Sopra al titolo dell'intervista di Francesco Battistini a Salam Fayyad sul CORRIERE della SERA di oggi, 28/10/2010, a pag.15, con il titolo " Il premier palestinese: pronti a proclamare lo Stato", ci sarebbe stata bene la scritta MESSAGGIO PROMOZIONALE, come usa fare per impedire che il lettore faccia confusione tra un articolo e una pubblicità.
Perchè di pubblicità si tratta. Fayyad racconta un sacco di fregnaccie e Battistini mai una volta che glielo faccia notare. L'avvelenamento degli ulivi è la copia esatta dell'avvelenmaneto dei pozzi di antica memoria, gli insediamenti illegali Fayyad sa benissimo che vengono smantellati dall'esercito israeliano, mentre i colloqui di pace è l'Anp che non li vuole, sarebbe una strada troppo sotto i riflettori dei media, e non consentirebbe più le abituali manfrine che i palestinesi adottano da sempre, sicuri che i giornalisti occidentali non faranno una piega. Come Battistini dimostra in questa intervista.
Eccola:


Salam Fayyad & amici
TURMUS AYYA (Cisgiordania) — «Nel mio ufficio ho la foto d'un ulivo. Ha duemila anni. E' libero, solido. Ne trovi così a Gaza, a Gerusalemme, nella Valle del Giordano, nei villaggi, nei campi profughi. Ha radici profonde. Protegge le donne, i vecchi, i bambini. E' il simbolo del nostro diritto di stare su questa terra. E' per questo che i coloni ce l'hanno tanto coi nostri ulivi. In Palestina ce ne sono 15 milioni: non possiamo accettare che ne venga distrutto nemmeno uno. Il più giovane di questi ulivi ha radici più profonde del più grande insediamento israeliano».
A passeggio con Salam Fayyad. Il premier in questi giorni s'è messo in testa una kefiah, in mano un secchio, in bocca un po' di populismo e ogni mattino viene per uliveti: a raccogliere molte olive e qualche consenso, in uno dei momenti più bassi dell'Autorità palestinese. Accompagnandolo, gli chiediamo quel che tutti vorrebbero capire: riprenderanno i negoziati di pace? «La pace si fa se il partner ha un minimo di credibilità. Le pare che Israele vada in questo senso?».
Ma insistere solo sugl'insediamenti, non vi ha portato in un vicolo cieco? «Mentre parliamo, i coloni hanno avvelenato 700 ulivi a Qdeir Hatab. Questo è un altro esempio dell'indifferenza israeliana di fronte alle loro violenze. Questo è il volto della colonizzazione in Palestina. Proteggendo gl'insediamenti, Netanyahu ricompensa i più estremisti».
Il premier israeliano, dicono, proporrà un nuovo congelamento... «Se è vero che è interessato alla pace, blocchi questa gente. Guardi quelle case lassù, a Shiloh: sono illegali non perché lo dico io, ma per il diritto internazionale. Israele smetta di considerare le risoluzioni Onu "mere raccomandazioni": sono obblighi. Un anno in più di moratoria è un inizio, ma queste colonie non devono più esserci. Punto. Sono illegali ovunque . Qui e a Gerusa - lemme».
Netanyahu dice che controllarne l'espansione è impossibile. «Non venga a raccontarci queste cose. I coloni non sono pionieri senza terra: hanno un indirizzo preciso, quello del governo israeliano. Israele ci occupa militarmente? Per la Convenzione di Ginevra, deve assicurare l'incolumità dei civili. Invece permette che i coloni commettano atti di terrorismo. Ha ragione l'Onu a definirli così: non è terrorista chi avvelena gli ulivi? Ne vedete mai uno di loro che finisce in carcere? E' ora che Netanyahu dia segno di responsabilità».
Dopo le elezioni americane di novembre, è vero che sottoporrete all'Onu una proclamazione unilaterale dello Stato palestinese? «Bisogna costruire istituzioni nazionali in Cisgiordania, per preparare i palestinesi ad amministrarsi in modo autonomo. Celebrando i 66 anni dell'Onu, nel 2011, celebreremo anche la nascita d'uno Stato palestinese».
Non pensa che i Due Stati per Due Popoli siano sempre meno realizzabili? «E’ l'obbiettivo di tutta la nostra politica. Nell’agosto 2009 lanciai un piano per la costruzione dello Stato in due anni. La deadline è quella: la prossima estate deve finire l'occupazione israeliana della Cisgiordania».
E Gaza? Lì comanda Hamas, non voi... «Alle autorità israeliane, chiediamo ogni settimana di far passare merci più significative. La gente di Gaza dev'essere coinvolta nel nostro progetto nazionale. Ci sono rotture fra noi, è vero. Ma la vera frattura è quel muro che chiude la Striscia».
La prossima settimana, Frattini proverà a entrare a Gaza... «Sono lieto che un ministro europeo venga a rendersi conto della situazione. Finalmente».
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