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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale-La Stampa Rassegna Stampa
31.12.2010 Katzav condannato: cronache e riflessioni
Gli articoli di Fiamma Nieresntein, Aldo Baquis

Testata:Il Giornale-La Stampa
Autore: Fiamma Nieresntein-Aldo Baquis
Titolo: «Israele non guarda in faccia a nessuno, l'ex presidente condannato peer stupro- Israele, Katzav colpevole di stupro»

Non entramo in merito alla sentenza che ha condannato l'ex presidente di Israele Moshe Katzav per stupro. Ci interessa invece sottolineare il modo in cui funziona la giustizia israeliana, come scrivono Fiamma Nirenstein sul GIORNALE e Aldo Baquis sulla STAMPA oggi, 31/12/2010.  La notizia è su tutti i quotidiani, ci auguriamo che i lettori riflettano sulle accuse che sempre vengono lanciate contro lo stato ebraico: apartheid, razzismo ecc. Bene, fra i tre giudici che hanno emesso la sentenza, uno è arabo. Per essere un paese che discrimina la minoranza araba, il fatto che sia un arabo a condannare un ex presidente, vorrà pure dire qualcosa.
Ecco gli articoli:

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Israele non guarda in faccia a nessuno, l'ex presidente condannato peer stupro "


L'ex presidente Moshe Katzav

Un momento fondamentale nella storia d'Israele, così è stato percepito da tutta la nazione il verdetto che ieri è stato pronunciato dal tribunale che ha riconosciuto il presidente della repubblica Moshe Katzav colpevole di un doppio stupro e di altri crimini sessuali nei confronti di varie donne capitate nella trappola del suo ufficio nel corso della sua insospettabile carriera. Benjamin Netanyahu, il primo ministro, ha espresso in poche parole il senso della percezione che il Paese ha di questo evento, del terribile shock ma anche del suo orgoglio: «È un giorno molto triste per Israele, ma anche un giorno in cui si dimostra che ogni cittadino è eguale di fronte alla legge e ogni donna è la sola padrona del suo corpo». Il verdetto è arrivato dopo quattro anni di indagini che hanno portato alla luce dell'informazione una mostruosa quantità di particolari su come, secondo le testimonianze delle vittime, un personaggio così simbolico e importante come il Presidente della Repubblica può approfittarsi del suo ruolo per compiere atti osceni e di violenza. La loro progressiva rivelazione ha seguitato a turbare un'opinione pubblica severa e sensibile sia alle regole che al carisma ormai infranto. Katzav si è difeso ferocemente rifiutando anche un accordo giudiziario che gli sarebbe stato assai utile, e tuttora si professa innocente mentre l'intera sua famiglia insiste sull'idea che si tratti di una montatura di stampa. Ma la fiducia nei giudici in Israele è incrollabile: la popolazione, sempre travolta da mille tempeste, li ha visti fermi come una roccia decidere mille volle senza tirarsi indietro di fronte ad alcun potere costituito anche in questioni spinose relative ai rapporti con i palestinesi, le loro terre, le detenzioni, le abitazioni: in Israele chi ha ragione ha ragione, chi ha torto viene condannato.

La sensazione generale quindi oggi è che sulla vicenda di Katzav si sia fatta giustizia. Ancora non è stata stabilita la pena, ma il prezzo minimo per la violenza sessuale è di quattro anni e di sedici secondo la nuova legge, e quindi Katzav potrebbe prendere parecchi decenni. Le accusatrici, dal primo momento in cui comparve una misteriosa "Aleph", sono diventate nove. Katzav è stato messo nell'angolo di un'umiliazione micidiale dopo aver sostenuto che le donne implicate nella vicenda erano più che consenzienti, anzi, innamorate e complici. Molte donne dei movimenti femministi ieri hanno commentato come si può immaginare lodando l'imparzialità e il coraggio della corte, ma questo niente sottrae a uno stato di shock che ha due ragioni principali.

La prima riguarda la storia personale di Katzav, una biografia miracolosa e tipica al contempo; un presidente che nel 2000, quando è stato eletto, aveva solo 54 anni, nato nel '45 a Teheran. Dunque, un bambino ebreo iraniano che aveva patito fame e persecuzioni, che giunto con la famiglia a sei anni da ragazzo aveva lavorato insieme agli altri poveri immigrati per costruire la nuova nazione ebraica, letteralmente mettendo in piedi Kiryat Malachi, la cittadina di cui era diventato sindaco a soli 24 anni. Con sua moglie Gila, un'insegnante, un tipo modesto e casalingo, avevano formato una famiglia di ferro. Katzav, che aveva battuto Peres alle elezioni dopo aver ricoperto svariate cariche ministeriali, ha incarnato il sogno di emancipazione di tanti ebrei orientali con la sua aria da sefardita signorile e religioso, quieto e deciso. Una figura che da tranquillizzante e paterna è divenuta minacciosa e violenta.

La seconda ragione del dolore di Israele è la rinuncia all'idea che il cursus honorum israeliano sia comunque un premio di assoluta eccellenza, di cui ci si può fidare a occhi chiusi. Se si pensa ai presidenti israeliani, subito vengono in mente figure torreggianti, speciali come Haim Herzog, intellettuali geniali come Yitzchak Ben Zvi o Zalman Shazar, storici e teorici autori di testi che tutti qui conoscono. E poi ci sono stati scienziati e politici come Ephraim Katzir, Yzchak Navon, Ezer Weizman, e oggi Shimon Peres, premio Nobel per la Pace.

Il processo si è svolto a porte chiuse, ma la realtà è che in Israele niente è mai nascosto fino in fondo, un'opinione pubblica implacabilmente rappresentata dalla stampa non ha mai smesso di frugare, per anni, nelle stanze di un Presidente che ha spezzato il sogno che i Presidenti della Republica, almeno loro, siano personaggi al di là e al di sopra di ogni pecca. Inoltre lo stupro è uno dei più repugnanti e offensivi crimini per la cultura del mondo Occidentale.

Katzav disse quando inizio il suo mandato: «Con l'aiuto di Dio, spero di influenzare per il bene». Ha fatto il contrario, ma la decisione della Corte suggerisce un comportamento severo e umanitario che serve da monito: qui non esistono signori feudali e sovrani assoluti. L'intoccabilità non è di casa.

La Stampa-Aldo Baquis: " Israele, Katzav colpevole di stupro "

 
Moshe Katzav dopo la sentenza

Con un verdetto che ha proiettato Israele fra i Paesi più implacabili al mondo nella lotta alle sopraffazioni sessuali contro le donne, tre giudici del Tribunale di Tel Aviv - l’arabo George Kara assistito da due colleghe, Miriam Sokolov e Yehudit Shevach - hanno ieri stabilito senza attenuanti che l’ex presidente di Israele Moshe Katzav (Likud) è un violentatore sistematico, e anche un bugiardo. Katzav rischia adesso una detenzione prolungata, fino a sedici anni, ma ha facoltà di appellarsi alla Corte Suprema. «Temo molto per la sua incolumità», ha osservato uno dei difensori, Avigdor Feldman, alludendo al rischio che il suo cliente possa compiere un gesto inconsulto.

«La signora A. è per noi completamente attendibile», hanno scritto i giudici riferendosi alla ex segretaria di Katzav quando questi, alle fine degli Anni 90, lavorava come ministro del Turismo. «Le sue risposte erano spontanee, non sofisticate. La sua versione è scolpita nella pietra». La deposizione di Katzav, hanno aggiunto, «era invece disseminata di bugie, piccole e grandi; si è distinta per le intenzioni manipolative e per l’occultamento di informazioni».

Un’altra «signora A.» aveva fatto scoppiare il caso nel 2006 quando aveva denunciato di essere stata brutalmente stuprata nella residenza del Capo dello Stato, doveva lavorava come segretaria di Katzav. «Quello è un molestatore seriale di donne» aveva affermato attirandosi una serie di minacce più o meno velate. Mentre la Knesset sollevava con un anno di anticipo l’ingombrante Katzav dall’incarico di Presidente, la magistratura era indecisa se incriminarlo.

Nel frattempo si sono però aggiunte le testimonianze di altre ex collaboratrici di Katzav: decisiva quella della «signora A.» del ministero del Turismo che ha denunciato due stupri patiti in un albergo di Gerusalemme e negli uffici del ministero a Tel Aviv. Nel verdetto gli atti sessuali sono descritti in maniera plastica, con dovizia di dettagli, in slow motion: un testo forse obbligatorio, ma che sfiora la pornografia.

Per un anno il drammatico processo è stato condotto a porte chiuse. Due giovani giuristi della pubblica accusa - Ronit Amiel e Nissim Meron - hanno spavaldamente incrociato le loro spade con due degli avvocati più cari e aggressivi di Israele: Feldman e Zion Amir. Ma quando ieri il giudice Kara ha completato i cento minuti di lettura del verdetto, la linea difensiva di Katzav era ridotta in macerie.

Di fronte al pesante verdetto, il figlio dell’ex presidente Noam - un ebreo timorato - ha parlato di un profondo conflitto culturale. «L’intera nazione israeliana - ha detto - in tutte le sue generazioni resterà fermamente convinta che questo processo non appartiene alla morale ebraica. Per la nazione mio padre è innocente. Terremo sempre la testa alta, con l’aiuto del Signore».

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