Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Libia, Gheddafi cerca di bloccare i tumulti con la violenza Commento di Carlo Panella, cronaca di Cecilia Zecchinelli
Testata:Libero - Corriere della Sera Autore: Carlo Panella - Cecilia Zecchinelli Titolo: «Prima di cadere Gheddafi farà una strage - La Libia è in fiamme. Oltre 40 i morti Bengasi in mano ai ribelli»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 19/02/2011, a pag. 1-16, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Prima di cadere Gheddafi farà una strage". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 12, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo "La Libia è in fiamme. Oltre 40 i morti Bengasi in mano ai ribelli ".
LIBERO - Carlo Panella : " Prima di cadere Gheddafi farà una strage "
Carlo Panella
Aumentano i segnali che indicano che la rivolta in Libia avrà uno sviluppo ben diverso da quelle della Tunisia e dell’Egitto. Il regime di Muammar Gheddafi infatti è sempre più chiaramente intenzionato a innescare una vera e propria guerra civile, contrapponendo alle manifestazioni di protesta non solo reparti fedeli dell’esercito, ma anche la mobilitazione dei Consigli Rivoluzionari che - a quanto risulta, salvo verifica - hanno una discreta capacità di mobilitazione quantomeno in Tripolitania a sostegno del regime. Le notizie più preoccupanti, oltre a quelle dei morti (una trentina o forse una cinquantina) dicono che il colonnello Gheddafi avrebbe ieri percorso le strade di Tripoli per galvanizzare i manifestanti a suo favore, dando il chiaro segnale di tentare una mobilitazione popolare che contrasti le manifestazioni di protesta, tanto che a darne conto è l’agenzia ufficiale di stampa Jana. Ancora più preoccupante la notizia che il figlio di Gheddafi, Hamis, ha tentato di occupare manu militari Bengasi, epicentro della rivolta che al momento riguarda essenzialmente la Cirenaica (in Tripolitania si sono mobilitate solo Tobruk e al Marj). Il sanguinario figlio Hamis La brutalità e le modalità adoperate dai reparti guidati da Hamis avrebbero scioccato le regolari forze di sicurezza locali, che si sarebbero schierate con i manifestanti, ingaggiando uno scontro e spingendo le forze fedeli a Gheddafi fuori città. Anche El Beida (in cui si sono contati 14 morti giovedì) è stata assediata da un battaglione dei reparti comandati da Hamis. A completare il quadro, un minaccioso proclama dei Comitati rivoluzionari libici che minaccia «una risposta affilata e violenta agli avventurieri che manifestano contro il regime: la risposta del popolo e delle forze rivoluzionarie a questi gruppuscoli sarà affilata e violenta; il potere del popolo, la Giamahiria, la Rivoluzione e il leader sono tutte linee rosse e chi cerca di superarle o di avvicinarle gioca con il fuoco e compie un suicidio ». Intanto, è stata rinviata sine die la riunione del Parlamento in cui secondo Quirina, il giornale di un altro figlio di Gheddafi, Seif al Islam, attestato su pur prudenti posizioni di fronda e fautore di profonde riforme, avrebbero dovuto essere dimessi e sostituiti i vertici del governo di Al Baghdadi Al Mahmoudi, leader dello schieramento conservatore. Soldati asserviti al potere di Tripoli Il quadro della crisi libica è dunque complesso e non chiaro e solo nei prossimi giorni si potrà vedere quale sia l’evoluzione dei rapporti di forza. Certo è che l’esercito libico ha caratteristiche ben diverse da quello tunisino ed egiziano, là dove i generali si sono rifiutati di far sparare sui dimostranti e che addirittura sono stati invocati dalle piazze in rivolta affinchè costringessero - come hanno poi fatto - i due raìs alla fuga, diventando garanti della transizione alla democrazia. L’esercito libico è formato da quadri che hanno combattuto molte guerre in Africa, a iniziare da quella tragica nel confinante Ciad, agisce di concerto con Servizi Segreti che hanno tentato (ma spesso fallito) putsch in molti Paesi africani (persino nelle Seychelles) e pare - di nuovo, salvo conferma - sostanzialmente fedele alla linea di comando del più longevo dittatore africano, al potere da ben 42 anni. Gheddafi pare dunque avere la possibilità concreta di tentare allo stesso tempo la carta della repressione violenta su grande scala e la mobilitazione di una non piccola area di consenso tra quella parte della popolazione che in questi anni ha goduto del Welfare e delle prebende prodotte dalla manna petrolifera.
CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " La Libia è in fiamme. Oltre 40 i morti Bengasi in mano ai ribelli "
Muhammar Gheddafi
Bengasi è in mano ai ribelli, la Cirenaica intera è insorta, in Libia l’emergenza è altissima come mai era stata nei 41 anni di potere assoluto di Muammar Gheddafi. E mentre i morti aumentano, almeno una quarantina, l’ipotesi che il Colonnello possa seguire le sorti di Ben Ali e Mubarak non è più surreale. Ma il rischio che per sedare l’intifada si arrivi a una repressione ancor più brutale sta intanto crescendo. Difficile avere notizie precise da un Paese privo di media che non siano di Stato, del tutto blindato a quelli stranieri, senza società civile. Ma dal network dei dissidenti creato su Internet, Twitter, in contatto con le tv arabe e gli esuli sempre più attivi trapelano sviluppi drammatici. A Bengasi, seconda città del Paese e da sempre ribelle, i funerali ieri di 13 vittime del giorno prima, tutte morte per colpi di armi da fuoco, sono stati seguiti da decine di migliaia di persone, gli avvocati continuavano intanto il sit-in di fronte al tribunale. Poi sono ricominciati gli scontri: i primi erano stati mercoledì, giovedì erano proseguiti nel «Giorno della Rabbia» . Ieri la sede della radio e tv è stata assaltata e conquistata, in parte bruciata. Dai microfoni sono arrivati i primi messaggi: «Il mondo ci aiuti contro il criminale Gheddafi e i suoi mercenari» , ha detto una voce, accennando alle «truppe» africane che non parlano arabo mandate in città con i soldati. «Questa è una rivoluzione araba, non solo libica» , ha continuato. Alcuni carri armati sono stati attaccati, gli equipaggi sconfitti. Nel carcere di Kufeiya, alla periferia, una rivolta ha portato alla fuga di mille e più detenuti, sei sono stati poi trovati morti. «Tutte le grandi rivolte in Libia sono iniziate in questa città, che ormai mi risulta completamente in mano agli insorti come l’intero Est del Paese— dice al Corriere nella notte da Beirut Mahmoud Shammam, esule libico, direttore di Foreign Policy in arabo ed ex capo di Newsweek in arabo —. E’ la classica Intifada contro la corruzione, la repressione, la miseria di un Paese che ha il 30%di disoccupati nonostante il petrolio, senza futuro né libertà. Tutte le tribù sono contro Gheddafi, e islamisti, marxisti o filo-americani non c’entrano. E’ la nuova classe media che chiede un Paese migliore come in Egitto e in Tunisia» . Il bollettino di guerra intanto si allunga. A Tobruk, verso l’Egitto, le sedi del potere sono state distrutte e date alle fiamme, demolito un enorme monumento al Libro Verde del Colonnello. «Il regime non controlla più niente nemmeno a Igdabie» , ha dichiarato l’attivista Ikraim Ziad. Sotto controllo dei manifestanti è Derna, gli edifici pubblici incendiati, i poliziotti scappati sui tetti, uno salvato in extremis dal linciaggio. A Cirene l’aeroporto è stato occupato, impossibile atterrare per le truppe mandate dalla capitale. Perfino Beida nelle ultime ore sarebbe stata liberata: era rimasta isolata per due giorni, occupata dalle forze speciali al comando di Khamis Gheddafi. Con Bengasi è qui che ci sono stati più morti, anche tra le forze dell’ordine: due poliziotti ieri sono stati impiccati dalla popolazione. I media di Stato intanto ignorano o minimizzano quanto sta accadendo, a Tripoli il regime palesa dimostrazioni di sostegno. «Ma Gheddafi in passato portava folle oceaniche in piazza per lui, ora poche centinaia — continua Shammam —. E’ in difficoltà e può certo cadere, ma è un pazzo disposto a tutto perché non succeda. Temo un massacro, a meno che anche l’Ovest si sollevi, e la comunità internazionale, Italia in primis, smetta di farsi comprare dal nostro denaro che lui solo amministra e dispensa» .
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