Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Nemesi Philip Roth Traduzione di N. Gobetti Einaudi Euro 19
Un dramma della coscienza, da un narratore vicino e da una distanza che non è solo quella del tempo - chi è il narratore, lo si scopre a lettura molto inoltrata. Siamo nella rothiana Newark, è l'estate del 1944. Bucky Cantor, insegnante di educazione fisica e animatore del campo giochi del quartiere ebraico, ha ventitre anni, si vergogna di essere stato scartato alla visita di leva per una forte miopia e così di non essere in Europa con i suoi due amici. Atleta valente ancorché di piccola statura, Mr Cantor, così lo chiamano i suoi ragazzi, ha sviluppato un corpo perfetto e la determinazione dell'uomo giusto. Coscienzioso, svolge il suo compito con solerzia e devozione e i suoi ragazzi lo venerano come un eroe, da quando ha affrontato da solo un gruppo di teppisti italiani venuti a portare guai al campo. Poi scoppia una epidemia di polio, alcuni dei ragazzi vengono ricoverati d'urgenza, ci sono i primi due morti, tra cui Alan, atleta dotato e ragazzo ammirevole, tra i preferiti di Bucky. Davanti alla tomba di Alan, quella fossa maledetta, i pensieri del narratore sono quelli ossessivi dell'ultimo Roth. La rivelazione della morte, per Bucky, orfano della madre dalla nascita, è l'innesco della deflagrazione del dubbio nella coscienza: se prima era un credente convenzionale, come il nonno e forse molti degli ebrei del quartiere di Weequahic, ora si interroga sul senso delle preghiere ai defunti e delle lodi al Signore, "quello stesso Dio che permetteva che ogni cosa, compresi i bambini, venisse distrutta dalla morte". Dopo un prologo molto dettagliato, il dramma prende consistenza e iniziamo a riconoscere quella forte aderenza ai corpi e ai fatti che è peculiare di Roth. Il capitolare della virilità e la determinazione del giovane di fronte alla scoperta della distruzione dei corpi, l'inesorabilità del richiamo dell'eros, in questo caso la ragazza Marcia che vuole che Bucky abbandoni il campo giochi e Newark per raggiungerla al campo sulle Pocono Mountains: questo è Roth al meglio. Osserviamo il declinare della determinazione di Bucky, il lasciare il compito, cosciente della umiliazione e quasi presciente della nemesi che lo attende. C'è però una terza e ultima parte, dalla voce in prima persona del narratore che si rivela per quel che è, e che non si può qui rivelare: un lungo colloquio conclusivo che sa di didascalico, inutile ammonimento. Come in Indignazione, la inarrestabile necessità del vaniloquio laico nel corpo del libro ha l'effetto di irritare: per fortuna alla penna c'è Philip Roth, cui basta un sussulto per scrivere un finale memorabile, degno di un narratore migliore del moralista.