Riportiamo da La FIONDA NEWS l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo "Solidarietà agli assassini, oblio per gli innocenti ".



Michael Sfaradi, Tareq Aziz, GIlad Shalit
Non appena il tribunale di Bagdad ha sentenziato la condanna a morte per impiccagione di Tarek Aziz, già capo di gabinetto, ministro della guerra e ministro degli esteri del dittatore iracheno Saddam Hussein, molte sono state le voci di dissenso a questa sentenza che si sono levate da tutta Europa.
Marco Pannella ha annunciato un nuovo sciopero della fame di protesta e il ministro degli esteri, Onorevole Frattini, ha detto che si recherà a Bagdad al fine di far sospendere l’esecuzione.
Certo non fa piacere a nessuno vedere le fotografie di corpi inermi dondolare con un cappio al collo, come non fa piacere quando cocktail di veleni vengono iniettati nelle vene dei condannati o quando si dispensa giustizia a furia di colpi alla nuca.
La forte presa di posizione che si registrata in questo caso, però, non ha avuto eguali in altre occasioni, lasciando in bocca l’amaro sospetto che ci si indigni non tanto contro le sentenze di pena di morte quanto contro chi le emette.
Per esempio abbiamo sentito raramente voci di dissenso ogni volta che in Cina, in giornate particolari, vengono radunati i condannati e giustiziati uno dopo l’altro, in quelli che sono dei veri mattatoi e non si racconta che in quelle occasioni vengono invitate ad assistere, a scopo di educazione civica, anche delle scolaresche.
Da tempo si parla della povera Sakineh, condannata a morte per lapidazione da una corte islamica di Teheran perché riconosciuta colpevole di concorso all’omicidio del marito, mentre non si è spesa neanche una parola per tutti gli altri sconosciuti che, nel frattempo, sono stati impiccati sulle pubbliche piazze di tutta la nazione per colpe che da noi prevedrebbero, al massimo, una pena di qualche anno con la condizionale o una sanzione pecuniaria.
Molti governi si muovono, in questo che è un tema di una delicatezza enorme, in maniera goffa e patetica, dimostrando la loro forza solo con chi è più debole di loro dimenticandosi o facendo finta di non accorgersi quando le stesse azioni vengono effettuate dai governi potenti o interessanti dal punto di vista economico.
Tornando a Tarek Aziz vale la pena di ricordare che anche lui faceva parte del consiglio ristretto che decise di affidare al generale Alì Hassan Al Majid, detto "Alì il chimico", già giustiziato per impiccagione, il compito di usare i gas contro la popolazione curda irachena. Che la sua firma appare sugli ordini operativi ai generali che invasero il Kuwait nel 1990 e che come capo di gabinetto controfirmò decine di ordini di esecuzione sia contro criminali comuni che contro oppositori politici, che furono eseguite durante il periodo in cui Saddam e la sua cricca, e lui ne faceva parte, facevano il bello e cattivo tempo a Bagdad e dintorni.
Tarek Aziz ha centinaia, se non migliaia, di morti che pesano sulla sua coscienza, eppure le anime nobili vogliono salvargli la vita.
La cosa può anche essere ragionevole, un bel ergastolo gli darebbe molto tempo per pensare a quanto male ha fatto, ma ci sono in tutto il mondo decine di condannati che, a nostro avviso, avrebbero la precedenza nella lista della solidarietà su questo personaggio che, comunque, rimane un criminale complice di criminali.
Un’ultima cosa, se il ministro degli esteri Frattini decidesse di partire davvero per Bagdad, gli consiglieremmo di fare una tappa a Gaza dove c’è un innocente che si chiama Gilad Shalit che viene tenuto, da innocente, in segregazione dal 25 giugno del 2006.
Frattini potrebbe andare a chiedere ad Ismail Haniyeh e compagni la sua liberazione, quella si che sarebbe un’azione meritevole.
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