Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 30/10/2010, a pag. 6, l'articolo di Francesco Semprini dal titolo " Bombe volanti, allarme negli Usa ", a pag. 7, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " I mini ordigni che portano in Afghanistan ". Da REPUBBLICA, a pag. 19, l'articolo di Francesca Caferri dal titolo " Yemen, l´ultima frontiera del terrore ".
Ecco i pezzi:
La STAMPA - Francesco Semprini : " Bombe volanti, allarme negli Usa "

L’America di nuovo a rischio attentato terroristico. L’allarme giunge dalle stesse autorità Usa dopo il ritrovamento di due pacchi sospetti partiti dallo Yemen e diretti negli Stati Uniti, per mezzo di spedizionieri internazionali come Ups e FedEx. Sono stati intercettati nella notte tra giovedì e venerdì (la sera negli Usa) all’aeroporto di East Midlands, nell’Inghilterra centrale, e in quello di Dubai, nel corso di una procedura di controllo nei rispettivi centri di smistamento. Barack Obama è stato avvertito alle 22.35 di giovedì da John Brennan, assistente per la Sicurezza nazionale, e immediatamente è scattato lo stato di allerta.
FedEx ha spiegato che un pacco sospetto è stato individuato dalle autorità aeroportuali nel suo centro di smistamento a Dubai e subito ha bloccato tutte le spedizioni dallo Yemen. I test hanno rivelato che il pacco diretto a un centro ebraico di Chicago conteneva un congegno esplosivo. La vicenda «rappresenta una credibile minaccia terroristica», ha detto Obama spiegando che «i pacchi contenevano apparentemente materiale esplosivo». Il presidente ha spiegato che Al Qaeda continua a «programmare nello Yemen attacchi contro gli Usa e che il nostro obiettivo è distruggere questa affiliazione» con la rete terroristica.
«Ci è stato comunicato questa mattina che le sinagoghe dovrebbero essere in stato di massima allerta - ha detto Linda Haase, vice presidente della Federazione ebraica di Chicago -. Stiamo prendendo misure appropriate e stiamo anche avvisando le altre sinagoghe locali a fare altrettanto». E dallo Yemen proveniva anche il pacco intercettato a East Midlands nel quale gli investigatori hanno trovato materiale sospetto assieme a una cartuccia di inchiostro manomessa. Secondo quanto riferito più tardi dalla Casa Bianca, anche questo pacco conteneva tracce di esplosivo. L’aereo con il pacco sospetto a bordo è arrivato nell’aeroporto, a circa 260 chilometri a nord di Londra, dallo Yemen. L’aereo aveva come destinazione finale Chicago, con un ulteriore scalo a Philadelphia.
Lo Yemen è considerato un Paese a rischio per il fatto che vi si nascondono cellule jihadiste legate ad Al Qaeda e ritenute responsabili di attentati, come quello fallito lo scorso Natale sul volo Amsterdam-Detroit. Il ritrovamento ha quindi fatto scattare l’allarme negli Usa dove sono stati bloccati e ispezionati alcuni aerei negli scali di Newark, in New Jersey, e Philadelphia, oltre a un camioncino per la consegna dei pacchi nei pressi di New York. Mike Mangeot, portavoce della Ups, ha spiegato che due jet della flotta provenienti da Colonia, in Germania, e Parigi, sono stati controllati a Philadelphia: «Isolati e perquisiti a scopo precauzionale». Il terzo aereo atterrato nella mattinata a Newark arrivava invece proprio da East Midlands e dopo essere stato controllato da cima a fondo ha ottenuto il via libera per ripartire alla volta di Louisville in Kentucky. «La scorsa notte le agenzie di intelligence hanno scoperto pacchi potenzialmente sospetti su aerei diretti verso gli Stati Uniti grazie a un lavoro di informazioni reso possibile dalla cooperazione tra gli apparati di diversi Paesi - si legge in un comunicato della Casa Bianca - Il presidente ha disposto tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza degli americani e per capire se quanto accaduto faccia parte di un più vasto complotto terroristico».
E proprio mentre rientrava l’allarme negli aeroporti americani, caccia militari si sono alzati in volo per scortare un aereo di linea decollato dallo Yemen che aveva fatto scalo negli Emirati arabi nella fase di atterraggio verso l’aeroporto JFK di New York. L’aereo è stato scortato nella prima fase da caccia canadesi che hanno poi ricevuto il cambio da due F-15 dell’Air Force Usa. Anche in questo caso le autorità hanno fatto sapere di avere preso questa decisione «come misura precauzionale»: il volo Emirates 201 trasportava carichi potenzialmente sospetti provenienti ancora una volta dallo Yemen.
La STAMPA - Maurizio Molinari : " I mini ordigni che portano in Afghanistan "

Maurizio Molinari
Al Qaeda voleva insanguinare Chicago alla vigilia dell’Election Day di Midterm e l’arma per l’attacco dovevano essere delle potenti mine volanti, recapitate al destinatario come innocui pacchi postali.
Arma, vettore e obiettivo prescelti portano a indicare il mandante nell’imam americano-yemenita Anwar al-Awlaki, leader di Al Qaeda nella Penisola Arabica, nascosto in una remota regione dello Yemen da dove è impegnato a gareggiare con le centrali dell’organizzazione terroristica in Pakistan e Afghanistan nel dimostrare maggiore abilità nel colpire gli Stati Uniti.
L’arma è una bomba in miniatura, confezionata con una combinazione minima e letale di componenti chimiche ed elettriche, che ricorda l’ordigno che aveva indosso lo studente nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab quando, alla vigilia dello scorso Natale, tentò di farsi saltare in aria assieme a un aereo di linea sul cielo di Chicago, proveniente da Amsterdam.
Al Awlaki crede nei miniordigni, scomposti in maniera da sfuggire ai controlli fino al limite di essere nascosti dentro il corpo umano, come quello inserito nell’ano del kamikaze saudita che ha tentato di eliminare il capo dell’intelligence di Riad. La novità in questo caso è che il vettore prescelto non è un essere umano ma un pacco affidato a un aereo cargo, come le migliaia di velivoli postali che si muovono ogni giorno sui cieli del Pianeta. Ciò è stato possibile perché la miniaturizzazione dell’esplosivo è stata perfezionata rispetto a quanto avvenuto lo scorso Natale, consentendo alle diverse componenti di combinarsi ed esplodere al momento in cui il pacco viene aperto.
La differenza con i pacchi bomba degli Anni 70 e 80 sta nell’alta potenzialità dell’ordigno «made in Yemen», che richiama da vicino la fattura di alcune delle più sofisticate bombe «ied» depositate lungo le strade dell’Iraq e dell’Afghanistan per colpire le truppe delle coalizioni alleate. L’intenzione di Al Awlaki, nato a Las Cruces in New Mexico nel 1971, era dunque di sorprendere l’America con delle potenti mine volanti inviate come semplici spedizioni postali e questo metodo appare la somma di due conoscenze: del dibattito pubblico sull’antiterrorismo in corso in America, che vede da tempo personaggi come il senatore John Kerry impegnati a denunciare la carenza di controlli sulle spedizioni cargo, e della teoria terroristica di Khalid Sheik Mohammed, l’ideatore dell’attacco dell’11 settembre 2001, oggi detenuto a Guantanamo, secondo cui restano gli aerei il mezzo migliore per infrangere la sicurezza degli Stati Uniti.
L’ultimo tassello del piano di Awlaki era l’obiettivo: due centri ebraici a Chicago, la città di Barack Obama, alla vigilia delle elezioni di Midterm, un giorno prima dell’arrivo dello stesso presidente. La sovrapposizione di geografia e politica lascia intendere che l’imam jihadista con il passaporto americano sia ben al corrente di quanto avviene a Washington e stia tentando non solo di colpire l’America ma soprattutto di umiliare Obama nella sua stessa terra, che non a caso era già l’obiettivo del giovane kamikaze nigeriano.
Il presidente americano è consapevole della sfida e da almeno sette mesi ha personalmente ordinato l’eliminazione di Al Awlaki, inviando i droni della Cia a perlustrare lo Yemen 24 ore su 24 nel tentativo di trovare il suo nascondiglio. E Al Awlaki, proprio come Osama bin Laden nelle aree tribali del Pakistan al confine con l’Afghanistan, sta dimostrando di essere capace di ordire piani terroristici dai suoi nascondigli. Per dimostrarlo, a metà ottobre ha affidato ad un video le nuove minacce all’America, invitando i musulmani che vivono negli Usa a «catturare o uccidere soldati in divisa» sul modello di quanto riuscito in passato a terroristi palestinesi in Israele. «La responsabilità che pesa sulle spalle della nazione musulmana è grande e tocca ai singoli fedeli fare ciò che è giusto» afferma nel video l’imam che si nasconderebbe, secondo alcune fonti yemenite, nelle montagne dello Shabwa.
Il ricorso ai musulmani americani per colpire gli Stati Uniti dall’interno è l’altra arma che Al Awlaki preferisce, come ha dimostrato lo scorso 5 novembre, quando convinse via email il maggiore dell’Us Army Nidal Malik Hassan a fare fuoco sui commilitoni nella base texana di Fort Hood causando 13 vittime. Quanto avvenuto ieri dimostra che la sfida a Obama continua.
La REPUBBLICA - Francesca Caferri : " Yemen, l´ultima frontiera del terrore "

Yemen
Uno dei suoi ultimi viaggi prima di essere nominato comandante delle truppe internazionali in Afghanistan, il generale americano David Petraeus lo aveva fatto a Sana´a. Fra le torri merlate della medina più intatta dell´intera penisola arabica, il militare a cui Barack Obama ha affidato la più difficile delle missioni, aveva portato un messaggio chiaro al presidente Abdullah Saleh, l´uomo che dal 1978 governa con il doppiopetto e il pugno di ferro prima lo Yemen del Nord, poi l´intero Paese: gli Stati Uniti sono al vostro fianco, ma lo Yemen deve fare la sua parte nella lotta al terrorismo. La risposta di Saleh deve essere stata soddisfacente: gli aiuti militari americani a Sana´a sono più che raddoppiati in pochi mesi.
Petraeus, e con lui Obama, avevano visto bene. Per gli analisti lo Yemen è, insieme all´instabile Pakistan, la minaccia più grave alla sicurezza nazionale americana: più dello stesso Afghanistan, dove pure sono concentrate le telecamere di mezzo mondo.
Quanto l´analisi questa analisi sia corretta lo ha dimostrato un anno fa un militare americano: quel maggiore Malik Hasan, che lo scorso novembre uccise 13 persone nella base di Fort Hood in Texas. Come due degli attentatori dell´11 settembre, Hasan si era formato ascoltando i sermoni di quello che colui che in pochi mesi è salito in testa alla classifica degli incubi degli esperti anti-terrorismo americani. Anwar al-Awlaki, 39 anni, nato a Las Cruces, New Mexico, cittadino americano e yemenita. Grazie alla sua perfetta conoscenza dell´arabo ma soprattutto dell´inglese, Awlaki è diventato in pochi anni il predicatore jihadista più popolare della rete: i suoi video sono stati scaricati migliaia di volte in tutto il mondo e sono ricomparsi ogni volta che le autorità americane hanno cercato di farli sparire.
Ad Awlaki si è richiamato anche l´uomo che dieci mesi fa ha tentato ancora una volta di portare il terrore non soltanto sul suolo americano. Abdul Farouk Abdulmutallab, 23 anni, nigeriano, figlio della borghesia bene e educato nelle scuole occidentali, aveva ricevuto in Yemen l´esplosivo con cui, il giorno di Natale del 2009, tentò invano di far saltare in aria il volo delta Amsterdam-Detroit. Abdulmutallab fu catturato: difficilmente tornerà a vedere la luce al di fuori di un carcere americano. Ma l´ombra che ha fatto apparire alle sue spalle è ben più minacciosa: da mesi i droni americani danno la caccia ad Awlaki fra le montagne dello Yemen, senza riuscire ad ucciderlo. Lo sheik è considerato tanto pericolo che, per la prima volta, Obama ha ufficialmente diramato su di lui un ordine di assassinio mirato.
Awlaki da mesi sembra scomparso nel nulla: niente più video, niente più messaggi. Ma i segnali di allarme da Sana´a si moltiplicano invece che diminuire: l´assassinio mirato di alcuni importanti funzionari di polizia impegnati nella caccia ad Al Qaeda, eliminati uno a uno. Un crescendo di attacchi contro l´esercito. E infine, qualche settimana fa, il doppio attentato contro il compound di una ditta austriaca nella capitale e contro l´auto dell´ambasciatore britannico, già finito nel mirino lo scorso anno. Nell´attacco morì un francese: avrebbe potuto essere una strage di proporzioni ben maggiori.
È stato in seguito a questi episodi che Saleh si è deciso a lanciare la grande operazione militare contro Al Qaeda che da mesi gli americani chiedevano. Da qualche giorno i suoi uomini stanno attaccando senza tregua presunte basi di estremisti nella zona di Shabwa, dove si nasconderebbe Awlaki. Poche ore prima degli ultimi allarmi era arrivato il primo, importante risultato. Uno degli sheik alla testa dei guerriglieri si era consegnato ai militari: i vertici yemeniti hanno immediatamente cantato vittoria. Troppo presto: il pericolo, senza che loro potessero saperlo, era nascosto nei pacchi Ups che da lì a poche ore avrebbero lasciato Sana´a per portare, ancora una volta, il terrore firmato Yemen in Occidente.
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