Il Papa, finalmente, ha scelto di far sentire la propria voce in difesa dei cristiani nei Paesi musulmani. La risposta durissima ricevuta dall'imam dell'università al Azhar, considerato un moderato, non è un buon segnale.
Stupisce la linea scelta dal Corriere della Sera. Fatta eccezione per i due articoli di Viviana Mazza che riportiamo in questa pagina, gli altri pezzi minimizzano la situazione. Antonio Ferrari sostiene (e non è ben chiaro come possa stare in piedi una tesi simile) che le dichiarazioni dell'imam di al Azhar siano positive e servano a smorzare il clima di scontro religioso che si sta creando. Sempre sul Corriere della Sera, Andrea Riccardi sostiene che sì, i cristiani vengono massacrati e il fatto è grave, ma che se questo succede in Iraq la colpa è di Bush e delle guerra contro Saddam. E' sempre colpa di Bush, e pazienza se il suo mai troppo osannato successore ha intensificato la guerra in un altro Paese islamico, l'Afghanistan e se le guerre in Iraq e Afghanistan non siano contro l'islam, ma contro il terrorismo islamico e siano volte proprio ad impedire l'estinzione dalla faccia della Terra dei non islamici. Nella gran parte dei Paesi musulmani questo progetto si sta realizzando, i cristiani fuggono o vengono massacrati. Con gli ebrei la cacciata era già avvenuta prima, a onor del vero nel silenzio più totale del Vaticano.

sangue nella chiesa copta di Alessandria d'Egitto
Riportiamo dalla STAMPA, a pag. 2, l'intervista di Maurizio Molinari a Fouad Ajami dal titolo " Queste violenze sono state tollerate da Mubarak ".
dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/01/2011, a pag. 5, gli articoli di Viviana Mazza titolati " A casa Fahim, famiglia copta borghese: Ogni giorno sentiamo l’odio che cresce " e " La rabbia dei cristiani: I nostri cuori in fiamme ". Ecco i pezzi:
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Queste violenze sono state tollerate da Mubarak "


Fouad Ajami, Maurizio Molinari
Il mondo arabo rischia di perdere la propria modernità»: di fronte alla brusca replica dell’imam della moschea di Al Azhar al Papa, Fouad Ajami, titolare degli studi sul Medio Oriente alla Johns Hopkins University e della task force sull’Islam alla Hoover Institution, vede il rischio di «precipitare nel buio».
Cosa la colpisce delle parole di Ahmed Al Tayyeb che ha definito «inaccettabile» la condanna del Papa per le violenze anti-copti?
«L’imam di Al Azhar anziché accusare il Papa dovrebbe difendere i copti. Parlo da musulmano. Per l’Egitto i copti sono i primi figli, erano loro a costituire la maggior parte della popolazione quando vi fu l’invasione musulmana del VII secolo e oggi sono almeno 8 milioni, il 10 per cento della popolazione. Per questo l’Egitto è sempre stato secolare».
Cosa c’è alla base delle aggressioni contro i copti?
«Il fatto che lo Stato secolare non è stato difeso dal presidente Hosni Mubarak, un dittatore che ha consentito le violenze contro i copti. Il risultato è che i fondamentalisti sunniti si sentono liberi di attaccarli come mai avvenuto».
Mubarak in realtà punta l’indice contro una «mano straniera»...
«Mubarak è ambiguo, la formula può far intendere Al Qaeda o il solito capro espiatorio israeliano. È possibile che vi sia lo zampino di Al Qaeda ma non è un fulmine a ciel sereno: da anni le violenze sui copti si moltiplicano, loro chiedono la sorveglianza delle chiese e il governo neanche gli risponde».
Vede un legame fra le stragi di Alessandria e Baghdad?
«Certo, bisogna leggere lo studio di Habib Malek della Hoover Institution per comprendere quanto sta avvenendo: cento anni fa i cristiani inventarono il nazionalismo arabo ed ora, su quelle stesse terre, vengono perseguitati».
Quali sono le conseguenze?
«Se l’Egitto perdesse i cristiani rinuncerebbe alla modernità. L’Iraq senza i cristiani non potrebbe completare la difficile rinascita. In questi Paesi i cristiani sono gli abitanti originari, i musulmani arrivarono in seguito. Certo, anche i copti sbagliano quando alcuni sacerdoti definiscono “ospiti” i musulmani. Ma tocca ai leader arabi preservare la modernità dei loro Stati, già indebolita dalle espulsioni di ebrei e europei».
Quale sarà l’impatto dell’imminente referendum per il distacco del Sudan meridionale da Khartum?
«Gli islamisti lo considerano un tradimento perché si tratta dei cristiani che abbandonano i musulmani invertendo l’islamizzazione del VII secolo. C’è un legame fra quanto avviene in Egitto, Iraq e Sudan. È un’ondata di fondamentalismo che punta ad azzerare i cristiani in Medio Oriente e Nord Africa».
Cosa devono fare i cristiani perseguitati?
«Resistere e non andarsene. Devono battersi per il rispetto dei loro diritti, dei principi che hanno contribuito a creare».
Chi può aiutarli?
«Benedetto XVI. Se per Giovanni Paolo II la missione fu liberare l’Est europeo dall’oppressione del comunismo per Benedetto XVI è adesso salvare i cristiani nel mondo arabo. A mio avviso il Papa lo ha compreso ma a volte sembra esitare. Forse c’è chi lo frena. Ma non deve avere remore. Deve essere forte e coraggioso nella difesa dei figli primogeniti delle terre arabe».
CORRIERE della SERA - Viviana Mazza : " A casa Fahim, famiglia copta borghese: Ogni giorno sentiamo l’odio che cresce "

I Fahim sono una famiglia copta egiziana. «Una tipica famiglia borghese» , dice Joseph, 28 anni, al telefono dal Cairo. «E viviamo in un tipico quartiere borghese» : Heliopolis, dove sta pure il presidente Mubarak. «In realtà è un quartiere misto, come molti altri, popolato da ricchi, poveri e poverissimi; da famiglie cristiane copte e cattolici, insieme alla maggioranza musulmana» . Heliopolis non è stato toccato dagli scontri, che coinvolgono spesso i copti di zone popolari come Shobra, o come Omraneyya a Giza lo scorso novembre. Ma non significa che le famiglie benestanti siano immuni alle discriminazioni o all’odio interconfessionale, dice Joseph. Suo padre, Fayek Fahim, era l’avvocato della Chiesa copta ortodossa. «Era il secondo uomo più influente nella Chiesa dopo papa Shenuda III» , afferma il figlio, «oltre che il suo migliore amico» . «Andavamo a messa ogni settimana, tra l’altro la frequentazione della Chiesa è altissima tra i copti, e la maggioranza dei miei amici erano cristiani» . Nove anni fa Fayek ha avuto un ictus che lo ha paralizzato ed è morto pochi mesi dopo. Molti «amici» copti, che in passato «lo avevano tempestato di telefonate e riempito di regali» , si dileguarono, racconta Joseph, che da allora insieme alla sorella Angie, 31 anni, ha rotto i rapporti con la Chiesa. La madre Amany, 64 anni, continua a frequentarla. «Lei è più brava a perdonare» , spiega il figlio. «Non condanno l’intera istituzione— aggiunge —. La Chiesa lavora bene per i poveri, che ne hanno davvero bisogno, per il sostegno non solo economico ma anche emotivo. Ma allo stesso tempo è diventata corrotta e il più grosso problema per me è che sostiene ancora il regime che pure è responsabile di questo massacro, non avendo fatto abbastanza per proteggere la comunità» . Sua sorella Angie ha lasciato l’Egitto otto anni fa. Vive in California, con gli zii. Fa la stilista e la personal shopper a 100 dollari l’ora. «Io e mio fratello abbiamo studiato in una scuola cattolica. C’erano anche musulmani, ma lì non vedi la discriminazione. Poi sono andata all’università statale e mi si sono aperti gli occhi: "O mio Dio, succede davvero". C’è chi non ti stringe la mano perché indossi il crocifisso, non puoi metterti una maglietta senza maniche perché ti insultano, e solo quando sei tra gente dei ceti più alti, che siano cristiani o musulmani, va bene. Non volevo crescere dei figli in una società simile» . La madre Amany, ora che è in pensione e cammina con difficoltà, sta spesso in casa e segue la messa e altri programmi sui canali copti. «Ne guarda religiosamente quattro, ogni giorno» , spiega il figlio. Sempre più spesso Amany trascorre diversi mesi dell’anno in America. Quasi tutta la famiglia infatti è emigrata dall’Egitto negli anni 60 a causa di discriminazioni sul lavoro. Lei lavorava nell’amministrazione all’università, si vide negare una promozione che le spettava ma la ottenne alla fine grazie ai contatti del marito. Joseph — Joe per gli amici, Joe Kubrick su Twitter— è il critico cinematografico e redattore capo delle pagine della Cultura del quotidiano Daily News Egypt, unico copto. «Personalmente non ho subito discriminazioni -dice -. Sono più ridotte rispetto agli anni 60 e 80 ma ci sono tuttora, anche se dipende dalla classe sociale e da dove lavori» . La tensione è altissima tra i poveri e dove c’è minore integrazione tra comunità. Ma vede l’odio religioso diffondersi anche nel ceto medio. Oggi ha più amici musulmani che cristiani, ma molti coetanei copti non hanno contatti fuori dalla comunità. «La cosa peggiore è che questa strage dà ai cristiani una ragione per odiare i musulmani» .
CORRIERE della SERA - Viviana Mazza : " La rabbia dei cristiani: I nostri cuori in fiamme "

Copti in Egitto
Lo schieramento di poliziotti in assetto antisommossa e di veicoli blindati intorno alla chiesa dei Santi di Alessandria d’Egitto era massiccio ieri, ma i fedeli copti erano furiosi. Quella protezione l’avrebbero voluta prima e non dopo l’attentato di Capodanno che è costato la vita a 22 persone (uno dei feriti gravi è morto ieri notte). In almeno tre città egiziane— Alessandria, Cairo e Assiut — i cristiani sono scesi in strada per protestare contro il governo. E la polizia è massicciamente intervenuta a disperderli. Nella chiesa attaccata (da un kamikaze, secondo le autorità) allo scoccare del nuovo anno, dove il pavimento era ancora macchiato di sangue e il portone rotto dall’impatto dell’esplosione avvenuta all’entrata, si celebrava ieri mattina la messa per commemorare le vittime. Le donne gridavano: «Dio vendichi i nostri martiri, Dio bruci i loro cuori» . I giovani impedivano agli addetti di ripulire la facciata: «E’ sangue puro, lasciatelo» . Niente omelia, padre Maqar ha espresso il suo dolore con il silenzio. Ha invitato poi i fedeli a «pregare e pregare per alleviare l’agonia» . Ma vicino alla chiesa duecento cristiani — circondati dalla polizia— cantavano: «Non resteremo zitti. Mubarak, i cuori dei copti sono in fiamme» . La rabbia si indirizza soprattutto contro il presidente, che alla luce dell’attentato dello scorso 31 ottobre contro una cattedrale di Bagdad e le minacce di un gruppo iracheno legato ad Al Qaeda di colpire anche le chiese copte, aveva promesso protezione ai cristiani. Ai funerali in un monastero fuori Alessandria, le famiglie e i presenti hanno urlato «No, no, no» alle comunicazioni delle condoglianze del raìs. Al Cairo migliaia di copti, provenienti dal quartiere popolare a maggioranza cristiana di Shobra e da altre zone, hanno occupato la strada lungo il Nilo per un chilometro, ingaggiando scontri con la polizia e cercando di sfondare il cordone di agenti davanti al ministero degli Esteri. Gridavano slogan contro «la carenza di polizia» , appelli alla «vendetta» e all’ «uguaglianza con i musulmani» . Sono stati dispersi a manganellate; almeno dieci i feriti. Alcuni hanno tentato di dare l'assalto all’auto dell’imam di Al Azhar Ahmed al Tayeb— una delle massime autorità islamiche— che s’era recato a porgere le condoglianze al patriarca copto Shenuda III. Ad Assiut, nel sud dell’Egitto, hanno protestato 2000 cristiani. E la stampa egiziana paventa il rischio di una guerra civile religiosa, mentre il governo chiede di ribadire nelle scuole l’unità nazionale. Se inizialmente Mubarak aveva individuato «mani straniere» dietro l’attentato e il governatore di Alessandria aveva accusato Al Qaeda, l’inchiesta segue ora la pista di un «gruppo radicale locale» . Si indaga sul possibile ruolo di estremisti islamici di Alessandria, dove ci sono gruppi salafiti la cui ideologia è simile ai qaedisti ma non invitano apertamente alla violenza. Un’ipotesi è che estremisti locali abbiano agito ispirati da (ma non sotto diretto comando di) Al Qaeda. Ma la polizia sta esaminando pure le liste di passeggeri giunti di recente in aereo dall’Iraq, in cerca di possibili finanziatori o organizzatori. Diciassette sospetti sono stati arrestati, 10 dei quali già liberati. Il patriarca copto ha esortato le autorità ad assicurare i responsabili alla giustizia per prevenire una maggiore «frustrazione» .
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