Joschka Fischer, più che focoso, coraggioso. Grazie a lui è uscito in Germania il rapporto redatto dalla commisione che ha analizzato il coinvolgimento del Ministero degli Esteri tedesco negli anni del nazismo. Eccolo, nell'articolo di Danilo Taino, sul CORRIERE della SERA di oggi, 27/10/2010, a pag.13, dal titolo " Diplomazia tedesca sotto accusa, un ruolo attivo nella Shoah"
BERLINO — Joschka Fischer, politico focoso, si irritò come poche volte: era ministro degli Esteri — nel governo rosso-v e r de di Gerhard Schröder — e nel 2003 aveva vietato che il suo ministero onorasse in necrologi ufficiali i diplomatici che durante la guerra erano stati membri del partito nazista. Quando, l’anno dopo, morì Franz Krapf, ex ambasciatore presso la Nato ed ex SS, la regola fu rispettata, ma 128 ex diplomatici pubblicarono un loro, privato e polemico necrologio sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Fischer, su tutte le furie, istituì una commissione di storici per stabilire il coinvolgimento del suo ministero nella furia nazista e per capire cosa, nella Germania democratica, fosse rimasto di quella struttura.
Il risultato è un rapporto devastante per il ministero degli Esteri, per il servizio diplomatico e per le élite del Paese che durante il nazismo ne costituirono la colonna vertebrale. Per decenni, dalla fine della Seconda guerra mondiale, è circolato il mito di ambasciatori non responsabili delle atrocità del regime, anzi, molto spesso oppositori e resistenti. Falso, dice la commissione, che domani presenterà i risultati all’attuale ministro degli Esteri Guido Westerwelle. Il ministero era «un’organizzazione criminale», la stessa definizione con la quale il Tribunale di Norimberga descrisse le SS. I diplomatici erano al corrente dell’Olocausto e vi svolsero una parte attiva, ovunque fossero stazionati per servizio.
Lo studio, durato cinque anni e condotto da quattro storici indipendenti, è destinato ad avere ripercussioni politiche notevoli.
Prima di tutto, ogni diplomatico ora dovrà leggerlo e impararlo bene: sull’orribile passato, quando viene alla luce, in Germania non si transige. In secondo luogo, il fatto che la realtà del ministero sia rimasta coperta per più di quarant’anni è scioccante: Fischer si è detto «inorridito», l’ex ministro degli Esteri Frank Walter Steinmeier, socialdemocratico, ha definito la vicenda «incredibile». Terzo, sotto accusa viene messa l’élite di allora, che riempiva le ambasciate e che per molti versi è ancora parte delle élite di oggi: i Bismarck, i Mackensen, i Weizsäcker.
In un passaggio, lo studio di quasi 900 pagine racconta per esempio che Ernst von Weizsäcker, segretario di Stato tra il 1938 e il 1943, fece pressioni sul regime per togliere la cittadinanza a Thomas Mann, in quanto un pericolo per il nazismo: i Weizsäcker sono ancora oggi una delle famiglie più illustri e influenti in Germania, tanto che il figlio di Ernst, Richard, un sicuro democratico, è poi stato presidente federale dal 1984 al 1994.

a sin. Ernst von Weizsacker, Thomas Mann
La cosa incredibile è che il ruolo del servizio Estero tedesco nella tragedia nazista sia stato tenuto nascosto per tanti anni, allo scopo di ricostruire la politica estera tedesca. Quando la diplomazia fu ricostituita, nel 1951, molti ambasciatori che avevano condiviso le politiche criminali di Hitler rimasero in carica, spediti per lo più in Paesi arabi o sudamericani dove il loro passato non avrebbe creato problemi. La commissione di studio dice che Konrad Adenauer, il padre della moderna Germania, nei primi anni Cinquanta tollerò questa schiera di diplomatici nonostante fosse al corrente del loro passato.
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