Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
L'Egitto nelle mani dei Fratelli Musulmani Analisi di Souad Sbai, redazione del Foglio
Testata:Libero - Il Foglio Autore: Souad Sbai - Redazione del Foglio Titolo: «Egitto ai Fratelli Musulmani. Con la nostra complicità - Fratelli d’Egitto»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 22/03/2011, a pag. 17, l'articolo di Souad Sbai dal titolo " Egitto ai Fratelli Musulmani. Con la nostra complicità ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Fratelli d’Egitto". Ecco i due articoli:
LIBERO - Souad Sbai : " Egitto ai Fratelli Musulmani. Con la nostra complicità"
Souad Sbai
L’Egitto è perso. Peggio, è nelle mani dei Fratelli Musulmani, una sigla e una realtà che ai più forse dice poco, ma che non fa dormire la notte chi qualcosa ne sa. Quando parlavamo, all’alba delle prime proteste, del rischio altissimo di fondamentalismo in Egitto, venivamo presi per visionari e il nostro timore veniva sottovalutato. Anche quando Al Qaradawi, leader spirituale dei Fratelli Musulmani, tornato al Cairo per l’occasione, chiamava alla da-wa e all'apertura del passaggio del valico di Rafah per unirsi ai fratelli palestinesi, tutti voltavano lo sguardo in altre direzioni. E oggi che il sì alle modifiche della Costituzione ha sancito definitivamente la caduta del Paese fra le spire dei Fratelli Musulmani? Di nuovo non una parola. Certo, c’è l’esclusiva attenzione per l’attacco in Libia, sul quale pure moltissimo ci sarebbe da dire, ma non è nemmeno lontanamente giustificabile che nessuno “faccia caso” a cosa accade in Egitto e alle conseguenze per loro e per noi di quelle scelte. SOLO L’ICEBERG Perché non si vuole capire che da lì parte la conquista del Nordafrica da parte del fondamentalismo oscurantista? È cecità oppure ignoranza tout court? Mentre scriviamo, la protesta infiamma anche lo Yemen, la Siria e il Bahrein. L’Egitto è solo la punta dell’iceberg di questo movimento tellurico che sconvolge il quadrante nordafricano intero e che presto guarderà con occhi avidi anche all’Eu - ropa. La sete di islamizzazione dei Fratelli Musulmani non ha fine. Se guardiamo alla Costituzione egiziana, così come è stata emendata, forse si capisce bene cosa vogliamo dire e il perché delle nostre denunce. Copti, donne e minoranze sono praticamente estromessi dalla vita politica del paese. E'escluso dalle candidature presidenziali di chi ha doppia nazionalità: Moussa e Baradei sono quindi già fuori dai giochi, con quest’ulti - mo preso a sassate fuori da un seggio. La favola della rivoluzione per la libertà ha presto gettato la maschera e svelato il suo volto di subdola scalata al potere politico da parte di un movimento senza scrupoli. L'Islam moderato, lasciato solo, non può far altro che assistere impotente allo sradicamento della sua libertà e identità. INSTABILITÀ TOTALE Il tutto si innesta in un quadro di instabilità totale, nel quale Gheddafi pare ad oggi il solo imputato, peraltro già condannato senza processo, e quindi obbligato a lasciare il suo posto, anche con le armi, che puntualmente hanno tuonato. In Italia fanno particolare impressione gli ormai ex-pacifisti dell'opposizione, le loro facce campeggiano sui manifesti in giro per le nostre città mentre rivendicano una guerra per cosiddette "ragioni umanitarie". Se ne faccia una ragione chi nasconde i propri interessi dietro alla guerra per la democrazia: dopo il Colonnello ci saranno solo e soltanto i Fratelli Musulmani in Libia. Le facce, gli occhi, le armi sono le stesse già viste a Piazza Tahrir. COLPEVOLE INERZIA È tutto preordinato, scritto e orchestrato alla perfezione dai Fratelli Musulmani, con la colpevole inerzia di chi guarda ma non vede, ascolta ma non sente. Lo scandaloso baratto fra libertà ed interessi geopolitici ed economici è ormai evidente. È una responsabilità storica enorme, che qualcuno dovrà necessariamente caricarsi sulle spalle. Ma allora, forse, sarà troppo tardi, perché le dittature teocratiche oscurantiste domineranno incontrastate.
Il FOGLIO - " Fratelli d’Egitto "
E’ stato il primo, grande, frutto della rivoluzione egiziana e della ritrovata democrazia. In alcuni seggi si è continuato a votare anche dopo l’orario di chiusura, tante erano le persone accorse a pronunciarsi sugli emendamenti alla Costituzione. Mai visti prima quattordici milioni di egiziani alle urne. Il 77,2 per cento ha scelto il “sì”. La riforma, scritta sotto l’ombrello dei militari saliti al potere dopo Mubarak, sancisce quindi la limitazione del numero di mandati presidenziali, l’allentamento delle restrizioni per candidarsi, il controllo della magistratura sulle elezioni e l’abolizione del potere presidenziale di ordinare processi militari contro i civili. Un passo importante verso la normalizzazione democratica del Cairo, dopo quarant’anni di leggi emergenziali. Ma il voto getta una luce chiara su chi ha davvero carisma e potere nel più grande paese arabo. Sconfitti dalle urne escono tutti i partiti laici, dal Wafd al Ghad di Ayman Nour, il partito di sinistra del Tagammu, i nasseriani, i giovani di piazza Tahrir, ma anche i due potenziali candidati alla presidenza, Mohamed el Baradei e Amr Mussa. Il fronte laico aveva invitato a votare “no” alle modifiche parziali, a favore di una nuova Costituzione. Per il “sì” erano i Fratelli musulmani, che hanno visto confermato il proprio vastissimo radicamento popolare. Ma la loro forza d’urto si è collegata a quella dell’elettorato del Partito nazionale democratico dell’ex rais. Il New York Times commenta sulla “forza dei Fratelli musulmani e la debolezza dei gruppi liberal”. Un volantino distribuito dalla Fratellanza islamica recitava: “Se voti ‘no’ sei un seguace dell’America o di Baradei, se voti ‘sì’ sei un seguace di Allah”. Se avessero vinto i “no” la giunta militare sarebbe stata costretta a prolungare la scadenza dei sei mesi, prevista a settembre, per il passaggio del potere nelle mani di un governo civile. E ciò avrebbe aiutato il più disorganizzato fronte laico a preparare le elezioni. Viceversa, l’obiettivo della campagna del “sì” era quello di assicurare stabilità al paese, ma anche quello di arrivare presto alle elezioni legislative, favorendo soprattutto i Fratelli musulmani, il partito più forte e meglio organizzato sul territorio del dopo Mubarak. Anche il partito islamico “moderato” Wasat aveva invitato a votare per il “sì”. Persino i cugini Aboud e Tarek El-Zomor, condannati per l’assassinio del presidente Sadat e appena tornati in libertà, avevano chiesto al popolo di riversarsi alle urne e sostenere la riforma. Anche il leader della Fratellanza, Mohammed Badie, che ha scontato più di dieci anni di carcere, si è fatto fotografare al seggio. Attivismo nelle campagne L’attivismo ai seggi dei Fratelli musulmani è stato martellante. Hanno dispiegato risorse poderose per questo referendum, inclusa la “ruralizzazione”, cioè la chiamata al voto nelle campagne. I Fratelli hanno organizzato pulmini gratis per portare intere famiglie al voto. Al Ahram ha parlato a proposito di “famiglia alternativa”, una comunità chiusa come un villaggio, modello vincente in un’epoca di disintegrazione delle strutture tradizionali. “Cinquant’anni fa i Fratelli musulmani reclutavano soprattutto fra i figli degli impiegati, i colletti bianchi”, scrive sempre Ahram. Oggi conquistano voti anche e soprattutto nel grande proletariato egiziano. Durante i venti giorni di rivolta che ha portato alle dimissioni di Mubarak, i Fratelli musulmani avevano tenuto un basso profilo, ripetevano che è la rivolta di tutti, preferendo dare spazio alla coalizione dei giovani che ha guidato piazza Tahrir. Ora il movimento islamico è il grande favorito al voto. Gli islamici e i membri fuoriusciti dall’ex partito di Mubarak puntano a dominare il futuro Parlamento. Emad Gad, analista dell’Al Ahram Center for Political and Strategic Studies, così dà voce al pessimismo: “Il prossimo Parlamento scriverà la nuova Costituzione, così che i fanatici ci governeranno per decenni”. Anche i cristiani hanno boicottato invano il referendum. I Fratelli musulmani avevano sempre detto che è del tutto impensabile che il presidente, che per loro è anche capo della preghiera, possa essere un non musulmano. Nelle chiese circolavano volantini che invitavano al “no”. Il voto è stato un grandissimo test su quali forze abbiano reale potere in Egitto. Facebook ne ha molto meno delle moschee.
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