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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa-La Repubblica Rassegna Stampa
02.01.2011 Strage di cristiani, Bin Laden c'entra di sicuro. Solo lui ?
Articoli di Maurizio Molinari, Valeria Fraschetti, Giacomo Galeazzi

Testata:La Stampa-La Repubblica
Autore: Maurizio Molinari, Valeria Fraschetti, Giacomo Galeazzi
Titolo: «Un complotto di Al Qaeda per cancellare la croce-Centomila dollari per coplire i nemici, così Bin Laden paga i suoi killer-Ci massacrano ma il mondo guarda altrove»

L'attentato alla chiesa di Alessandria, è oggi, 02/01/2011, riportato da tutti i quotidiani. Riportiamo l'analisi di Maurizio Molinari dalla STAMPA, il servizio di valeria Fraschetti su REPUBBLICA, l'intervisa al cardinale Silvestrini di Giacomo Galeazzi,  entrambi preceduti  da un nostro commento.

La Stampa-Maurizio Molinari: " Un complotto di Al Qaeda per cancellare la croce"


L'attentato                    Maurizio Molinari

Hosni Mubarak vede una «mano straniera» dietro l’attentato di Alessandria e l’opinione prevalente a Washington è che si tratti della costola irachena di Al Qaeda che ha rivendicato il recente attacco alla chiesa di Baghdad e sarebbe anche dietro un piano per colpire la comunità arabocristiane in Canada.

La fazione jihadista su cui si concentrano i sospetti si chiama «Stato islamico in Iraq», venne fondata fra il 2006 e il 2007 da estremisti sunniti a Baghdad, ed ha rivendicato la strage di domenica 31 ottobre, quando otto kamikaze hanno fatto irruzione durante la messa nella chiesa «Nostra Signora della Salvezza» della capitale irachena innescando una strage che ha causato 68 vittime. Ciò che porta gli inquirenti egiziani e americani a guardare in questa direzione è il fatto che lo «Stato islamico in Iraq» rivendicò quell’attacco, e ne promise altri, in difesa di due donne copte egiziane impossibilitate a divorziare dai mariti - entrambi preti - pur avendo espresso il desiderio di convertirsi all’Islam. La vicenda di Wafaa Constantine e Camilla Shehaha, di 53 e 25 anni, è diventata negli ultimi due mesi il casus belli sulla base del quale la cellula di Al Qaeda lancia appelli online a colpire ovunque i cristiani. Poiché la fede copta impedisce il divorzio, l’unica possibilità per le due donne di lasciare i rispettivi mariti è il rifugio nell’Islam, ma il fatto che tale desiderio ancora non si sia materializzato viene considerato da «Stato islamico in Iraq» come la prova della «volontà dei copti di cristianizzare l’Egitto».

Il movimento salafita egiziano ha fatto propria tale campagna e per Hossam Abul Bukar, fondatore del sito KamiliaShehata.com, «oramai non è più un problema nostro ma dell’Islam». Proprio i salafiti avevano accusato il leader dei copti egiziani, Papa Shenuda III, di essere «un infedele» durante manifestazioni di piazza nelle quali sono stati alzati vessilli neri di Al Qaeda mentre sui muri di più località rurali sono apparse le scritte «Prima la gente del sabato e poi quella della domenica» richiamandosi alle persecuzioni contro gli ebrei avvenute negli Anni Sessanta come precedente a cui rifarsi contro i cristiani.

I miliziani di «Stato islamico in Iraq» assieme ai salafiti egiziani si profilano così come una rinnovata alleanza jihadista che punta su una campagna anticristiana con l’intento di ereditare l’efferato prestigio di «Al Qaeda in Mesopotamia», la precedente costola fondamentalista irachena sconfitta dal generale David Petraeus con la campagna militare nel Triangolo sunnita. Ad avvalorare la lettura di una campagna di attacchi è stato il presidente americano, Barack Obama, definendo l’attacco di Alessandria una «atto barbarico contro la vita umana» al pari di quanto avvenuto ad Abuja, in Nigeria, dove le vittime sono state 20. «I responsabili hanno voluto attaccare dei fedeli cristiani, devono risponderne alla giustizia» ha aggiunto Obama.

Ciò che preoccupa Il Cairo e Washington è la coincidenza fra l’offensiva anticristiana di Al Qaeda e l’imminente referendum in Sudan, che il 9 gennaio si avvia a sancire il distacco del Sud cristiano-animista dal Nord arabo-musulmano. Il timore è che le cellule islamiche in Egitto, Iraq e Somalia si stiano preparando a trasformare l’indipendenza del Sud nel catalizzatore di un’offensiva contro la «cristianizzazione delle terre del Profeta» come recitano alcuni messaggi online. Ad avvalorare tale scenario c’è quanto sta avvenendo a Karthum, dove il presidente Omar Al-Bashir ha promesso di reagire al distacco del Sud - dove si trova il 75 per cento delle risorse petrolifere nazionali - con una revisione della Costituzione per imporre la Sharia islamica come legge cancellando ogni riferimento alla multireligiosità dello Stato. Per i leader dell’opposizione «Bashir si prepara ad una svolta talebana» innescando conseguenze a pioggia, come ad esempio privare della cittadinanza i sudanesi del Sud residenti nel Nord con il relativo rischio di esporli al rischio di violenze etniche.

Ma non è tutto. Le minacce di Al Qaeda contro gli arabi cristiani sono arrivate anche in Nordamerica con la pubblicazione su un sito jihadista dei nomi di cento leader religiosi residenti in Canada definiti «cani diasporici da decapitare». Gli insulti si concentrano su Samuel Tawadrous sacerdote copto in Quebec, che parla di «minaccia alle nostre vite». Il tassello canadese dell’offensiva che ha visto i kamikaze in azione a Baghdad e l’autobomba insanguinare Alessandria rafforza la convinzione che il network di Al Qaeda stia giocando tutte le carte di cui dispone per innescare una caccia al cristiano su scala globale, al fine di rivendicare la purezza islamica delle terre che furono conquistate dal Profeta.

La Repubblica- Valeria Fraschetti: " Centomila dollari per coplire i nemici, così Bin Laden paga i suoi killer "

Dove prende i soldi ? Una domanda alla quale nessuno ha ancora risposto.
Troppo comodo ritenerlo l'unico responsabile del terrorismo islamico, non è credibile che dal suo nascondiglio riesca a dirigere, e soprattutto a finanziare, il terrorismo in tutto il mondo. L'islam comanda in Iran, in Turchia, In Siria, solo per fare alcuni nomi, tutti estranei ?
Ecco il pezzo:


Osama Bin Laden

Al Qaeda è organizzazione terroristica di parola. «D´ora in poi, tutti i centri della cristianità, organizzazioni e istituzioni, i leader religiosi e i loro seguaci sono bersagli legittimi dei mujahiddin, ovunque si trovino». L´avvertimento lo aveva lanciato il braccio iracheno del gruppo di Osama Bin Laden a novembre scorso, allo scadere dell´ultimatum in cui si intimava la chiesa copta egiziana di liberare due donne musulmane che, si accusava, sarebbero state rinchiuse in un monastero. Lo avevano poi ribadito il 22 dicembre, sempre dal sedicente ministero della Guerra dello "Stato islamico iracheno", con una email inviata direttamente all´arcivescovo di Krikuk: «Pagherete un prezzo altissimo». Detto, fatto: con brutalità qaedista; promessa mantenuta.
Le 21 vittime dell´attentato davanti alla chiesa copta ad Alessandria d´Egitto sono l´ultimo, sanguinoso prezzo fatto pagare dal jihadismo che si richiama ad Al Qaeda ai cristiani del Medio Oriente. Una comunità che numericamente si va assottigliando sempre più, dove per chi resta l´insicurezza è diventata compagna quotidiana. Soprattutto in Iraq: dove i suoi 400mila cristiani (erano 800mila solo nel 2003) hanno trascorso un Natale senza veglie, né rintocchi di campane per la paura di altre carneficine come quella del 31 ottobre, quando nella basilica siro-cattolica di Bagdad i terroristi fecero 44 morti. Tappati in casa e con le chiese pattugliate dalle forze di sicurezza garantite dal neogoverno Al Maliki, nella terra in cui il I secolo dopo Cristo arrivarono le prediche di San Tommaso le festività sono trascorse senza stragi, se si escludono i 14 attacchi dinamitardi (solo uno letale) contro abitazioni di fedeli cristiani. Diversamente da Bagdad, a Il Cairo non avevano forse dato il giusto peso alle minacce di Al Qaeda e al richiamo che potevano avere tra le frange dell´estremismo del Paese. Testimoni hanno raccontato che di fronte alla Chiesa dei Santi la sicurezza era pressoché assente. Eppure, al di là delle minacce, segnali di tensione tra le comunità copta e musulmana non mancavano. Solo poche settimane fa due fedeli copti erano stati uccisi a Giza e nel sud erano scoppiati violenti attacchi contro case e chiese in seguito alla scoperta di un amore tra un ragazzo copto e una giovane islamica.
Intanto, dai dispacci militari americani pubblicati da WikiLeaks e ripresi dall´Ansa, è emerso un vero e proprio tariffario delle reclute del jihadismo. Stando a un dispaccio inviato dall´Afghansitan il 16 agosto 2006 Osama bin Laden s´incontrava coi vertici dell´organizzazione, Mullah Omar compreso, «una volta al mese» per pianificare gli attacchi dei kamikaze, che all´epoca ricevevano dai 50.000 ai 100.000 dollari. Ma il «salario ordinario» poteva arrivare fino a «un milione di dollari» in caso di obiettivi difficili, come successe «all´attentatore che doveva uccidere Dostum (Abdul Rashid Dostum, signore della guerra uzbeko del Nord, ndr) a marzo 2006». Secondo un esperto di Ied, gli ordigni esplosivi artigianali che continuano a fare vittime tra le truppe Isaf, c´era chi poteva ricevere persino in regalo una donna in moglie dal capo di Al Qaeda in persona.
Le retribuzioni sono in linea con quelle offerte in passato da Saddam Hussein, che in tutto sborsò 10 milioni di dollari per finanziare le famiglie dei militanti palestinesi uccisi, e da Hezbollah, che secondo fonti israeliane nel 2005 aumentò da 25.000 a 100.000 dollari la ricompensa per un attentato suicida.
Non a caso nei documenti si parlò di attentato «a basso costo» quando, il 17 settembre 2009, a Kabul sei paracadutisti della Folgore vennero uccisi in un attacco che causò la morte di 20 civili. All´epoca il tariffario del soldato semplice Taliban era di 300-600 dollari al mese, che corrispondeva circa a quel che nel 2004, secondo i file di WikiLeaks, prendevano i membri dell´esercito del Mahdi per combattere in Iraq del Sud: quindi presumibilmente anche a Nassiriya contro gli italiani. Se e quanto sia costato il kamikaze di ieri di Alessandria d´Egitto, per ora, certo non è dato da sapere.

La Stampa-Giacomo Galeazzi: " Ci massacrano ma il mondo guarda altrove"


Achille Silvestrini            Giacomo Galeazzi

Grande esperto in diplomazia, il cardinale Achille Silvestrini, malgrado l'eta, è nato nel 1923, non può rammaricarsi di quanto accade oggi ai cristiani. La politica vaticana è sempre stata cauta e silenziosa nei confronti del mondo musulmano, arrivando addirittura spesso ad allearsi quando l'oggetto erano risoluzioni internazionali contro le modernità espresse dalle democrazie occidentali. Non può oggi lamentarsi dicendo che " il mondo guarda altrove". é lo stesso atteggiamento assunto dal Vaticano durante la Shoah, con la scusa che un intervento " avrebbe causato mali ancora maggiori".
Il mondo arabo-musulmano sembra godere di una particolare immunità,  gli atti criminali vengono compiuti nel nome di Allah, mentre  il mondo occidentale, non solo il Vaticano, si rifiuta di guardare in faccia la realtà.
Se lo facesse, anche il giudizio sul conflitto israelo-arabo dovrebbe cambiare radicalmente, forse sta in questa non scelta, condivisa dalla maggior parte dei mezzi di informazione, la ragione della "disattenzione" verso le stragi di cristiani che insanguinano le terre musulmane.
La chiesa si consola, come ha dichiarato Silvestrini: " offriamo l'altra guancia, il sangue dei martiri genera nuovi credenti", una dichiarazione colma di cinismo, non crediamo che i martiri, dalle reazioni verificatesi in Egitto, la condividano.
Ecco l'intervista:

Cardinale Achille Silvestrini (ex ministro degli Esteri vaticano e prefetto delle Chiese Orientali), è in atto una caccia mondiale ai cristiani? «Bisogna distinguere, nazione per nazione, gli attacchi ai discepoli di Gesù. La geopolitica delle persecuzioni è complessa. Nord Kivu, Pakistan, Iraq, Filippine, Nigeria, Terra Santa, Orissa, Cina. Totalitarismi e fondamentalisti cercano di soffocare la libertà dei credenti o di eliminare la presenza di altri gruppi religiosi dal “loro” territorio. In Egitto, dove a Capodanno è esplosa una tremenda furia distruttiva, vive la più importante comunità cristiana delle regione e una delle più antiche. I copti, in maggioranza ortodossi, sono sei milioni. Altrove i cristiani sono una goccia in un mare. In tante zone del mondo sono perseguitati per via della loro fede. Il Papa non li dimentica e l’incontro interreligioso convocato ad Assisi è anche una risposta all’attuale ondata di assurde violenze anticristiane. La cooperazione tra i credenti contrasta il fondamentalismo e la negazione della libertà religiosa».

Qual è la reazione della Chiesa? «La Santa Sede e gli episcopati nazionali si appellano alla comunità internazionale, ai governi, ma soprattutto la Chiesa affida alla trasformazione dei cuori degli uomini la speranza della riconciliazione. I cristiani sono la confessione più perseguitata al mondo. La "non violenza", come ricorda Benedetto XVI, è una scelta di fede, una regola di vita per il cristiano. E’ la manifestazione del trionfo dello Spirito. Noi sappiamo che il sangue dei martiri genera nuovi credenti. Il cristiano oppone sofferenza alla prepotenza e porge l’altra guancia come Gesù. Era così anche ai tempi di Tertulliano e delle crudeli persecuzioni romane. Noi non vinciamo la violenza con la violenza, bensì costruendo insieme agli altri credenti una civiltà d’amore. Spesso i cristiani finiscono nel mirino perché sono la parte più dinamica e aperta della società, come negli stati indiani dove contrastano il sistema delle caste e perciò diventano vittime di un’atroce pulizia religiosa». Come risponde il Papa all’intolleranza e alle violenze contro i propri fedeli? «Benedetto XVI è sempre in prima linea nel denunciare l’escalation di persecuzioni e violenze contro i cristiani in Medio Oriente e in altre parti del mondo, esortandoli a non desistere dal loro impegno per costruire una società che abbia un profondo senso di fiducia nei valori religiosi e umani e sia caratterizzata da un reciproco rispetto di tutti i suoi componenti. Poiché la pace può essere costruita soltanto sulla solidarietà, sulla giustizia e sul rispetto dei legittimi diritti degli individui e dei popoli. Senza abbandonare la via dell’odio è impossibile trovare soluzioni pacifiche dei conflitti e garantire alle popolazioni sicurezza e serenità». Perché la comunità internazionale ignora la strage senza fine dei cristiani? «Le istituzioni internazionali sono lontane, non riescono a parlare con voce univoca, a farsi sentire davvero dai totalitarismi o dai governi inadempienti rispetto alla tutela delle minoranze. Non è che le Nazioni Unite siano favorevoli o complici delle persecuzioni anticristiane, però non riescono a mettere in campo una risposta efficace per bloccare i massacri e la diaspora provocata da violenza, intolleranza, sistematico soffocamento delle opportunità di vita. Le Nazioni Unite sono slegate, si lasciano condizionare da una pluralità di istanze politiche e non perseguono valori universali vissuti. La comunità internazionale manca di concordia e di affiatamento. Nell’azione dell’Onu c’è qualcosa che non funziona e i cristiani pagano un altissimo prezzo di sangue innocente».

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