da Maher el Assad, fratello del presidente, non riesce a fermare la protesta. In piazza ieri c’era anche tutto il Kurdistan siriano ad Amuda, Qamishli, el Amar e Ras al Ayn con la novità assoluta di manifestazioni che hanno visto sfilare assieme curdi e siriaci.

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