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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.12.2010 Un applauso agli assenti
Daniel Barenboim alla Scala bacchetta il governo italiano

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 dicembre 2010
Pagina: 2
Autore: Giuseppina Manin
Titolo: «Walkiria, Barenboim contro i tagli del governo. Poi 14 minuti di applausi»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/12/2010, a pag. 2, l'articolo di Giuseppina Manin dal titolo " Walkiria, Barenboim contro i tagli del governo. Poi 14 minuti di applausi".


Daniel Barenboim

E' curioso che un direttore d'orchestra dica al governo di uno Stato in cui si trova come deve gestire la cultura, ed è altrettanto curioso l'applauso di 14 minuti del pubblico.
Barenboim, dismessa la bacchetta con cui insegna al governo israeliano come gestire Israele, ha levato la bacchetta ammonitrice verso il governo italiano.
Dopo gli applausi che ha ricevuto ci sentiamo di dire con tutta tranquillità: bene hanno fatto gli assenti.
Ecco il pezzo:

MILANO — «Signor Presidente sono qui come maestro scaligero, ma anche a nome dei miei colleghi che suonano, ballano, cantano e lavorano non solo in questo magnifico teatro ma in tutti i teatri d’Italia, per dire a che punto siamo profondamente preoccupati per il futuro della cultura in questo Paese e in Europa». Inizia in modo irrituale il 7 dicembre 2010 alla Scala. Ore 17, Giorgio Napolitano è appena stato salutato da un lungo applauso, dalla platea al loggione. Le luci si abbassano, ma Walkiria non comincia. Daniel Barenboim si sporge dalla buca, si volta verso il palco reale dove Napolitano è seduto con la signora Clio. «L’articolo 9 della Costituzione — ricorda il direttore — promuove lo sviluppo della cultura, della ricerca, la tutela del patrimonio storico e artistico della nazione».

Un richiamo chiaro e forte contro la politica di tagli del governo. Napolitano applaude, e il teatro con lui. Il maestro scaligero torna sul podio. Attacca l’Inno di Mameli. Tutti in piedi. Stavolta senza ombra di retorica. Parole e note richiamano a valori cardine, alla speranza di un Paese migliore. Dove cultura e lavoro siano diritti non da reclamare in piazza. Gli scontri davanti alla Scala, i feriti tra studenti, lavoratori, forze dell’ordine, hanno segnato questa prima di un’atmosfera cupa. Il richiamo di Barenboim, la presenza solidale di Napolitano, hanno reso meno stridente il contrasto tra il fuori e il dentro del teatro. Dove, in barba alla crisi e agli appelli di sobrietà, sono tornati abiti anche sfarzosi. Tra i volti noti, Umberto Veronesi, Cesare Rimini, Gillo Dorfles, Livia Pomodoro, gli architetti Gregotti e Botta, lo scultore Arnaldo Pomodoro, il finanziere Francesco Micheli, Francesca Colombo, sovrintendente del Maggio fiorentino, il presidente Rai Garimberti. Ed Eva Wagner, pronipote del compositore.

Nel palco reale decorato di ortensie verdi e rose bianche il sindaco Moratti e due ministri, Paolo Romani e Michela Vittoria Brambilla. Assente, il ministro dei Beni culturali Bondi.

«Viva il presidente», hanno gridato dal loggione un istante prima che Barenboim attaccasse l’ouverture di Walkiria, secondo capitolo del Ring wagneriano, sempre con la regia del belga Guy Cassiers. Nel cast Waltraud Meier (Sieglinde) e Nina Stemme (Brünnhilde) Ekaterina Gubanova ( Fricka), J ohn Tomlinson (Hunding), Vitalij Kowaljow (Wotan), Simon O’Neill (Siegmund).

Tutti coinvolti nei 14 minuti di applausi finali. Un successo pieno, senza se e senza ma. Persino Cassiers, il regista all’anteprima oggetto di dissensi, qui è passato indenne. Ma il vero trionfatore della serata resta Barenboim, al quale la platea ha tributato un'ovazione che pareva non finire mai. Per la coraggiosa presa di posizione civile e per un’interpretazione musicale strepitosa. «Ridicolo pensare di risolvere la crisi con i tagli alla cultura. Tagliare la cultura è tagliare l'Italia», ha detto Barenboim dal palco, dopo il trionfo. Meno unanimi i consensi sulla regia. Anche perché, al di là dei giudizi, le proiezioni video, punto di forza della lettura di Cassiers, anche stavolta hanno tradito. Come già successo alla «primina» per i giovani, un proiettore ha fatto cilecca mandando in tilt il lato destro della scena nel secondo atto. Quanto al terzo, la Cavalcata delle Walkirie, momento attesissimo, si risolve in un groviglio equino fantasmatico. E nel meraviglioso duetto Wotan-Brünnhilde, padre figlia uniti a sfiorare l’incesto, lei, già costretta su tacchi vertiginosi, deve anche fronteggiare l’ingombrante strascico appesole dal feroce costumista Tim Van Steenbergen, specialista in gobbe e cuscinetti da fondoschiena. L’incantesimo del fuoco, che dovrà proteggere Walkiria da molestatori di passaggio, ha un momento molto bello nella selva di lance calate a farle da scudo e un altro più discutibile nella discesa di un parco-lampade rosse, simil-Uva, che più che simboleggiare le fiamme sembrano lì per abbronzarla.

Certo, può darsi che quell’apoteosi di video in una cornice televisiva risulti più efficace. Forse la diretta su Rai5 ha reso a questo allestimento un buon servizio. Più stonato è parso invece l’intervento del consigliere Rai Antonio Verro. «Ho trovato inopportuno — ha detto in diretta — che Barenboim abbia ricordato l’articolo 9 della Costituzione. Perché, se non c’è ombra di dubbio che si debba sostenere la cultura, è altrettanto vero che c’è il tentativo del governo di trasformare quello che prima era assistenzialismo in contributi più mirati». Un attacco stonato. Proprio come lo spot promozionale mandato in onda in questi giorni dalla Rai, che annunciando la diretta definiva l’opera di Wagner «un concerto d’eccezione». Mah.

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