Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Lois C. Dubin, Ebrei di porto nella Trieste asburgica 25/10/2010
Ebrei di porto nella Trieste asburgica Lois C. Dubin Traduzione di Patrick Karlsen Leg, Gorizia Euro 38
Tutto quel “furor di fabbrica, polvere, baccano di muratori e falegnami lo infastidivano visibilmente, eppure non la smetteva di aggirarsi per il cantiere. Ormai la costruzione era a buon punto, già ferveva il traffico di merci e navi, e le banchine formicolavano “di una popolazione utile, continuamente in moto e affaccendata”. A farla breve, brutte, anzi pessime notizie, perché ogni pietra che s’aggiungeva allo scalo marittimo di Trieste era un colpo per la prosperità di Venezia da tempo in declino. In uno studio, ormai classico, ora tradotto in italiano, Lois C. Dubin tratteggia il grande affresco dello sviluppo di Trieste nel Settecento e della contemporanea ascesa di un colto ceto mercantile ebraico, vero motore del porto asburgico. Siamo abituati a considerare l’impero asburgico come una grande struttura di mediazione tra occidente e oriente europeo, eppure il caso di Trieste dimostra come servisse anche da ponte tra nord e sud, con un flusso vitale di uomini, d’idee, di commerci. La trasformazione di una pigra cittadina di provincia in emporio multietnico fu rivoluzione voluta dall’alto, pianificata fin nei dettagli dalla corte viennese e realizzata facendo leva, in primo luogo, sull’imprenditorialità giudaica. Il modello fu quello di Livorno, in cui già tra Cinque e Seicento i Granduchi avevano garantito agli ebrei notevole libertà, ma ora il mercantilismo di Stato poteva contare sui più raffinati strumenti di un illuminato assolutismo. Alla minoranza vennero così progressivamente riconosciuti ampi diritti civili. In cambio, Maria Teresa e il figlio Giuseppe II pretesero che la comunità ebraica s’integrasse a pieno nella vita sociale. Dubin dimostra come, per capire il passaggio dell’ebraismo all’età moderna, non sia sufficiente guardare a Berlino e a Parigi. D’accordo con le autorità austriache, gli ebrei triestini misero in atto un radicale svecchiamento dell’istruzione, modificarono la liturgia e ripensarono il rapporto tra tradizione rabbinica e nuove esigenze tecnico-scientifiche. Non a caso gli esponenti dell’illuminismo ebraico berlinese, Moses Mendelssohn e Hartwig Wessely, i cui programmi di riforma trovavano fiera opposizione tra i tradizionalisti di tutta Europa, costruirono un asse preferenziale proprio con la comunità triestina.