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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
02.03.2011 Libia, Obama continua a tentennare
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata:
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «I dubbi dei progressisti Usa: bombardare o no Gheddafi»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 02/03/2011, a pag. 1-13, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "I dubbi dei progressisti Usa: bombardare o no Gheddafi".

A destra, Obama mentre NON si sta rivolgendo ad Ahmadinejad


Fiamma Nirenstein

«If you have to shoot, sho­ot, don’t talk» dice Lee Van Cleef in Il buono, il brutto e il cattivo , mentre fa fuori l’as­sassino che era venuto per ac­copparlo e invece si è perso in inutili minacce. La parabo­la non ha niente di feroce, è solo realistica: noi parliamo e parliamo e intanto i destini si compiono. Anche i destini di giovani, donne, bambini innocenti, se non viene fermato il tiranno determina­to a sedersi sul cumulo delle loro vite. Anche adesso che, dopo un biennio di tentenna­menti obamiani, gli Usa cer­cano di mostrarsi decisi di fronte alla rivolta del mondo arabo, Hillary Clinton ha cer­cato tuttavia di esorcizzare la memoria recente di un’America troppo interven­tista dicendo e negando, vo­lendo e rifiutando. Interveni­re sì, ma con juicio , fermare Gheddafi, ma senza armi. La Clinton sa bene che uno dei motivi principali dell’elezio­ne stessa di Obama è sempre stata la sua violenta contrap­posizione alla figura di Geor­ge W. Bush e al rifiuto del te­ma dell’esportazione della democrazia sulla punta del­la lancia. Adesso Clinton è in imbarazzo: mentre da una parte sostiene con determi­nazione e a ragione che Gheddafi deve lasciare il po­tere, anzi, che deve andarse­ne dalla Libia, anzi, che per gli Usa «tutte le opzioni sono sul tavolo», torna sulla neces­sità di evitare l’uso della for­za militare. Lo dice però mentre il Pentagono muove verso la Libia le proprie for­ze militari, con la nave d’as­salto anfibio Kearsarge, che ha a bordo elicotteri e 1.800 marines, che si avvicina alla costa, mentre la Nato deve mettere in atto la no fly zone e abbattere eventualmente i Mig libici che si levassero in volo. Non lo si può fare man­dando un mazzo di rose. L’Inghilterra ha già inviato i suoi aerei C130 per far allon­tanare i suoi connazionali dal deserto: ci è riuscita, ed è un miracolo che non ci siano stati scontri. Anche noi ades­so che il trattato è sospeso ab­biamo i nostri porti in condi­zioni di servire da eventuali basi per azioni militari. Intanto Gheddafi, lo ripete e lo dimostra, non ha nessuna intenzione di andarsene: è indebolito, ma non vinto. I suoi nemici non riescono a penetrare a Tripoli la sua for­tezza fatta di intimidazioni spietate, di potere, di armi puntate, di cieca fedeltà. In secondo luogo, ci sono mol­te ragioni di pensare che il raìs voglia ancora combatte­re. È di ieri la notizia apparsa sul Telegraph che nel deser­to gli inglesi hanno trovato depositi di 14 tonnellate di gas mostarda, un’arma non convenzionale uguale a quella che usò Saddam Hus­sein contro i curdi facendo­ne immensa strage.
Alla giornalista Christiane Amanpour, dopo averle fat­to una gran risata sul muso quando gli ha chiesto se in­tendeva mollare, Gheddafi ha detto che si era autobom­bardato dall’aria due deposi­ti
di armi a Bengasi per dimo­s­trare la sua antipatia per la violenza armata. Figuriamo­ci. Fatto sta che due depositi sono stati bombardati davve­ro, così come qualcuno già si aggira probabilmente fra i ri­belli di Bengasi per dar loro manforte. E si sa benissimo che la Nato starebbe metten­do a punto una forza aerea per mandare armi ai ribelli. Insomma, l’ipotesidi ferma­re il ben rintanato Gheddafi con la forza pare realistica. Gheddafi, come una stella che si spenge lanciando altis­simi e distruttivi getti di ma­teriale infuocato, può anco­ra uccidere molto, impazzi­re ulteriormente, fare molto male. Ahmad Chalabi, il lea­der sciita che fu fra i primi co­raggiosi dissidenti iracheni, racconta come nel 1991 alla fine della prima guerra del Golfo Saddam Hussein aves­se perduto 14 delle 18 provin­ce irachene e si trovasse con l’esercito in stato comatoso e la sua fanatica guardia per­sonale, molto simile a quella di Gheddafi, a pezzi. Ma Co­lin Powell ( allora capo di Sta­to maggiore) e Brent Scowcroft convinsero Bush a dare a Saddam la possibili­tà di far volare i suoi aerei mi­­litari per calmare i rivoltosi. Si temeva l’incontrollabilità di una situazione irachena impazzita. Il risultato fu una strage spaventosa di circa 330mila iracheni, mentre gli americani stavano a guarda­re. Dice Chalabi che non è un caso che Gheddafi abbia menzionato l’Irak nelle sue folli tirate, è una minaccia di usare la forza bruta. È uno sberleffo alla paura dell’Oc­cidente, un ammiccamento a mantenere una qualunque stabilità. Chalabi ricorda co­me si ritrovarono 313 enor­mi fosse comuni e ricorda co­me ne visitò orripilato lui stesso una appena scoperta: vi erano stati gettati 12mila uccisi, macellati perché ri­belli.
Il mondo, dopo che ciò che Gheddafi ha fatto in queste settimane, sa che cosa egli possa ancora fare al suo po­polo. Ma poiché un perso­naggio come questo, respon­sabile dell’attentato di Berli­no e di quello di Lockerbie e di un continuo sostegno al terrorismo, con uno straordi­nario record di violazioni di diritti umani ha presieduto il Consiglio per i diritti uma­ni dell’Onu fino a oggi, tutto è possibile. Per esempio, che per amore della «stabili­tà » lo si lasci resistere ancora a lungo nel bunker di Tripoli a preparare il secondo round.

www.fiammanirenstein.com

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