Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 24/02/2011, a pag. 47, l'articolo di Jean Daniel dal titolo " I ribelli senza armi ". Dall'UNITA', a pag. 16, l'articolo di Loretta Napoleoni dal titolo "Il mondo arabo si ribella ma non c'è traccia di Bin Laden".
Jean Daniel e Loretta Napoleoni cercano di convincere i loro lettori che le manifestazioni nel mondo arabo non sono violente nè guidate dagli islamisti. Ne deduciamo che o nessuno dei due ha letto i quotidiani degli ultimi giorni o i loro concetti di violenza e islam sono da rivedere. Lo stupro della giornalista americana Logan dovrebbe essere sufficiente a testimoniare che non tutto ciò che è 'piazza contro il dittatore' è pacifico. E la presenza dei Fratelli Musulmani in Egitto, degli slogan antisemiti e cristianofobi in Tunisia, dei fondamentalisti islamici nel sud della Libia bastano come risposta alle tesi assurde di Napoleoni.
Ecco i due articoli:
La REPUBBLICA - Jean Daniel : " I ribelli senza armi "

Jean Daniel
La popolazione libica, che ha subito e continua a subire massacri di massa, poteva sperare, al pari dei manifestanti tunisini, egiziani e marocchini, di essere trattata con un minimo di rispetto, se non di compassione. Si può benissimo arginare una folla senza massacrarla: gli algerini ne hanno dato una dimostrazione magistrale. Tutti i ribelli della primavera araba hanno scelto le armi della non violenza per opporsi alle forze barbare della repressione.
Nella storia, sarà il colonnello Gheddafi, questo capo demente, sanguinario e caligolesco (che non ha mai smesso di ridicolizzare tutti i diplomatici dai quali è stato ricevuto nel mondo), a restare associato ai lutti della Rivoluzione araba. Perché in queste Intifada a mani nude colpisce soprattutto che gli insorti non hanno di fatto preso le armi, ma offerto il loro petto. Qui non si sono visti né kamikaze, né fanatici cultori degli attentati suicidi.
Questi insorti non uccidono, ma lasciano ai loro nemici il peccato dell´omicidio. Come se conoscessero le parole prestate da Albert Camus a uno dei suoi eroi: «Ogni volta che un oppresso pone mano alle armi in nome della giustizia, muove un passo nel campo dell´ingiustizia». Fino ai sanguinosi eventi della Libia, gli insorti hanno imposto l´immensa forza collettiva della loro sola presenza. Ed è proprio questo il punto che ci separa nettamente dai paladini dell´estremismo.
Il filosofo comunista Alain Badiou proclama che «un vento dell´Est spazza via l´arroganza dell´Occidente», e che «le sollevazioni dei popoli arabi sono un modello di emancipazione». Sia pure. Noi non siamo stati meno entusiasti di lui, e non meno di lui ci siamo mobilitati. Fin dal primo giorno abbiamo scritto: «Siamo tutti tunisini». Ma il nostro filosofo si preoccupa all´idea che potremmo rallegrarci del pacifismo dei manifestanti, e prestare loro il nostro ideale democratico!
«Vi sono stati morti a centinaia, e altri muoiono ogni giorno», ha proclamato con esaltazione, ancor prima che le vicende libiche gli dessero ragione. E ha aggiunto poi: «Non volevamo la guerra, ma non ci fa paura». In effetti, non sono del tutto certo che un comunista possa fare a meno di augurarsi quella violenza che secondo Marx è «la sola levatrice della Storia». Fu questo il tema di un appassionante conflitto tra Merleau-Ponty, autore di Umanesimo e terrore, e Albert Camus, che gli rispose con L´uomo in rivolta. E sono anche meno certo che i tunisini, per come li ho sempre conosciuti, si rassegnerebbero facilmente alla violenza.
Sabato scorso, a Tunisi si è svolta una splendida manifestazione di ecumenismo militante contro la violenza razzista: una folla di giovani, uomini e donne, velate o meno, ha proclamato un desiderio di laicità trionfante e, come temo fortemente per Alain Badiou, di ispirazione "occidentale", ma in ogni caso erede della nostra Rivoluzione.
All´Europa si pone di nuovo un grosso problema, già sollevato in primis dai french doctors: quello del dovere di assistenza e del diritto di ingerenza. In Iraq c´è stata ingerenza in nome dell´assistenza, con un´invasione e un´occupazione. Oggi, davanti agli eventi in Libia, la paura del precedente iracheno è tale che non si pratica né l´ingerenza, né l´assistenza.
L'UNITA' - Loretta Napoleoni : " Il mondo arabo si ribella ma non c'è traccia di Bin Laden "

Loretta Napoleoni
Questa settimana a Londra si mormora che le nazioni disposte ad ospitare i dittatori arabi siano sempre meno e che costoro farebbero bene ad andarsene in fretta per evitare di ritrovarsi senza un rifugio. Al momento è anche libera l'isoletta a Tahiti dove Berlusconi conta di ritirarsi a vita privata, qualora anche lui fosse costretto a fare le valigie improvvisamente... Di venire in Europa o in America non se ne parla, anche se a Londra la stampa ha ritirato fuori le foto di Tony Blair che abbraccia Gheddafi in una delle tende reali del dittatore. Nel 2004 fu proprio Bush e Blair che organizzarono il rientro di Gheddafi nella comunità internazionale. Una rappacificazione che aprì i rubinetti del petrolio libico proprio quando il prezzo del greggio superava la barriera dei 40 dollari al barile. In cambio il regime libico accettò di abbandonare un misterioso progetto nucleare e pagò svariati miliardi di dollari in compensazione per l'attentato di Lockerbie, che però molti esperti di terrorismo considerano opera degli iraniani. Gheddafi si guardò bene dal consegnare agli inglesi l'assassino della poliziotta Ivon Fletcher, freddata durante una manifestazione fuori dell'ambasciata libica di Londra con un colpo di pistola partito da una delle sue finestre. Naturalmente del progetto nucleare libico, come di quello Iracheno, non si è mai trovata traccia. Che si trattasse di una delle tante invenzioni per terrorizzare gli occidentali durante la guerra al terrorismo islamico? È probabile. Colpisce infatti l'assenza degli islamici - spauracchio dell'occidente da un decennio - nella rivoluzione popolare nel mondo arabo, un fenomeno che dovrebbe farci riflettere sulla scarsissima professionalità di chi ci governa, ad esempio il nostro ministro degli Esteri che all'indomani della fuoriuscita del tunisino Zine el Abidine Ben Ali dichiara che l'obiettivo prioritario è la lotta contro il fondamentalismo islamico e le cellule terroriste. Frase, ahimé, ormai tristemente famosa perché citata sui quotidiani di mezzo mondo. Politici che ci hanno propinato un nemico fittizio mentre facevano affari con quello vero. Così mentre a Tunisi imperversa la rivolta, il ministro degli Esteri francese, Michelle Allot-Marie prima offre il know-how del proprio Paese a Ben Ali e subito dopo poi abbandona le sue vacanze tunisine sul jet privato del socio in affari di quest'ultimo. Ma non basta, la sua famiglia ha da poco vinto un appalto edilizio tunisino siglato con uno dei soci di Ben Ali. Anche il primo ministro francese Francois Fillion è stato travolto dalla rivoluzione mentre si godeva una vacanza nel Mar Rosso a spese di Mubarack Ma le joint-venture dei nostri politici con i dittatori arabi erano solo le briciole di regimi in tutto e per tutto feudali. Nella residenza di Ben Ali è stata trovata una stanza cassaforte grande come una boutique, dentro c'era un tesoro simile-a quello descritto nel Conte di Monte Cristo: Pile di diamanti, diademi, opere d'arte acquistate alle aste di Christie e Sotheby e così via. Il patrimonio immobiliare della famiglia Mubarack ammontava a 70 miliardi di dollari e nessuno saprà mai quanti soldi la Svizzera abbia congelato dai suoi conti e da quelli di Ben Ali. Sembra di leggere la trama di un blockbuster natalizio ed invece sono le notizie stampa. Gli Islamici sono assenti perché sono sempre stati una piccolissima, irrilevante, minoranza ed anche a casa loro sono considerati terroristi. Chi cresceva nelle strade del Cairo o subiva la repressione di Gheddafi a Tripoli non aveva nessuna intenzione di immolarsi per l'ipotetico Califfato di bin Laden, lavorava nell'asfittico sottobosco dell'opposizione per distruggere regimi repressivi veri. A chi ha fatto comodo sventolare la minaccia del terrorismo islamico? Non solo ai ministri che si facevano pagare le vacanze dai dittaori. Molte delle anni che oggi la Libia usa contro i propri cittadini portano in calce la scritta Made in England. Ed in un gesto disgustoso di realpolitick il primo ministro britannico David Cameron questa settimana è in visita nel Medio Oriente, ufficialmente per promuovere la democrazia, ma in realtà per firmare qualche nuovo contratto militare: ad accompagnarlo è una delegazione composta da otto rappresentanti dei massimi produttori di armi britanniche. In Barhein i sauditi, che allo scoppio delle manifestazioni a Pearl Square, hanno subito inviato i propri carri armati per pattugliare la città e disperdere i dimostranti, hanno trasformato l'isola nella loro riserva finanziaria privata. A gestirla è la famiglia reale e una minoranza sunnita, grazie all'appoggio degli americani che fanno finta di ignorare l'esistenza della maggioranza shiita, che gode di diritti di cittadinanza "limitati". Dal Marocco allo Yemen, dalla Giordania all'Iran al posto degli esaltati religiosi che sognano di rivivere le battaglie di Maometto c'è un esercito di giovani che indossa jeans e scarpe da ginnastica, vive su Facebook, My space, YouTube e Twitter e al posto della sciabola usa il telefonino. Il 60% della popolazione nord africana e medio orientale ha meno di 30 anni, una percentuale che oscilla tra il 15 ed 1130% è disoccupata! Si tratta di valori in assoluto massimi al mondo. Ecco il vero pericolo: l'esplosione demografica. Secondo una studio della Population Action International, una società di ricerca statunitense,1'80% dei conflitti mondiali verificatesi tra il 1970 ed il 2000 sono avvenuti in nazioni dove i160% della popolazione era sotto i 30 armi. Il baby boom arabo e musulmano esiste da trent'anni eppure a Washington nessuno ci ha fatto caso. Troppo presi dalla vittoria della Guerra Fredda prima e dalla manipolazione della minaccia del terrorismo dopo, i nostri politici hanno messo la testa nella sabbia. Sei trilioni spesi per vincere una guerra inutile contro un terrorismo inesistente fossero finiti in progetti di sviluppo per assorbire questi giovani, se invece di concentrarci sul dittatore Saddam avessimo smesso di appoggiare tutti gli altri forse oggi l'asfalto delle piazze delle capitali arabe non sarebbe sporco del sangue di questi ragazzi. Riflettiamo su questi punti quando nei prossimi mesi pagheremo prezzi sempre più alti per benzina e alimenti. Forse, anche per noi, è giunta l'ora di dire basta.
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