Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Libano: qual è l'obiettivo di Hezbollah ? Israele controlla i confini Cronache e commenti di Giordano Stabile, redazione della Stampa, Antonio Ferrari
Testata:La Stampa - Corriere della Sera Autore: Giordano Stabile - La Redazione della Stampa - Antonio Ferrari Titolo: «Quali sono i piani di Hezbollah? - Israele: teniamo d’occhio la situzione al confine Sud - L’incubo di una nuova guerra civile fa tremare Beirut e il Medio Oriente»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 14/01/2011, a pag. 80, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo " Quali sono i piani di Hezbollah? ", a pag. 12, la breve dal titolo " Israele: teniamo d’occhio la situzione al confine Sud ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 17, l'articolo di Antonio Ferrari dal titolo " L’incubo di una nuova guerra civile fa tremare Beirut e il Medio Oriente ". Ecco i pezzi:
La STAMPA - Giordano Stabile : " Quali sono i piani di Hezbollah? "
Hezbollah
Hezbollah ha ritirato i suoi ministri facendo cadere il governo libanese. Che cos’è Hezbollah: un partito o un’organizzazione terroristica?
Hezbollah è un partito politico libanese (letteralmente «Partito di Dio») di ispirazione musulmana sciita, con un’ala militante armata. Gli Stati Uniti lo hanno incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche. Il movimento fornisce anche prestazioni sociali, come scuole, sanità, aiuti agli agricoltori, alla popolazione sciita del Libano. L’ala militare ha conquistato ampio seguito in tutto il Libano dopo la guerra con Israele nel Sud del Paese, nell’estate del 2006, quando i suoi miliziani tennero testa al potente esercito israeliano. Nel 2008 i guerriglieri conquistarono la parte ovest (sciita) della capitale Beirut e imposero le loro condizioni al governo libanese. Il consenso a quel punto è calato. Alle ultime elezioni, nel giugno 2009, Hezbollah ha conquistato soltanto 13 seggi su 120. È entrato nel governo di unità nazionale, con due ministri, ma lo ha abbandonato nei giorni scorsi.
Quando è nato Hezbollah?
Hezbollah è stato fondato nel 1982, dopo l’invasione israeliana del Libano, inglobando gruppi di resistenza come la Jihad islamica. La fonte di ispirazione era la rivoluzione degli ayatollah iraniani (anche loro sciiti). Il gruppo ha sempre ricevuto assistenza e addestramento dalla Repubblica islamica di Teheran.
Chi sono i suoi leader?
La guida spirituale e ideologica era lo sceicco Mohammed Hussein Fadlallah, morto nel luglio dell’anno scorso all’età di 75 anni. Non ha ancora un chiaro erede e la scelta determinerà la direzione del gruppo nei prossimi anni. Fadlallah agiva in relativa autonomia rispetto a Teheran, aveva una linea più liberale in economia e per alcuni diritti civili, e si è permesso anche di criticare il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad per il suo «eccessivo potere». La scelta di un successore più allineato all'Iran porterebbe a una radicalizzazione del movimento. Il leader politico è invece Hassan Nasrallah, già comandante militare. Ha studiato in una scuola teologica in Iran ed è stato spalleggiato nella sua ascesa negli anni Ottanta dall’ayatollah Ruhollah Khomeini.
I capi sono coinvolti in azioni terroristiche?
L’Intelligence occidentale considera Imad Fayez Mughniyah - ucciso nel febbraio del 2008 in un attentato a Damasco (secondo i siriani e i libanesi sciiti organizzato dal Mossad israeliano) - come la mente di una serie di operazioni terroristiche. Mughniyah, già militante di Al Fatah si unì ad Hezbollah all’inizio degli anni Ottanta. Le più importanti azioni terroristiche attribuite a Hezbollah sono gli assalti con camion-bomba alle caserme americana e francese a Beirut nel 1983, il dirottamento del volo 847 della Twa nel 1985, gli attentati contro l’ambasciata e un centro culturale israeliano in Argentina nel 1992 e 1994.
Quale forza militare possiede oggi Hezbollah?
L’Intelligence americana stima in circa diecimila i militanti e i guerriglieri addestrati. Dispongono di circa 40 mila armi leggere, migliaia di razzi anti-carro, missili terra-aria, alcuni missili anti-nave. Nel novembre 2009 gli israeliani hanno intercettato una nave carica di armi che, secondo Gerusalemme, provenivano dall’Iran. I servizi americani e israeliani, nell’aprile dell’anno scorso, hanno accusato la Siria di aver fornito missili Scud al movimento sciita. Wikileaks ha resi noti, la scorsa settimana, alcuni cablogrammi del Dipartimento di Stato americano, che attribuiscono a Hezbollah il possesso di modernissimi missili anti-aerei.
Hezbollah, è attivo solo in Libano?
Qual è la sua roccaforte?
Hezbollah opera nelle zone a maggioranza sciita del Libano: Beirut ovest, il sud del Paese, la valle della Bekaa. Secondo l’Intelligence occidentale ha cellule anche in Europa, in Sud America e in Nord America.
Qual è il suo ruolo nella politica libanese?
Tra il 2006 e il 2008 il suo ruolo è cresciuto enormemente. Hezbollah ha di fatto il diritto di veto su ogni decisione in merito al futuro del Libano, perché unisce una forza militare praticamente superiore a quella dell’esercito nazionale a un ampio consenso nella popolazione sciita.
Il Libano sarà dominato dal Partito di Dio?
L’aver ottenuto, con gli alleati, 11 dei 30 ministeri nell’ultimo governo gli ha dato a Hezbollah anche il potere di costringere l’esecutivo alle dimissioni in blocco, come è avvenuto due giorni fa. Ma i consensi elettorali sono calati nelle ultime consultazioni e sui suoi leader pende una probabile incriminazione da parte del tribunale dell’Onu che indaga sull’uccisione del premier Rafiq Hariri nel 2005. Se venisse dimostrato il loro coinvolgimento, la perdita di consensi e stima sarebbe probabilmente enorme.
La STAMPA - " Israele: teniamo d’occhio la situzione al confine Sud "
Yigal Palmor, portavoce del ministro degli Esteri
Israele «segue attentamente gli sviluppi della crisi di governo in Libano, che è però un affare interno di quel paese»: lo ha dichiarato il portavoce del ministero degli esteri Ygal Palmor, che non voluto andare oltre questo laconico commento. La stampa israeliana cita fonti negli ambienti della Difesa, a giudizio delle quali i prossimi giorni saranno cruciali per il Libano. Gli sviluppi della situazione in questo paese, hanno aggiunto, potrebbero avere riflessi sull’intero Medio Oriente. Queste fonti al tempo stesso affermano che la situazione lungo il confine israelo-libanese resta al momento calma e non si intravvedono segnali che possano indicare una prossima svolta per il peggio. Per questo motivo, secondo queste fonti, le forze armate israeliane non hanno alterato, almeno per il momento, il loro spiegamento lungo il confine.
CORRIERE della SERA - Antonio Ferrari : " L’incubo di una nuova guerra civile fa tremare Beirut e il Medio Oriente "
Hassan Nasrallah con Saad Hariri
Che il Libano fosse sull’orlo del baratro era chiaro da mesi. A Beirut la gente già si stava abbandonando ai ben conosciuti incubi della guerra civile, preparandosi alla spallata: cioè l'uscita dall’esecutivo degli undici ministri di Hezbollah e le conseguenti dimissioni del governo. Il momento è arrivato quando il premier Saad Hariri è partito per Washington e ha incontrato il suo alleato più importante, il presidente Usa Barack Obama. A quel punto la coalizione di governo si è sfaldata. Motivo? Semplicissimo. Hariri si era rifiutato di cedere (a priori) a un ricatto. Non riconoscere la decisione del tribunale voluto dall’Onu, che sta per rendere pubbliche le sue accuse nei confronti dei presunti responsabili della strage di San Valentino (14 febbraio 2005), quando furono annientate 22 persone. Un massacro che aveva come obiettivo l’assassinio dell’ex premier Rafik Hariri, che era il padre dell’attuale primo ministro dimissionario. Il problema è che i giudici sarebbero giunti alla conclusione che i responsabili della strage appartengono ai vertici dell’Hezbollah. Un’accusa che il leader del «partito di Dio» Hassan Nasrallah ritiene «infamante» . Non soltanto la respinge, ma dice che è frutto di un complotto «sionista e americano» . Quindi, a scopo preventivo, via dal governo e via alla campagna propagandistica che rischia di creare le condizioni di un nuovo bagno di sangue. In questa drammatica vicenda è coinvolto mezzo mondo: non soltanto la Repubblica dei cedri, la Siria (che in un primo tempo era stata indicata come la mente organizzativa della strage), l’Iran che sostiene Hezbollah, l’Arabia Saudita (Damasco e Riad si erano alleate per allentare la tensione), Israele che vigila sulla sua frontiera nord, tutti i Paesi della regione che temono un effetto domino; naturalmente gli Stati Uniti, ovviamente la Francia che del Libano si ritiene la madrina, e persino l’Italia. Anzi, l’Italia ha un ruolo tra i più importanti: perché abbiamo un contingente militare nel sud del Libano, sotto la bandiera dell'Onu, ma soprattutto perché il presidente del Tribunale internazionale che indaga sulla strage è un italiano, Antonio Cassese. Giudice di chiara fama e assai stimato, al quale spetta un compito proibitivo: dalla decisione dipende infatti quel che accadrà in Libano. In verità l'annuncio dei nomi degli accusati era previsto prima di Natale. Ma ormai non si può più aspettare. «Chi è colpevole è giusto che paghi» , ha detto un preoccupatissimo Amr Moussa, segretario generale della Lega araba. Per contro, c'è il concreto rischio di un conflitto sanguinoso, perché l'Hezbollah in Libano è potentissimo e non intende recedere dalle sue posizioni intransigenti. Contando sul sostegno dell’altro grande partito sciita Amal (gli sciiti oggi sono la maggioranza relativa della popolazione), dei cristiani guidati dal generale Aoun, e di altri ex signori della guerra, come il leader druso Jumblatt, che cinque anni fa si schierò contro Siria e Hezbollah, ma poi è stato lasciato solo, e oggi è tornato fedele alla regola: «Se non riesci a sconfiggere l'avversario, alleati con lui» . È una corsa frenetica. Dopo Washington, Saad Hariri è arrivato a Parigi per vedere Sarkozy, e proseguirà per la Turchia dove lo attende il premier Erdogan, uno dei pochi leader della regione che ha la credibilità e il prestigio per tentare una mediazione. Il compromesso che alcuni cercano è di non fare subito un nuovo governo libanese. Senza un esecutivo che accetti o respinga l’annuncio del tribunale internazionale, l’impatto sarebbe minore. Ma si tratta di scenari di pura sopravvivenza.
Per inviare la propria opinion a Stampa e Corriere della Sera, cliccare sulle e-mail sottostanti