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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.12.2010 Normalità e Compromesso, secondo A.B.Yehoshua e Amos Oz
Il commento di Filippo La Porta

Testata: Corriere della Sera
Data: 13 dicembre 2010
Pagina: 32
Autore: Filippo La Porta
Titolo: «Le parole di Yehoshua e Amos Oz, un nuovo vocabolario morale»

Normalità e compromesso, nella versione Yehoshua-Oz, è l'acuto commento di Filippo La Porta sul CORRIERE della SERA di oggi, 13/12/2010, a pag. 32, con il titolo " Le parole di Yehoshua e Amos Oz, un nuovo vocabolario morale ". Ecco l'articolo:

 
A.B.Yehoshua                                          Amos Oz

Forse il merito principale degli scrittori israeliani consiste nell’aver reinventato il nostro vocabolario morale. Abraham Yehoshua, grande romanziere cui è stato conferito il premio Cardarelli per la Critica, ha voluto sottolineare ieri a Tarquinia (sede del premio) il valore della normalità. Un tema cruciale, già presente alla sua riflessione nell’Elogio della normalità del lontano 1991 (ma in verità i suoi illuminanti libri di saggi — letterari, politici, civili — sono ancora troppo poco conosciuti dal lettore italiano). Storicamente per un ebreo, ricordava Yehoshua nella conferenza stampa, la parola «normale» equivale poco meno che a un insulto: sinonimo cioè di piattezza, standardizzazione, omologazione. Mentre dovrebbe evocare secondo lui un pluralismo ricco e maturo, una convivenza civile pacifica (che ci permetta di scegliere liberamente il modo di vita che preferiamo). Così qualche anno fa Amos Oz in Contro il fanatismo ci aveva invitato a rivalutare il concetto di compromesso, generalmente screditato e considerato espressione di disonestà. Per Oz invece il compromesso è essenzialmente vita, confronto con la realtà (nella quale spesso un diritto si fronteggia con un altro diritto — vedi il conflitto mediorientale — e, come sappiamo, il tragico nasce dal fatto che ognuno ha le sue ragioni): dunque il contrario del compromesso non è l’idealismo ma il fanatismo, la morte.

Per capire il significato innovativo, e anzi felicemente «eversivo», di queste posizioni basti guardare alla cultura italiana degli ultimi decenni e alla nostra irresponsabile retorica del nomadismo. Quanti elogi estetizzanti dell’esilio e dello sradicamento. Quante apologie dell’instabilità, di una «anormalità» vertiginosa, dell’essere tout court destabilizzati. E perlopiù chi fa questi elogi vive esistenze protette, confortevoli e prive di qualsiasi rischio reale. Oz e Yehoshua, con la loro esperienza drammatica di situazioni conflittuali, spesso estreme, ci ricordano tra l’altro che una vera radicalità risiede in una rilettura delle parole che usiamo e delle mitologie fasulle che producono.

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