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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Il Foglio - La Repubblica Rassegna Stampa
24.03.2011 Gerusalemme, bomba alla fermata dell'autobus
Cronaca di Aldo Baquis, commenti di Giulio Meotti, redazione del Foglio, intervista ad Avi Pazner di Fabio Scuto

Testata:La Stampa - Il Foglio - La Repubblica
Autore: Aldo Baquis - Giulio Meotti - Redazione del Foglio - Fabio Scuto
Titolo: «A Gerusalemme torna il terrore - Se la guerra arriva a Gerusalemme - Altro che povera Gaza, Hamas ha tanti soldi che non sa che farsene - I fondamentalisti di Gaza vogliono una nuova guerra»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 24/03/2011, a pag. 13, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " A Gerusalemme torna il terrore ". Dal FOGLIO, a pag. 1-II, l'articolo dal titolo "Se la guerra arriva a Gerusalemme", a pag. I, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Altro che povera Gaza, Hamas ha tanti soldi che non sa che farsene". Da REPUBBLICA,  a pag. 21, l'intervista di Fabio Scuto ad Avi Pazner dal titolo " I fondamentalisti di Gaza vogliono una nuova guerra ".

Sul CORRIERE della SERA, Francesco Battistini intervista Yossi Melman, 'grande esperto' di Haaretz, il quale si limita a porre interrogativi.
Notiamo che la scelta dei desk esteri del quotidiani italiani di fronte all'attentato di Gerusalemme è stata quella di affiancare alle cronache degli specchietti riassuntivi in cui vengono elencati i precedenti, in special modo le risposte israeliane. Per fare un esempio, viene riportata l'ultima risposta israeliana al lancio di razzi di Hamas. Israele ha colpito i suoi obiettivi militari ma, dato che il lancio era partito da zone abitate, sono morti anche cinque civili. Come scrivere che sì, l'attentato è stato terribile, ma anche Israele ammazza la gente. Come se un attentato terroristico e la reazione di uno Stato che si difende dai razzi fossero la stessa cosa. Israele risponde agli attacchi, non fa attentati terroristici.
Ecco gli articoli:

La STAMPA - Aldo Baquis : " A Gerusalemme torna il terrore "

(Ap)

Israele ha elevato ieri al massimo grado il livello di allerta nazionale, dopo lo sventramento di un autobus in un attentato terroristico a Gerusalemme - il primo negli ultimi sette anni - e dopo il bombardamento di importanti città meridionali con razzi Grad sparati da Gaza.

«Siamo di fronte a un’offensiva terroristica su larga scala», ha avvertito il ministro degli Interni Ely Ishay, secondo il quale è possibile che questi eventi siano da collegarsi ai grandi sommovimenti in corso in diversi Paesi della regione.

Dopo due anni di calma relativa, ha notato il premier Benyamin Netanyahu, «negli ultimi tempi elementi diversi vorrebbero sconvolgere la quiete, vorrebbero mettere alla prova la nostra forza di resistenza. Ma noi abbiamo una volontà di ferro, siamo determinati a difendere lo Stato e i nostri cittadini. Agiremo dunque con fermezza e con saggezza». Fra le righe qualcuno ha già letto in queste parole un nuovo round di scontri con le agguerrite milizie di Hamas a Gaza, anche se dall’Egitto giungono già pressanti avvertimenti a Israele affinché si astenga dal compiere mosse destabilizzanti.

L’attentato che ha riportato gli israeliani agli anni di piombo dell’Intifada è avvenuto a pochi passi dalla stazione centrale di Gerusalemme. Una valigetta che conteneva una modesta carica di esplosivo rafforzata con bulloni è stata abbandonata presso una fermata di autobus ed è stata fatta deflagrare con un telecomando all’arrivo di un torpedone. Il boato è stato udito in buona parte della città e ha fatto gelare il sangue nelle vene ai passanti. I soccorritori hanno trovato decine di persone stese sull’asfalto tra i frammenti di vetri e lamiere, in pozze di sangue. Il bilancio è di una donna uccisa (probabilmente straniera) e decine di feriti.

In precedenza mezzo milione di israeliani erano stati costretti a correre nei rifugi per i ripetuti attacchi missilistici provenienti da Gaza, in reazione all’uccisione - avvenuta il giorno precedente - di otto palestinesi, fra cui quattro civili. I missili Grad della Jihad islamica hanno seminato paura fra gli abitanti di Ashqelon, Ashdod e Beer Sheva, nel Neghev. Non ci sono state vittime, ma la vita degli abitanti è stata sconvolta. Le scuole sono state chiuse, i rifugi riaperti: proprio come due anni fa, durante l’operazione Piombo fuso a Gaza.

Adesso i responsabili israeliani alla sicurezza sono impegnati a capire se ci sia una unica regia dietro a questi episodi destabilizzanti. L’attentato di Gerusalemme è stato di dimensioni ridotte: in passato gli ingegneri di Hamas avevano saputo confezionare ordigni da 10-15 chilogrammi. Inoltre non è entrato in scena alcun kamikaze. E la tecnica della «borsa nella fermata» aveva un che di affrettato. Dunque potrebbe trattarsi di un’iniziativa di carattere locale.

Preoccupa di più, in Israele, l’atteggiamento spavaldo di Hamas, che sabato ha sparato una cinquantina di colpi di mortaio sul Neghev e ieri ha fatto ricorso a proiettili di mortaio che contenevano fosforo. Questi sviluppi vengono collegati in Israele all’uscita di scena del presidente egiziano Hosni Mubarak, che induce ora Hamas a pensare che i nuovi dirigenti del Cairo gli assicureranno maggiore libertà di manovra. Inoltre i magazzini militari di Hamas sono adesso muniti di missili capaci di colpire fino a Tel Aviv. La recente intercettazione della nave commerciale Victoria - con missili terra-mare iraniani destinati a Hamas - ha solo messo in luce la sensazione che dietro le quinte i rifornimenti militari verso Gaza proseguano comunque in grande stile.

Assumendo un atteggiamento militante, aggiungono analisti palestinesi, Hamas cerca poi di mettere a tacere le voci di dissenso interno che si sono manifestate nelle ultime settimane. Ieri in parlamento il premier israeliano Netanyahu ha previsto «uno scambio reciproco di colpi, per un certo periodo». Mentre in Cisgiordania Israele non ha obiettivi precisi, è prevedibile che concentrerà le proprie attività militari verso la Striscia. Ieri i dirigenti di Hamas hanno comunque ribadito di non temere affatto che l’esercito israeliano possa cercare di attentare alla loro vita.

Il FOGLIO - "Se la guerra arriva a Gerusalemme"

Roma. Hamas ha cominciato una nuova campagna militare contro Israele. Ieri pomeriggio, un ordigno è esploso nel centro di Gerusalemme uccidendo una persona e ferendone almeno trenta, ma già nel corso della mattina due missili Grad lanciati dalla Striscia di Gaza avevano centrato Beersheba, nella parte meridionale del paese. “Questa è una risposta naturale ai crimini di Israele”, ha detto un portavoce di Hamas, il movimento islamista che controlla la Striscia. Lo stesso pensano i rappresentanti del Jihad islamico nella Striscia. Nessuno, tuttavia, si è preso sinora la responsabilità dell’attacco a Gerusalemme. Era dal 2004 che una bomba non colpiva la capitale: l’evento ha spinto il premier, Benjamin Netanyahu, a rinviare un viaggio a Mosca per riunire il gabinetto d’emergenza. Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, ha incontrato il capo dell’esercito e ha fatto capire che ci sarà una risposta già a partire dalle prossime ore. “Non tolleriamo alcun attacco contro i nostri civili”, ha detto Barak. L’ordigno era nascosto nei pressi della stazione ferroviaria, probabilmente accanto a un telefono pubblico, e pesava un paio di chili. L’esplosione è stata violenta e ha mandato in frantumi i vetri di un autobus che passava in quel momento: secondo il ministro della Sicurezza, Yitzhak Ahronovitch, l’involucro conteneva “chiodi e altri elementi” per aumentare i danni. “Non abbiamo ricevuto alcuna informazione dall’intelligence – ha affermato il capo della polizia, Nir Barkat – Siamo sempre pronti per eventi come questo, ma oggi non c’è stato alcun avvertimento specifico”. Se i servizi segreti non hanno intercettato la possibilità di un attacco a Gerusalemme, se Hamas e le altre organizzazioni terroristiche della Striscia non rivendicano l’attentato, è possibile che l’ordigno sia stato piazzato da un cittadino palestinese che vive in Israele. Come avvenne nel 2008, quando un uomo di Gerusalemme est salì a bordo di un bulldozer e investì diciannove persone per le strade della città. Al termine del vertice con Netanyahu, il responsabile dell’Interno ha detto che “gli incidenti di oggi ci spingono a considerare l’ipotesi di un’operazione antiterrorismo. Non c’è ancora una decisione, ma abbiamo varie possibilità a nostra disposizione”. La bomba è l’ultimo segnale di una crisi che monta da giorni al confine fra Israele e la Striscia. I miliziani hanno aumentato il lancio di missili sulle città del Negev: ieri non sono state colpite soltanto le strade di Beersheba, ma anche quelle di Eshkol, Shaar Hanegev e Ashdod – secondo Yedioth Ahronoth, alcuni missili contenevano fosforo. Il Jihad islamico ha rivendicato gli attacchi, e l’esercito israeliana ha risposto con azioni mirate su Gaza. Ma il grosso degli scontri è avvenuto martedì, quando l’Idf ha portato a termine due raid per fermare le operazioni dei terroristi. Otto persone hanno perso la vita, e fra loro ci sono quattro vittime civili. Come dice il quotidiano Haaretz, si tratta dello scambio più pesante da Piombo fuso, l’operazione antiterrorismo compiuta dall’esercito di Israele nel 2008. “Una piccola guerra sta cominciando a Gaza”, ha scritto nel corso della mattina il quotidiano, ben prima che il bilancio della settimana arrivasse a comprendere le vittime dell’ordigno esploso di fronte alla stazione di Gerusalemme. L’avanzata militare di Hamas ne segue un’altra, di carattere diplomatico. Nel fine settimana, un ufficiale ha fatto sapere che le autorità di Gaza chiederanno ancora il riconoscimento di uno stato palestinese all’Assemblea delle Nazioni Unite. La proposta è stata bloccata a febbraio dagli Stati Uniti, che hanno opposto il loro diritto di veto. Questa mossa ha il favore del presidente dell’Anp, Abu Mazen, che cerca di fermare così la costruzione di nuovi insediamenti a Gerusalemme est e nei Territori. I palestinesi consideravano la fine dei lavori una condizione indispensabile per il successo dei negoziati di pace con Israele, ma i colloqui sono falliti. Il riconoscimento è un grande pericolo per Abu Mazen e per il primo ministro Salam Fayyad: nel caso di elezioni, i terroristi di Hamas avrebbero buone chance di prevalere sulle forze più moderate. Allo stesso modo, gli estremisti sono in grado di sfruttare meglio gli effetti della primavera araba, che dopo aver rovesciato i governi di Egitto e Tunisia si avvicina ora a Ramallah.

Il FOGLIO - Giulio Meotti : " Altro che povera Gaza, Hamas ha tanti soldi che non sa che farsene "


Giulio Meotti

Roma. Sebbene la Striscia di Gaza sia una realtà che rasenta l’assurdo, dove, su un milione e 600 mila abitanti, il settanta per cento dipende per la propria sussistenza da sussidi assistenziali, il Fondo monetario internazionale ha reso noto che l’economia di Gaza è cresciuta a uno strepitoso ritmo annuo del dodici per cento. Hamas non sa che farsene di tutto il denaro che si ritrova nelle tasche, e così compra immobili. Risultato: il prezzo degli immobili di livello alto sul lungomare di Gaza è aumentato del 300 per cento. Il prodotto interno lordo è di sette miliardi di dollari. Donazioni provenienti dai paesi del Golfo vengono usate da Hamas a scopi assistenziali, così come coloro che non ricevono aiuti dall’Onu o da Hamas ricevono tessere alimentari da svariate organizzazioni internazionali. I paesi europei pagano il carburante necessario per far funzionare le centrali elettriche. Il governo dell’Anp di Salam Fayyad finanzia l’assistenza sanitaria e il sistema scolastico. E paga la bolletta della compagnia israeliana Dor Energy per il carburante, oltre agli stipendi mensili dei 78 mila abitanti di Gaza che erano impiegati nelle istituzioni dell’Autorità palestinese e che, allo stato attuale, risultano senza occupazione. Buona parte dell’economia di Hamas proviene dallo sterminato sistema di ottocento tunnel al confine con l’Egitto, facilitati dalla caduta di Mubarak e dall’avvento di un regime più simpatetico con le rivendicazioni islamiste. Dai tunnel Hamas fa transitare fra i 600 e gli 850 milioni di dollari all’anno. Parte del denaro viene fatto uscire attraverso questi tunnel alla volta dei paesi del Golfo e dell’Europa. Secondo l’intelligence israeliana, l’Iran finanzia Hamas con una cifra annua di circa 200 milioni di dollari. Questo denaro transita attraverso il bureau di Hamas a Damasco e serve soprattutto all’acquisto di armi. Era di fabbricazione iraniana il missile che ieri Hamas ha lanciato su Beersheba, la maggiore città del sud d’Israele. Attraverso le armi iraniane Hamas ha lanciato una dura escalation militare contro le città e i kibbutz ebraici nel sud del paese. Beersheba dista quaranta chilometri dalla Striscia di Gaza. Grazie ai missili iraniani è salito a un milione il numero di cittadini dello stato ebraico che oggi vivono sotto il tiro dei missili di Gaza. L’intelligence di Gerusalemme stima cinquemila i razzi iraniani stipati nei fortini di Hamas e con un raggio d’azione di sessanta chilometri. Possono arrivare a Tel Aviv. Israele ieri ha chiuso tutte le scuole di Beersheba. Non accadeva dalla fine dell’operazione Piombo fuso nel 2009. La nuova ondata di cannoneggiamenti, la più intensa dalla fine dell’operazione anti Hamas condotta più di due anni fa a Gaza, giunge a meno di una settimana dal raid con cui un commando delle forze navali israeliane ha intercettato la nave Victoria. Destinato ai terroristi islamisti di Gaza, il cargo contava centinaia di obici da mortaio e migliaia di ordigni minori, due sistemi radar e decine di migliaia di proiettili per kalashnikov. Oltre ai missili antinave forniti dalla Repubblica islamica d’Iran, equipaggiati con radar e capaci di colpire con precisione fino a trentacinque chilometri di distanza. Il movimento islamico a Gaza guadagna poi circa 250 milioni dalle tasse, altissime, imposte sui beni di consumo, dalle sigarette alle auto di lusso che arrivano da Israele, ma lucra anche sulla merce di contrabbando dall’Egitto. Dal 2006 al 2010, i fondi annuali di Hamas sono passati da 40 milioni di dollari a 540. Sebbene siano designate come “entità terroristiche” dagli Stati Uniti, l’Hamas Islamic National Bank e il Gaza Postal Bank restano i canali più importanti per i fondi che Hamas fa entrare e uscire dalla Striscia di Gaza. Nuove iniziative economiche di Hamas prevedono persino la costruzione di hotel di lusso, nuovi centri commerciali, resort, aziende agricole e ittiche. Il blocco israeliano e le sanzioni internazionali non hanno scalfito il vastissimo potere economico e militare di Hamas. Un fiume di denaro e di armi irrora i fortini degli islamisti palestinesi.

La REPUBBLICA - Fabio Scuto : " I fondamentalisti di Gaza vogliono una nuova guerra "


Avi Pazner

GERUSALEMME - «Questo gesto feroce e barbaro contro dei civili israeliani è certamente legato all´escalation degli ultimi giorni a Gaza. Sparano sulle nostre città e sui nostri villaggi missili sofisticati come quelli che hanno raggiunto Beersheva, che dista decine di chilometri da Gaza. Nella Striscia c´è chi vuole riaprire un confronto militare con Israele». Va dritto al punto Avi Pazner, ambasciatore di lungo corso, ex portavoce del Ministero degli Esteri, è stato anche consigliere di diversi primi ministri israeliani. «Con quel che è accaduto in Egitto, la frontiera con Gaza non è più sorvegliata e attraverso i tunnel del contrabbando a Gaza sono arrivate armi piuttosto sofisticate ai gruppi fondamentalisti».
Ambasciatore perché, diversamente da altre volte, non è arrivata ancora nessuna rivendicazione dell´attentato?
«Lo ha fatto la Jihad islamica - il gruppo più filo-iraniano dei tanti presenti nella Striscia - anche se non direttamente, perché teme una serie di azioni mirate contro i suoi leader a Gaza. Ma sta cercando lo scontro. Ha avuto delle perdite nei giorni scorsi ma continua ancora a lanciare missili».
Niente a Gaza si muove se anche Hamas non lo vuole e gli integralisti ancora ieri offrivano una tregua. Eppure i lanci contro Israele proseguono …
«Non è semplice. Hamas è divisa al suo interno. C´è l´ala politica che non vuole il confronto militare con Israele, perché sente di dover ancora risaldare il suo controllo sulla Striscia, e c´è l´ala militare che è molto più radicale. Ci sono grandi margini di ambiguità fra i due schieramenti. Può essere che una parte cooperi con questi altri gruppi radicali oppure li lasci fare».
E´ l´arrivo di armi più sofisticate dai tunnel dall´Egitto che sta esaltando questi gruppi?
«Non c´è dubbio che stanno arrivando missili di ogni tipo, mortai, mitragliatori. E passa tutto sotto i tunnel. Guardi al caso della nave che abbiamo abbordato la scorsa settimana. Il "Victoria" era pieno di armi cinesi, missili a guida laser, sistemi di puntamento complessi, radio militari. Lo scalo finale era Alessandria in Egitto, qui sarebbero state scaricate per essere poi contrabbandate a Gaza. I gruppi armati si stanno riarmando, lì ormai hanno missili in grado di colpire fino a Tel Aviv».
Ambasciatore c´è chi nel governo invoca un´altra "Cast Lead" su Gaza, una operazione militare in grande stile come nel 2009…
«Ci sono molte cose da fare e misure militari restrittive che si possono ancora prendere per limitare questi lanci di missili prima di mettere in piedi un´operazione militare di quella portata».

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