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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
11.12.2010 Fede, storia, cultura, sionismo: in poche parole come la pensa A.B.Yehoshua
L'intervista di Stefania Vitulli

Testata:
Autore: Stefania Vitulli
Titolo: «La vena creativa degli ebrei ? E' stata castrata dalla religione»

Sul GIORNALE di oggi, 11/12/2010, a pag. 29, Stefania Vitulli intervista A.B.Yehoshua, un pezzo nel quale lo scrittore israeliano dice come la pensa su molte questioni.
Ecco l'articolo:


A.B.Yehoshua

Insieme a Il responsabile delle risorse umane , il film di Eran Riklis candidato all’Oscar per Israele, è arrivato in Italia an­che l’autore del romanzo omoni­mo, l’israeliano Abraham Yeho­shua, per ritirare oggi il premio Tar­qu­inia Cardarelli per la Critica lette­raria internazionale. Per le raccol­te, da Elogio della normalità a Il la­birinto dell’identità (tutti Einaudi), «dove si ravvisa il saggista nel sen­so della grande tradizione del per­sonal essay : un percorso soggettivo e divagante». E tra un mese esce in Israele il nuovo roman­zo, Spanish Grace , dove il cinema è di nuovo in primo piano. Abbiamo chiesto a Yehoshua qualche risposta in esclusiva.
Ci può anticipare i temi di «Spanish Grace»?

«I protagonisti sono un regista che ha più o meno la mia età e uno sceneggiatore che è sta­to un tempo suo allievo. I due, che in passato col­laboravano, e si sono di­visi dopo un’accesa di­sputa, si ritrovano a San­tiago de Compostela per una retrospettiva del cineasta. Questo è l’avvio di un romanzo dove ho cercato di elabo­rare il conflitto tra le dif­ferenti forze che regola­no
la creatività».
Già dieci film dai suoi libri. Il pros­simo?

«
Fuoco amico , regista il vostro Gianni Amelio, da cui mi aspetto molto. Viaggio alla fine del millen­nio , che avrà un produttore france­se. E per la televisione, Un divorzio tardivo , dove la famiglia israeliana diventa ebrea americana».
Qualcosa nei suoi libri attrae i cine­asti...

«Non solo i cineasti, anche il tea­tro.
E ho scritto anche il libretto di un’opera. Non sono i dialoghi, ad attrarli, ma le scene: mi dicono che le situazioni che creo hanno un’es­senza drammatica esplicita. Io di si­curo quando scrivo non penso al ci­nema, ma ai lettori».
Nella prefazione al libro di Agnon «Appena ieri» (Einaudi), da poco uscito in Italia, ha scritto che nei secoli la creatività ebraica è stata castrata dalla religione. Che signi­fica?

«L’energia artistica degli ebrei è eruttata, proprio come un vulcano, negli ultimi 150 anni, con la secola­rizzazione. Per questo ci stupisce tanto il numero di artisti ebrei mo­derni e contemporanei. Prima, dal­la mattina alla sera l’ebreo, a diffe­renza del cattolico, era ostaggio dei comandamenti: doveva pensare solo a ciò che era lecito o no. Abbia­mo vissuto a Firenze, Roma, Vien­na, seduti accanto a Leonardo e Mi­chelangelo, e non abbiamo mai prodotto nulla. Perché per produr­re arte l’uomo deve essere libero».

Compito della letteratura?

«Concentrarsi sul presentare i di­lemmi. In senso anche politico».

Di recente ha sentito il bisogno di rispiegare il sionismo. Perché?

«Perché è diventato come il ketchup, lo si mette su qualsiasi di­scorso a proposito di Israele. Non è un’ideologia,non va usato in senso peggiorativo. Sionista è chi ha volu­to lo stato di Israele, non chi discri­mina gli arabi. E anti-sionista è chi vuole cancellare retroattivamente questo Stato».

Perché il conflitto Israele-Palesti­na è così complesso?

«Perché non c’è un caso uguale nella storia. Se un giorno qui a Tar­quinia tornassero gli Etruschi e re­clamassero questa terra, che cosa crede che accadrebbe? L’unica so­luzione è tagliare i territori palesti­nesi in due stati. Tutto il mondo ha accettato questo. Dobbiamo opera­re il taglio, come farebbe un chirur­go. Non resta che farlo. Farlo. Far­lo. Vuole venire ad aiutarci?».
 

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