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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.11.2010 L'assassinio di Sakineh è previsto per oggi, la comunità internazionale faccia qualcosa
Commento di Fiamma Nirenstein, cronache di Maurizio Caprara, Viviana Mazza

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 novembre 2010
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Caprara - Viviana Mazza
Titolo: «Comunità internazionale non abbassi la guardia e chieda la liberazione di Sakineh - Sakineh sarà giustiziata oggi. L’Ue interviene: Fermatevi - Lo sdegno di Roxana Saberi: E’ una decisione orribile»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/11/2010, a pag. 21, l'articolo di Maurizio Caprara dal titolo " Sakineh sarà giustiziata oggi. L’Ue interviene: Fermatevi ", l'articolo di Viviana Mazza dal titolo " Lo sdegno di Roxana Saberi: E’ una decisione orribile ". Pubblichiamo il comunicato di Fiamma Nirenstein dal titolo " Comunità internazionale non abbassi la guardia e chieda la liberazione di Sakineh ".
Ecco i pezzi:

Fiamma Nirenstein - " Comunità internazionale non abbassi la guardia e chieda la liberazione di Sakineh "


Fiamma Nirenstein

“La comunità internazionale deve di nuovo prendere su di sé la responsabilità di fermare l’esecuzione di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, non solo perché siamo contrari alla pena di morte, ma anche perché si tratta di una condannata in base a leggi di onore  che repellono la coscienza democratica e umanitaria che caratterizza i nostri ordinamenti.

Sakineh da oltre quattro anni è detenuta nel carcere di Tabriz, dove sono recluse altre donne in attesa di esecuzione per il reato di adulterio, tra loro anche minorenni. Chiedere oggi la liberazione di Sakineh significa intercedere per ogni donna che rischia di subire la stessa ingiusta e disumana sorte in base a una legge barbarica. Significa anche prendere una posizione netta contro la pena di morte, considerato che l’Iran, solo nel 2010, ha messo in atto oltre 210 esecuzioni, ed è quindi secondo solo alla Cina in questa macabra classifica.

Ad oggi, chiunque in Iran si è battuto per salvare Sakineh è stato imprigionato. Innanzitutto Sajjad Ghaderzadeh, il figlio di Sakineh; poi Javid Hutan Kian, l’avvocato della donna; oltre a loro, due giornalisti tedeschi che hanno intervistato l’avvocato il mese scorso e persino, proprio in questi giorni, l’avvocato che li difendeva.

Respingiamo il pretestuoso argomento secondo cui il caso di Sakineh è stato solo una scusa per una mobilitazione internazionale contro l’Iran. La sua condanna è invece la prova della crudeltà di un regime che viola tutti i diritti umani, perseguita le donne e impicca gli omosessuali.

Il nostro Paese è stato da subito in prima linea per salvare la vita di Sakineh e ce lo ricorda ogni giorno il grande manifesto con il suo volto sulla facciata di palazzo Chigi. Ma la mobilitazione internazionale deve essere ancora più forte ora, dato il cinismo di questo regime”.

CORRIERE della SERA - Maurizio Caprara : " Sakineh sarà giustiziata oggi. L’Ue interviene: Fermatevi "

ROMA — Si aggiunge altra inquietudine in queste ore al penoso caso di Sakineh Muhammadi Ashtiani, la quarantatreenne condannata in Iran all’impiccagione per un’asserita complicità nell’omicidio di suo marito e alla lapidazione per adulterio. Alcune organizzazioni non governative (Ong) hanno dato per probabile che la pena capitale venga eseguita oggi. «Rispetto le Ong, ma il nostro ambasciatore a Teheran, che ho sentito alcuni minuti fa, non ha nessunissima conferma», ha dichiarato ieri mattina il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini. In serata da Bruxelles l’allarme è parso più intenso, tant’è che l’alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza Catherine Ashton è ricorsa a una nota per c hi e dere di « fermare l’esecuzione» e «commutare la sentenza».

C’era un’inesattezza, nelle prime informazioni su oggi, ma non è che questo renda più roseo il contesto. Su Internet, il Comitato internazionale contro la lapidazione ha annunciato che stando a notizie ricevute «le autorità di Teheran hanno dato via libera alle carceri di Tabriz per effettuare la lapidazione» e compierla «il 3 novembre». Le règle du jeu, rivista francese di Bernard-Henry Lévi, ha definito la donna «minacciata di esecuzione» per oggi. Stesso rischio denunciato «secondo rapporti non confermati» da Iran Human Rights. La portavoce del Comitato, Mina Ahadi, ha precisato più tardi che «Sakineh non verrà più lapidata, ma impiccata».

Il 10 ottobre Mina Ahadi aveva diffuso la notizia dell’arresto di due tedeschi a Tabriz, poi confermato, aggiungendo che il figlio di Sakineh, Sajjad, e il suo avvocato sono in prigione. In un macabro alternarsi di prospettive fosche, per la donna detenuta da quattro anni la prima condanna (impiccagione) e la seconda (lapidazione) sono state oggetto di confuse versioni nella Repubblica islamica. Il 27 settembre il procuratore capo Mohseni Ejai ha affermato che Sakineh è «condannata all'impiccagione per omicidio con una sentenza che ha priorità su quella per adulterio». Il cappio prevarrebbe sulle pietre. «Nessuna esecuzione è accettabile», ha fatto presente per l’Ue Catherine Ashton.

Ieri Frattini ha ribadito l’invito a evitare la pena capitale in un comunicato firmato con la collega Mara Carfagna, Pari opportunità: «Siamo fiduciosi di poter trovare ascolto presso le autorità di un Paese come l’Iran che l’Italia rispetta in quanto Stato sovrano e con il quale intende intrattenere un rapporto di dialogo costruttivo. Il nostro appello non è contro l’Iran, ma per la vita di Sakineh».

Una settimana fa l’Istituto diplomatico della Farnesina ha ospitato in una conferenza il viceministro degli Esteri iraniano Ali Ahani. Parlando di politica ed economia, Ahani ha detto che «la posizione dell’Italia è tuttora di privilegio per l’Iran», però per mantenerla occorre «volontà politica del governo italiano».

CORRIERE della SERA - Viviana Mazza : " Lo sdegno di Roxana Saberi: E’ una decisione orribile "


Roxana Saberi

«Come spesso accade nel sistema giudiziario iraniano, penso che il caso di Sakineh Ashtiani non sia stato né trasparente né equo». Roxana Saberi commentava così ieri sera la notizia, non ancora confermata da Teheran, che Sakineh Ashtiani avrebbe potuto essere impiccata oggi. Sono passati 18 mesi dal rilascio di Saberi da Evin, il carcere di Teheran dove vengono spesso rinchiusi i detenuti politici, e il suo libro «Prigioniera in Iran» è uscito da poco in Italia, edito da Newton Compton. E’ un diario dei 100 giorni di reclusione a Evin della giornalista americana accusata di spionaggio, ed è una riflessione sulla verità, dice al Corriere.

«Ashtiani — ricorda Roxana Saberi — era stata condannata alla lapidazione, ma poi le autorità iraniane hanno annunciato che la sua sentenza era stata sospesa, dopo che governi, associazioni dei diritti umani e personaggi influenti di tutto il mondo hanno definito questa condanna "barbara" e "brutale", come sicuramente è. Se le ultime notizie sono vere, ora sarà impiccata: una decisione orribile e biasimevole. Nessuna delle due sentenze, di impiccagione o di lapidazione, è accettabile. Oltretutto, sia l’avvocato che il figlio di Ashiani, che hanno lanciato una campagna per il suo rilascio, sono in prigione».

Sono state proprio le storie di donne come Sakineh a portare Saberi a diventare un’attivista dei diritti umani, dopo il suo rilascio dalla prigione di Evin. Di lei scrissero l’anno scorso i giornali di tutto il mondo. L’ex Miss North Dakota con master in giornalismo e doppia cittadinanza, iraniana e americana, arriva nel 2003 a Teheran, affascinata dalla terra natia del padre, sposato con una patologa giapponese e residente negli Usa. Riceve l’accredito stampa, produce servizi per vari media, dalla radio pubblica Npr alla tv conservatrice Nel 2006 le negano un nuovo accredito, ma lei resta in Iran a fare interviste per un libro. Nel gennaio 2009 l’arrestano con l’accusa di spionaggio.

Dopo due giorni a Evin, Saberi ha confessato d’essere una spia. Altri ex detenuti hanno detto d’aver rilasciato false confessioni sotto tortura. Anche Sakineh ha confessato in tv. La sottoposero a pressioni psicologiche, che considera una forma di tortura. La avvertirono che potevano tenerla lì per vent’anni, che rischiava la forca se non «collaborava», minacciarono la sua famiglia e il suo fidanzato, il regista Bahman Ghobadi. E lei si convinse che le conveniva «confessare». Ma anziché liberarla, la sottoposero a nuovi interrogatori, costringendola ad accusare un amico innocente. In carcere invece conobbe altre donne che non s’erano piegate, rifiutando di confessarsi spie: come Silva Harotonian, che lavorava per un programma di scambio Iran-Usa per la salute di donne e bambini, come Mahvash Sabet e Fariba Kalamabadi di fede bahai. «Credevano in qualcosa al di là di se stesse: la fede, gli amici, l’ideologia». Provando vergogna per aver tradito i suoi princìpi, Roxana ritrattò la «confessione». E quando la condannarono a 8 anni per spionaggio, iniziò lo sciopero della fame mentre una campagna mondiale chiedeva il suo rilascio. Le diedero due anni con la condizionale, e la liberarono. La «chiave», dice, è stata la mobilitazione globale (anche se c’è anche chi ipotizza un accordo, visto che furono rilasciati due mesi dopo 5 iraniani presi in Iraq).

Roxana non è più fidanzata con Ghobadi, che dopo i suoi Gatti persiani, sta girando un film nel Kurdistan iracheno. E non fa più la reporter. «Da giornalista pensavo che il mio compito fosse di dare le notizie evitando di schierarmi. Ma dopo aver vissuto in prima persona le violazioni dei diritti umani in Iran, è difficile per me restare imparziale». Silva Harotonian è stata rilasciata dopo una campagna cui ha contribuito anche lei. Le due donne bahai che ha conosciuto sono ancora in carcere. Come lo è Sakineh. «Non posso restare in silenzio». Roxana l'attivista gira per le università parlando dei diritti umani. A volte porta al collo lo stesso velo turchese che nel giorno del rilascio le incorniciava il volto.

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