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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - Corriere della Sera Rassegna Stampa
25.02.2011 L'Università di al Azhar sempre più fondamentalista
Commento di Giulio Meotti. Andrea Riccardi continua a credere che sia possibile il dialogo

Testata:Il Foglio - Corriere della Sera
Autore: Giulio Meotti - Andrea Riccardi
Titolo: «Al Azhar contro il Papa. La cupa metamorfosi della più antica università islamica del mondo - I cristiani e il risveglio arabo. Le ragioni della convivenza»

RIportiamo dal FOGLIO di oggi, 25/02/2011, a pag. I, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Al Azhar contro il Papa. La cupa metamorfosi della più antica università islamica del mondo ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 54, l'articolo di Andrea Riccardi dal titolo " I cristiani e il risveglio arabo. Le ragioni della convivenza ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - Giulio Meotti : " Al Azhar contro il Papa. La cupa metamorfosi della più antica università islamica del mondo "


Giulio Meotti, Muhammad Rifaa al Tahtawi

Roma. Per riavviare il dialogo con l’islam il Papa deve compiere un “gesto di rispetto” verso i musulmani. Ad esempio “chiedere scusa per le crociate, così come ha chiesto scusa per l’Olocausto”. Lo annuncia Muhammad Rifaa al Tahtawi, portavoce dell’Università di al Azhar. E’ sempre più accesa e dura la retorica anticristiana e antiebraica della più antica università islamica del mondo. Da Saladino a Napoleone, chiunque abbia messo piede in Egitto ha dovuto passare da al Azhar. Fondata al Cairo nel 970, l’università conta due milioni di studenti e novemila fra teologi e insegnanti. Nel 1979 l’università fu decisiva nel legittimare religiosamente gli accordi di Camp David con Israele. “Al Azhar – recitava l’editto – oggi presenta al mondo islamico un comunicato relativo al giudizio della sharia nel quale chiarisce alcuni aspetti relativi al trattato tra Egitto e Israele”. Per la prima volta la più antica scuola dell’islam accettava il diritto all’esistenza del nemico fino allora combattuto con quattro guerre nell’arco di trent’anni. Altri tempi. L’attuale imam capo dell’università, il francofono Mohamed Ahmed al Tayyeb, ha sancito la legittimità degli attacchi a Israele: “La soluzione al terrore israeliano risiede nella proliferazione degli attacchi suicidi che diffondono terrore nel cuore dei nemici di Allah. I paesi, governanti e sovrani islamici devono sostenere questi attacchi di martirio”. Nel 1997 al Azhar giustificò l’uccisione dei palestinesi che avrebbero venduto la terra agli ebrei. E quando nel 2006 Hezbollah mosse guerra a Israele e Hassan Nasrallah riuscì a dividere i paesi islamici come non capitava da tempo, l’imam di al Azhar difese Hezbollah e non battè ciglio quando i ritratti del suo capo iniziarono a comparire all’università. Se oggi la Fratellanza musulmana è una componente fondamentale di al Azhar, non sempre è stato così. Le ondate di arresti dei Fratelli musulmani furono legittimate da al Azhar. Oggi all’università si va dal silenzio assenso alla complicità con i Fratelli musulmani. Pochi giorni fa l’imam Tayyeb ha stabilito, in accordo con la Fratellanza, che il nuovo imam dovrà essere eletto, e non nominato dal governo come un qualunque funzionario statale. Tayyeb ha poi annunciato che “un copto non può diventare presidente dell’Egitto”, riecheggiando la posizione esclusivista e razzista dei Fratelli. Nel 2009 una fatwa degli imam di al Azhar proibì la costruzione di nuove chiese. E un anno fa un eminente accademico di al Azhar, Muhammad Imarah, ha pubblicato il libello “Contro i cristiani”, che i copti hanno cercato di portare in tribunale. Sempre da al Azhar, Suad Saleh, preside della Facoltà di Studi islamici, ha legittimato la condanna a morte di chi si converte al cristianesimo.

CORRIERE della SERA - Andrea Riccardi : " I cristiani e il risveglio arabo. Le ragioni della convivenza "

Ecco come Andrea Riccardi vede le rivoluzioni nel mondo arabo : "oggi le due rive sono più vicine e il mondo arabo meno lontano da noi. Il futuro è nelle mani di tutti, arabi ed europei, in un mondo più globale. ". Riccardi scrive di convivenza fra cristiani e musulmani, un'immagine utopica. Mentre ai musulmani è garantita la libertà nei Paesi non islamici, non è possibile scrivere il contrario. Il concetto di convivenza con altre religioni non appartiene all'islam. Riccardi si legga il pezzo di Giulio Meotti riportato in questa pagina, le dichiarazioni di alcuni esponenti dell'Università di al Azhar, non fanno pensare a un futuro  per i copti.
Ecco il pezzo:


Andrea Riccardi

L e rivolte arabe hanno sorpreso tutti. Le proteste nascono da dure condizioni di vita ma anche dall’umiliazione di regimi corrotti. È una rivolta in buona parte di giovani: il 61%degli egiziani, il 58%dei libici e il 74%degli yemeniti hanno meno di trent’anni. I giovani non si sono rassegnati all’intimidazione che ha trattenuto i loro padri per anni. Gente alfabetizzata e globalizzata reagisce in modo nuovo: si sente soggetto, non solo oggetto della storia. Il sistema autoritario non riesce a bloccare chi ha vissuto una rivoluzione mentale. Si sollevano società civili e classi medie umiliate con la coscienza di non essere più isolate, ma parte di una comunità globale con nuovi mezzi per comunicare. «Siamo tutti egiziani» — si leggeva su un cartello in piazza Tahrir, mentre fraternizzavano musulmani e cristiani. Eppure papa Shenouda, capo di vari milioni di copti (sempre critico verso le vessazioni del governo), ha sostenuto Mubarak: ha chiesto ai suoi giovani di non scendere in piazza. Le minoranze cristiane hanno paura. Gli autocrati sembrano garantirle di fronte alla marea musulmana. Ma trapelano sospetti che il ministro dell’Interno di Mubarak abbia avuto connivenze nell’attentato alla chiesa copta di Alessandria. Allora si capisce meglio la furente reazione egiziana alle proteste italiane e alle parole di Benedetto XVI per la strage. A piazza Tahrir un giovane cristiano brandiva un cartello: «Sono copto e sto qui malgrado papa Shenouda» . Un piccolo episodio ignorato riguarda la sinagoga vicino piazza Tahrir, sempre protetta da blindati. Con la rivolta, i militari sono spariti e i dimostranti, divenuti padroni della zona, hanno rispettato il tempio. Sintomo di un sentire maturo? Certo preoccupano le dichiarazioni di alcuni religiosi contro Israele ed è inquietante l’arrivo di due navi iraniane nel Mediterraneo via Suez. Il futuro politico delle rivolte arabe non è chiaro. Un ingegnere libico ha detto all’inviato de La Stampa: «Vuol sapere come finirà? Non lo so proprio, so soltanto che non ci fermeremo» . La politica e le analisi europee sono state a lungo bloccate dall’alternativa secca tra autocrati e pericolo islamico. Di fronte agli ultimi eventi ci si è troppo limitati alla legittima, ma riduttiva domanda se ne guadagnasse l’islamismo. Ma, per esportare la democrazia in Iraq contro un sanguinario dittatore, si è combattuta una guerra. Poca simpatia è spirata da noi verso il «vento di libertà» di piazza Tahrir. Si tratta di un nuovo ’ 68, di un ’ 89 o che altro? Per il «vento della libertà» , laddove è vittorioso, comincia ora un delicato viaggio verso la democrazia attraverso le istituzioni e la politica. L’entusiasmo per la libertà riuscirà a fondare un senso della cittadinanza che superi il fondamentalismo delle identità? In ogni caso mi pare dovuta un’apertura di credito da parte di chi crede nei valori democratici e nella libertà. La paura è un cattivo consigliere. Ha bloccato la politica occidentale verso gli arabi con il timore dell’Urss e poi del fondamentalismo. Certo si capiscono gli interessi economici (come in Libia). Ma c’è un limite, già da tempo oltrepassato da Gheddafi. E mille morti pesano. La radicalizzazione repressiva poi fa il gioco degli estremisti. Il ministro Frattini, reduce dall’Egitto, ha indicato una prospettiva nuova al convegno tra cristiani e musulmani sulle ragioni della convivenza, tenutosi mercoledì a Sant’Egidio: «Bisogna passare dalla partnership della convenienza a quella della convivenza» — ha detto. La convivenza è riconoscimento del pluralismo. Un simile riconoscimento da parte musulmana è solida garanzia alle minoranze cristiane, del cui valore l’Europa comincia ad accorgersi. Dopo tanta retorica mediterranea, oggi le due rive sono più vicine e il mondo arabo meno lontano da noi. Il futuro è nelle mani di tutti, arabi ed europei, in un mondo più globale.

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