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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
29.03.2011 Rivoluzioni nel mondo arabo: da che parte stare ?
analisi di Fiamma Nirenstein

Testata:
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Le rivoluzioni non sono tutte uguali. Scegliamo con chi stare»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 29/03/2011, a pag. 17, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Le rivoluzioni non sono tutte uguali. Scegliamo con chi stare".


Fiamma Nirenstein

Era tutto lontanissimo da noi, i dittatori mediorientali ultranazionalisti e corrotti, lo scontro fra sciiti e sunniti, le alleanze spurie fra questi e quelli, i loro disegni di dominio. Che ce ne importava, dopo tutto? Adesso che il Medio Oriente e l’Africa sono vicinissimi, questo zoom disegna campi, preferenze, aspettative che costringono l’Occidente a un corso accelerato di studi islamici. Dove ci porta tutto questo, che cosa dobbiamo auspicare, da che parte stare? Per ora la risposta è stata solo umanitaria, ma ben presto saremo costretti a chiederci quali dittatori è meglio che cadano e quali meglio che sopravvivano almeno un altro po'. Il fatto che l’esercito egiziano abbia fatto sapere che vuole restare ancora un po' al potere e non lasciare subito il campo libero, adesso che la Fratellanza Mussulmana ha mostrato la sua testa d’Idra ed è pronta a prendersi l’Egitto, può anche farci piacere senza doversi vergognare.

Oggi la maggiore sfida viene dalla ineludibile battaglia che si configura da quando la Siria è pesantemente in gioco. Niente è decisivo come Bashar Assad rispetto al nuovo equilibrio ambiziosamente disegnato in questi anni dall’Iran e, in parallelo e talora con azioni convergenti, anche dalla Turchia. Mentre Gheddafi è un attore importante ma distante e lo Yemen ribolle senza ancora prendere forma, mentre la Giordania ha un destino incerto, la Siria da una parte e il Bahrain dall’altra disegnano, comunque si concluda la storia, un conflitto di interessi fra i due maggiori attori sciita e sunnita, rispettivamente l’Iran e l’Arabia Saudita, quest’ultima intenta a bloccare la rivoluzione sciita nell’isoletta che sta di guardia al golfo del petrolio e che Teheran considera sua.

Non a caso Assad, ora in ritirata con la nomina di un nuovo governo tampone, accusa la rivoluzione di essere un’artificiosa mossa sunnita, non a caso i ribelli assicurano che si sono viste fra le forze di sicurezza che hanno fatto tanti morti fra i dimostranti, guardie che parlavano farsi e militanti di Hezbollah. Non è un caso neppure che Nasrallah abbia impartito ai suoi uomini che mensilmente vanno in pellegrinaggio religioso in Siria al santuario di Sayyeda Zainab il consiglio di sospendere il viaggio. E proprio in questi giorni e per chiudere il cerchio, il Bahrain ha presentato al governo libanese una protesta per l’incitamento di Nasrallah contro il governo di Manama. Il suo ministro degli esteri, lo sceicco Khaled bin Ahmed al Khalifa, ha infatti affermato e “non senza l’approvazione degli Stati del Golfo”, che il suo Paese non sarà morbido con chi promuove il terrorismo “non solo nel Bahrain, ma in altri paesi arabi”. Si può immaginare che in cima alla lista cui allude al Khalifa ci sia l’amica l’Arabia Saudita, odiata dall’Iran e dai suoi alleati e accorsa in aiuto dei sovrani. E qui, torna subito in mente la denuncia gridata di Gheddafi: la rivolta contro di me è di fatto frutto di una congiura saudita. Molti sono gli interessi, molti gli scontri.

La Turchia gioca a sua volta un grande gioco ottomano: benché sia una democrazia e questo la renda diversa dagli altri Stati mussulmani, in questi ultimi anni ha perseguitato stampa, militari, giudici, borghesia laica fino a suscitare risposte dure anche in piazza; inoltre ha stretto rapporti senza precedenti con la Siria, con cui era in conflitto fino alle minacce militari, e dal giugno 2010 tra il Golfo Persico, il Mar Caspio, il Mar Nero, Turchia, Siria, Iran, Russia, hanno elaborato una fitta rete di trattati strategici ed economici. Le visite reciproche fra Ahmadinejad ed Erdogan sono state molteplici, i loro trattati parecchi e il sostegno della Turchia all’Iran contro le sanzioni sul nucleare evidente e deciso quanto l’incitamento contro Israele, paragonabile solo a quello iraniano. Adesso la Turchia ha cercato di frenare la coalizione belligerante contro Gheddafi, fino a doversi tuttavia arrendere per non perdere il credito occidentale.

Sembra ieri quel 25 febbraio 2010 in cui a Damasco Bashar Assad ospitò una riunione di enorme importanza strategica: l’ospite d’onore era il presidente iraniano Ahmadinejad, applaudito, accanto all’azzimato padrone di casa, come un antico re persiano. E dopo la folla l’incontro rarissimo: Hassan Nasrallah, il capo degli Hezbollah, non si muove mai dal suo bunker a Beirut, ma stavolta era là insieme ai suoi sponsor e a Khaled Mashaal, il capo di Hamas. Qualche giorno dopo, la stessa riunione si è spostata a Teheran: vi parteciparono anche il capo della Jihad islamica Abdullah Sellah e per il Fronte della liberazione della Palestina, Ahmad Jibril e Maher Al Taheri. Un vertice che certo in queste ore in cui il potere siriano vacilla è oggetto di grande nostalgia per gli Ayatollah.

L’Iran da anni dunque costruisce una ragnatela di grande respiro con la Siria al centro. Quanto possa godere delle nuove rivoluzioni è risultato chiaro quando, pochi giorni fa, due navi iraniane hanno compiuto il loro ingresso nel Mediterraneo tramite il Canale di Suez approdando probabilmente con un carico d’armi nei porti della Siria. Tramite la Siria hanno raggiunto l’Iraq migliaia di guerriglieri, la Siria ha consegnato agli Hezbollah 40mila missili per distruggere Israele e a Hamas soldi e missili.

In una parola, si comprende che le rivoluzioni in corso sono varie per interesse strategico, che sempre di più si disegna nel futuro la loro appartenenza a due campi contrapposti, quello iraniano e quello saudita. Adesso che i dittatori cadono come foglie d’autunno, ci si impone una complessità di giudizio che derivi insieme dal nostro sacrosanto interesse di Paesi democratici come dall’ammirazione per i giovani in piazza. La Siria e il Bahrain, l’Egitto e la Libia non sono la stessa cosa, anche se è faticoso impararlo.
www.fiammanirenstein.com

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