Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 02/02/2011, a pag. 5, l'intervista di Francesca Paci a Tariq Ramadan dal titolo " È crollata una fortezza. Adesso tutto è possibile ". Dall'UNITA', a pag. 28, l'intervista di Robert Fisk a Mohamed el Baradei dal titolo " Se i concittadini uniti me lo chiedono sarò il loro presidente ".
Ecco i pezzi:
La STAMPA - Francesca Paci : " È crollata una fortezza. Adesso tutto è possibile "
Non poteva mancare un'intervista a Tariq Ramadan, nipote di Mohamed al Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani.
Quando Pacigli chiede se ci sia un rischio islamismo per l'Egitto, lui risponde : "La paura deriva dalla propaganda israeliana che è la stessa usata dal regime di Mubarak quando si giustificava sventolando la minaccia dei fondamentalisti.". Il rischio islamismo non ci sarebbe, i Fratelli Musulmani fondamentalisti? Ma quando mai. Che importa se nelle loro dichiarazioni ufficiali sostengono di voler instaurare un governo conforme alla sharia. La colpa è comunque sempre di Israele.
Ecco l'intervista:

Tariq Ramadan
Tariq Ramadan è un habitué della provocazione. Ma neppure il più amatoodiato intellettuale musulmano d’Europa, autore di saggi come La riforma radicale. Islam, etica e liberazione (Rizzoli) e nipote del fondatore di Fratelli Musulmani, poteva ipotizzare gli eventi in corso. Li segue avidamente. La protesta egiziana non si ferma. Come evolverà? «È la rivoluzione, un punto di non ritorno. Dopo la Tunisia gli analisti erano in allerta, sapevano che l’Egitto aveva caratteristiche simili: corruzione, disoccupazione, mancanza di libertà. Ma se allora mi avessero detto che sarebbe andata esattamente così avrei detto no, l’Egitto è un paese talmente strategico. Invece è emerso un movimento popolare di massa che non risponde a partiti politici né a guide religiose».
Chi guiderà l’opposizione? «Al momento non c’è una leadership. Ci sono tre grandi forze, i Fratelli Musulmani le sinistre laiche e l’associazione Kefaya, ma tutta questa gente è accomunata solo dalla volontà di cacciare Mubarak. Prima o poi qualcuno dovrà prendere in mano le redini politiche e l’Occidente sta tentando di dire la sua. È possibile che sia qualcuno dell’esercito a guidare la transizione». I Fratelli Musulmani orienteranno la protesta in direzione islamista, come si teme? «La paura deriva dalla propaganda israeliana che è la stessa usata dal regime di Mubarak quando si giustificava sventolando la minaccia dei fondamentalisti. Peccato che non ci siano islamisti alla guida del movimento in piazza in questi giorni. Non so quale sarà la strategia dei Fratelli Musulmani, per ora provano a mantenere un basso profilo anche sostenendo El Baradei che però, dal canto suo, non ha il sostegno del popolo». Ecco il punto: i Fratelli Musulmani sono la più popolare forza dell’opposizione. «Demonizzare è una strada chiusa, dobbiamo chiederci senza pregiudizi: siamo per la democrazia o no? Gli islamisti non sono tutti uguali. Tra i Fratelli Musulmani c’è un grande gap tra le vecchie generazioni più tradizionaliste e legate all’Arabia Saudita e le nuove che guardano alla Turchia. I Fratelli sono in evoluzione da anni, è giusto far loro pressione su molte questioni tipo quella delle donne ma è anche ora di dare una chance alla democrazia, la repressione non funziona».
A quale paese toccherà ora? «Hanno tutti paura. Yemen, Mauritania, Algeria, Siria, il re giordano ha cambiato il governo. Dopo la Tunisia si poteva dubitare dell’effetto domino ma caduto l’Egitto no, ora può accadere ovunque. Perfino in Arabia Saudita. Se saltassela Giordania sarebbe un terremoto. Seguiamo l’Egitto, la situazione è fluida e non è detto che rimosso Mubarak arrivi subito la democrazia».
Salterà la pace con Israele? «La pace dipende da chi guiderà il nuovo Egitto. Comunque il supporto unilaterale alla pace con Israele non può essere dato per garantito».
L'UNITA' - Robert Fisk : " Se i concittadini uniti me lo chiedono sarò il loro presidente "
Le domande sono di Robert Fisk, ma avrebbe potuto scriverle lo stesso el Baradei, tanto gli sono comode.
Tutto miele su Fratelli Musulmani, su el Baradei, Premio Nobel per la pace (come il mai abbastanza compianto Yasser Arafat). Ostilità contro Israele.
Fisk si guarda bene dal far notare che el Baradei è stato uno dei principali fautori del nucleare iraniano (a scopo civile, secondo lui) quando era presidente dell'AIEA. Tutto dimenticato. Basta affossare Mubarak e diffondere propaganda contro Israele, la solita alla quale i lettori dell'Unità sono assuefatti, ormai, grazie a Udg, Pino Arlcchi, Robert Fisk.
Ecco l'intervista:


Robert Fisk, Mohamed el Baradei
Chi è l'uomo del momento? Ovviamente Mohammed El Baradei. Ma dubito che sia anche l'uomo del popolo. D'altro canto non pretende di esserlo e mentre se ne sta comodamente seduto sulla sdraia nel suo giardino accanto ad una piscina di un azzurro carico, ma alquanto piccola, sembra —grazie anche al cappellino da base-- ball _ piuttosto un topolino dall'aria amichevole e con gli occhiali. Non credo gradirebbe questa descrizione, ma bisogni aggiungere che, a mio giudizio, è un topolino dai dentini molto aguzzi. - È quasi un divertimenti fare le pulci ai topi più grandi che lavorano alla Casa Bianca e al Dipartimento di Stato. «Ricorda che il secondo giorno il solo commento che abbiamo sentito era che "stavano controllando la situazione"? Il secondo giorno Hillary Clinton ha detto: "a nostro giudizio la situazione è stabile". Poi la stessa Hillary Clinton ha detto: "Sono 30 anni che sollecitiamo il presidente egiziano Mubarak a cambiare strada" Come diamine gli si può ancora chiedere di varare delle riforme democratiche? Hillary Clinton ha anche parlato delle "legittime aspirazioni del popolo egiziano" e ora parlano di "transizione senza scosse".... Credo sappiano che Mubarak ha i giorni contati». Senza alcuna provocazione da parte mia El Baradei — Nobel per la pace, ex ispettore nucleare dell'Onu, etc. etc. — lancia una frecciata al primo ministro britannico. «Ho sentito Cameron dire che la democrazia non si risolve nelle elezioni, ma è un edificio che va costruito mattone su mattone. Beh, lo sanno tutti. Ma come si possono mettere insieme i mattoni della giustizia, della società civile e via dicendo in una dittatura? La società civile o c'è o non c'è». A volte El Baradei sembra troppo speranzoso. Concorda sul fatto che i migliori leader politici egiziani sono stati esiliati. In occasione di una con- Denuncia «Pare ci siano documenti che provano la partecipazione di alcuni poliziotti ai saccheggi» ferenza da lui tenuta recentemente a Harvard ha trovato i nomi di 15 egiziani nel consiglio di amministrazione della prestigiosa Università. «Se tornate in patria, ho detto loro, potete governare l'Egitto». Ma non è così semplice. El Baradei ammette: «È una vecchia storia arrivata all'ultimo capitolo. Mubarak — dicono è amico di Israele e un cambiamento potrebbe portare ad un governo ostile ad Israele e ad un regime teocratico come quello dell'Iran. Ma questa, a mio parere, è fantapolitica. Bisogna liberarsi della fantapolitica sulla "Fratellanza Musulmana" e dell'automatica ostilità nei confronti di Israele. È un dato di fatto che una pace duratura è possibile solamente tra democrazie e non tra dittatori e se vogliamo una pace duratura dobbiamo capire che lo stato d'animo della gente non cambia a seconda che l'Egitto sia una dittatura o una democrazia». Si dice convinto che Mubarak se ne andrà. Aggiunge anche che, secondo lui, l'esercito egiziano non scenderà in campo contro il popolo egiziano, la qual cosa è tutt'altro che certa. Sospetto che, come me, El Baradei non sia un appassionato di eserciti. «Penso che alla fine l'esercito egiziano si schiererà con il popolo. E una semplice questione di buon senso quando si vedono due milioni di egiziani in piazza che rappresentano _85 'Milioni di egiziani che odiano Múbàrak e che vogliono mandarlo via. L'esercito fa parte del popolo. E alla fine della giornata, quando i soldati si tolgono. la divisa, ritornano comuni cittadini con gli stessi problemi, la stessa frustrazione, la stessa impossibilità di condurre una vita decorosa. Per questo_non credo che spareranno ai loro connazionali. Per proteggere cosa?». Quando l'Egitto perse la guerra del 1967, El Baradei scrisse che "un soldato combatte per difendere qualcosa cui tiene. Ma nella guerra del 1967 per cosa combattevano i soldati egiziani? Non avevano uno scopo e per questo furonó sconfitti". Nasser— questo è il giudizio di El Baradei — è stato il peggiore dei dittatori egiziani, "ha nazionalizzato persino i negozi di frutta e verdura", ma la dittatura in Egitto è arrivata fino ai giorni nostri. Qualche mese fa El Baradei non immaginava quello che sarebbe successo. «Ho raccontato a mio fratello che ero andato ad una veglia funebre e avevo osservato lo sguardo dei presenti. Era uno sguardo vuoto, morto. Erano anime morto Oggi guardo la gente e vedo che ha ripreso fiducia. Sono liberi. Era come una pentola a pressione». Parla di ipocrisia, di dittatura, di prevaricazioni criminali, dei comportamenti brutali dei servizi di sicurezza egiziani, della lealtà dell'esercito- egiziano al popolo alzando un po' il tono di voce. No, non vuole diventare presidente, ma quando gli chiedo se sarebbe disposto ad occupare la presidenza nella fase di transizione - fino a quando non si terranno nel Paese libere elezioni —mi arriva una risposta tradizionale. «Se gli egiziani dovessero essere tutti concordi nel ritenere che io possa svolgere un ruolo positivo...allora accetterei». Rimango un po' perplesso. «Le cose non cambieranno fin quando non verrà affrontata la questione palestinese, fin quando non si cambierà politica nella regione. È una situazione strana, c'è un rapporto -strano che chiamiamo pace; la realtà è che in Egitto non si può nemmeno pubblicare un libro israeliano e viceversa. Se si vuole veramente la pace, la pace duratura, la si può ottenere solo con la democrazia. Ma bisogna assumersi le proprie responsabilità, bisogna costruire un rapporto più equilibrato, in particolare per quanto riguarda la questione palestinese, l'Iraq, l'Iran e tutti gli altri temi caldi all'ordine del giorno. Solo così ci sarà un mondo arabo veramente amico dell'Occidente». -El Baradei è sorprendentemente mite quando parla di Mubarak uomo. Lo ha visto per l'ultima volta due anni fa. «Quando tornavo da una missione per l'Onu o da una vacanza lo andavo a trovare. Mi riceveva sempre in maniera molto amichevole. Era un rapporto estremamente cordiale. Era un rapporto solo tra lui e me e non c'erano formalismi. Era un rapporto alla pari. Gli dicevo cosa pensavo di questo o di quel problema e di cosa si poteva fare. Mubarak non ha consiglieri che hanno il fegato di dirgli la verità». E i consigli di. El Baradei sono sempre preziosi. È furibondo a causa degli incendi e dei saccheggi. Quando gli chiedo se la polizia segreta è responsabile degli incendi — che Mubarak, Obama e Hillary Clinton strumentalizzano per prendersela con quanti chiedono l'uscita di scena di Mubarak con la violenza — il topolino mostra i denti. «Ci sarebbero documenti ufficiali da cui risulta che alcuni poliziotti in borghese hanno appiccato incendi e saccheggiato. Tutti dicono che hanno ubbidito agli ordini del regime o del ministro dell'Interno. Se è vero, siamo in presenza di un Mubarak «Avevamo un rapporto personale amichevole Attorno a lui troppi consiglieri che non osavano dirgli la verità» comportamento criminale tra i più esecrabili. È una cosa che va verificata. Certo è che molte di queste bande di saccheggiatori sono composte da agenti della polizia segreta». E d'improvviso, alzando la voce, gli occhi che brillano dietro le lenti, il topolino diventa una tigre. «Se un regime ritira completamente la polizia dalla strade del Cado, se criminali comuni fanno parte dei servizi di sicurezza allo scopo di dare -la sensazione che senza Mubarak il Paese sprofonderebbe nel caos, vuol dire che siamo in presenza di comportamenti criminali. Qualcuno ne deve rispondere. E ora — come si sente nelle strade —la gente non si limita a chiedere à Mubarak di andarsene, chiede anche che venga processato. Se vuole salvare la pelle farà bene ad andarsene». Dio mio, i denti sono veramente aguzzi!
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