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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera-La Repubblica Rassegna Stampa
13.12.2010 Attentato a Stoccolma: i nostri giornali aprono gli occhi
L'analisi di Guido Olimpio, l'intervista a Lars Wilk di Anais Ginori

Testata:Corriere della Sera-La Repubblica
Autore: Guido Olimpio-Anais Ginori
Titolo: «Nomadi e lupi solitari, così la Scandinavia diventa l'avanposto della Jihad in Europa- La colpa di questo attacco non è mia ma di chi è stato indulgente con i violenti»

Mentre ieri soltanto il Corriere della Sera dava il giusto rilievo all'attentato di Stoccolma, oggi, 13/12/2010, se ne accorgono tutti i quotidiani. Riprendiamo dal CORRIERE della SERA l'analisi di Guido Olimpio e dalla REPUBBLICA l'intervista  con Lars Vilks, il coraggioso e profetico vignettista minacciato di morte, di Anais Ginori.

Corriere della Sera-Guido Olimpio: " Nomadi e lupi solitari, così la Scandinavia diventa l'avanposto della Jihad in Europa "


Kurt Westergaard,il suo Maometto

Per i «nomadi» della jihad le vignette blasfeme pubblicate dal quotidiano danese Jyllands-Posten sono diventate un’ossessione. Una causa giusta per morire come per uccidere. E hanno provato in tutti modi a vendicare l’offesa arrecata al Profeta. L’attacco in Svezia è solo l’ultimo tentativo messo in atto da terroristi solitari e gruppi organizzati. La serie è impressionante e ci limitiamo a citare i casi individuati nell’arco dell’ultimo anno.
Ottobre 2009 — Incriminato negli Usa David Headley, pachistano-americano, legato a Ilyas Kashmiri, capo della Brigata 313, basata in Pakistan: progettava un’azione nella capitale danese. Ottobre — Incriminazione per Colleen LaRose, convertita americana detta «Jihad Jane», voleva uccidere il vignettista svedese Lars Vilks insieme ad un commando che risiedeva in Irlanda. Gennaio 2010 — Tentativo di assassinio del disegnatore danese Kurt Westergaard: arrestato un giovane somalo residente da anni nel Paese e legato al movimento Shabab. Luglio — Catturata una cellula in Danimarca che progettava un attentato contro il Jyllands. Ne facevano parte un curdo, un ceceno e un membro della minoranza musulmana cinese (gli uighuri). Settembre — Un ex pugile ceceno residente in Belgio cerca di inviare una lettera bomba al quotidiano Jyllands: resta ferito in modo lieve.

Il dato che emerge è il carattere transnazionale dei terroristi. Sono elementi di varia provenienza, vivono in Occidente, dimostrano una grande mobilità, non hanno radici oppure le hanno recise. Ecco perché li definiscono i «nomadi». Il presunto kamikaze di Stoccolma rientra in questo profilo: iracheno, si era trasferito nel Paese e aveva poi studiato in Gran Bretagna, si guadagnava la vita facendo l’uomo sandwich. Alcuni di loro hanno un vincolo con organizzazioni ben strutturate, altri si auto-indottrinano grazie anche a Internet. Poi passano all’azione con i mezzi a disposizione. L’esplosivo — magari la famosa «madre di Satana» costruita in cucina —, l’auto piena di bombole o un semplice pugnale. La distanza che separa la loro preparazione dalla possibilità di successo non è un ostacolo. Con i qaedisti tradizionali concentrati in Asia, il peso degli attacchi ricade su queste micro-realtà. Due o tre militanti, a volte persino un singolo individuo. La propaganda via web — con i martellanti riferimenti alle vignette o alla partecipazione della Svezia alla guerra in Afghanistan — alimenta la spinta. Così come il risentimento di chi è stato accolto in Scandinavia e ha poi avuto una crisi di rigetto. La sua rabbia è diventata odio verso l’Occidente.

Due i pericoli. Una moltiplicazione di attentati portati dai lupi solitari. La saldatura tra i terroristi nati in casa e i professionisti. Soprattutto in Europa. Secondo nostre fonti Ilyas Kashmiri, insieme al Movimento Islamico Uzbeko, sta «coltivando» giovani reclute provenienti da Gran Bretagna e Germania. Altri mujahedin, invece, sarebbero già presenti nel Vecchio Continente per sferrare un attacco spettacolare. Alla fine di novembre in Belgio è stato neutralizzato un nucleo formato da nord-africani e ceceni. Volevano attaccare obiettivi della Nato. Gli 007 sono convinti che ci riproveranno

La Repubblica- Anais Ginori: " La colpa di questo attacco non è mia ma di chi è stato indulgente con i violenti "


Lars Vilks , ha disegnato Maometto come  cane randagio                                     

. "Come era prevedibile, ora molte persone gettano su di me la colpa dell´atto di terrorismo. Il colpevole non sono io ma chi ha sottovalutato il pericolo». L´artista Lars Vilks è finito in un gioco più grande di lui. Il suo nome è contenuto nel messaggio recapitato all´agenzia di stampa svedese poco prima della doppia esplosione nel centro di Stoccolma. «Le nostre azioni parleranno da sole, se non porrete fine alla guerra contro l´Islam, alle offese contro il nostro Profeta e al sostegno allo sciocco maiale Lars Vilks» si legge in quello che gli investigatori considerano come il testamento dell´attentatore suicida. Tre anni fa, l´anarchico Vilks aveva disegnato Maometto come un cane randagio. Le sue vignette erano destinate alle gallerie d´arte, ma nessuno ha voluto esporle. Sono rimaste in un cassetto finché un giornale locale le ha pubblicate per «difendere la libertà di espressione». Hanno fatto rapidamente il giro del mondo, provocando una grave crisi diplomatica con Iran, Pakistan, Afghanistan, Egitto e Giordania. In tutti questi mesi, la Svezia ha continuato a difendere l´artista, fino alla mancata strage di sabato, in quello che doveva essere un tranquillo pomeriggio di shopping natalizio, all´indomani della grande cerimonia di consegna dei Nobel.
Vilks vive ormai protetto in una località segreta nel sud della Svezia. Ma invece di mettersi in difesa, l´artista sessantaquattrenne, conosciuto per le sue stravaganze, è partito di nuovo all´attacco. «Questo attentato non è in diretta corrispondenza con il mio disegno del 2007 - commenta attraverso il suo blog - era solo questione di tempo prima che il terrorismo islamico ponesse le sue basi anche in Svezia. Il richiamo al mio gesto blasfemo è strumentale, come anche la nostra partecipazione alla missione militare in Afghanistan». Nelle ultime ore, il sito di Vilks è stato inondato di messaggi di solidarietà. Il primo kamikaze del piccolo regno scandinavo era un rischio annunciato, secondo lui. «Ecco che viene prodotta la prima vittima. La buona notizia - ironizza - è che si tratta del terrorista stesso. Di certo era convinto che gli sarebbero toccate in sorte delle vergini in paradiso".
La Svezia ha imparato a conoscere le provocazioni di quest´artista. Negli anni Novanta è diventato famoso per avere costruito nel pieno di una riserva naturale delle statue di legno alte più di dieci metri. Le autorità gli hanno chiesto di rimuoverle ma Vilks è andato a processo per difendere le sue opere. Quando stavano per essere distrutte, ha proclamato nella zona una fantomatica nazione indipendente di "Ladonia". Alla fine, i funzionari pubblici si sono arresi. Le sue statue sono diventate un´attrazione turistica. L´idea di disegnare il Profeta al guinzaglio è apparsa subito molto meno folcloristica. Nel 2005, c´erano state le vignette danesi, un processo intentato in Francia. Vilks evidentemente non ha saputo resistere. Con lui, la Svezia si è ritrovata implicata in quella che, ancora ieri, Vilks ha definito come «una commedia in cui ognuno gioca la sua parte, e la propaganda viene confusa con la realtà».
Da quella fatidica vignetta è stato un crescendo. Uno dei capi di Al Qaeda in Iraq ha messo su di lui una taglia. Nel marzo scorso, un´americana che si faceva chiamare "Jihad Jane" è stata arrestata per aver pianificato il suo omicidio. Altri potenziali assassini di Vilks sono stati fermati in Irlanda, ma rilasciati pochi giorni dopo per mancanza di prove. A maggio, Vilks viene aggredito durante una conferenza all´università di Uppsala: doveva proiettare un film sull´omosessualità e l´Islam. Pochi giorni dopo, la sua casa è stata bruciata. Il nome di Viks è anche citato nel messaggio diffuso qualche settimana fa dall´organizzazione islamica somala Al Shaabab, che chiama alla guerra santa gli immigrati in Svezia.
Neanche la mancata strage di sabato lo fermerà. In un paese che considera sacrosanta la libertà di espressione pochi si azzardano a chiedergli di moderare i toni. «Chi mi critica - ha replicato ieri - vorrebbe essere più indulgente con i violenti. Facendo eccezioni alla democrazia, finiremo per essere governati dai terroristi». Vilks andrà avanti, questo è chiaro. Annuncia già altre vignette. «Nei loro messaggi, i terroristi hanno parlato di miei dipinti che non esistono. Un artista deve sempre essere grato a chi gli fornisce nuove idee». È diventato un simbolo da abbattere, ma è il ruolo che si è scelto.

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