Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Obama finanzia l'Arabia Saudita nella speranza che risolva il problema Iran Cronaca di Glauco Maggi
Testata: Libero Data: 21 ottobre 2010 Pagina: 23 Autore: Glauco Maggi Titolo: «Obama arma l’Arabia contro l’Iran»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 21/10/2010, a pag. 23, l'articolo di Glauco Maggi dal titolo " Obama arma l’Arabia contro l’Iran ".
Obama s'inchina al re saudita Abdullah
Bush voleva “armare” con lo scudo missilistico la Polonia e la RepubblicaCe- ca per contrastare possibili attacchi dall’Iran, ma Obama ha accettato una vol- ta eletto di bloccare l’idea e di annacquare l’accordo con i due governi ex comunisti, che avevano accettato di rafforzare le pro- prie difese non solo contro Teheran, ma anche implicitamenete contro le mai so- pite ambizioni espansioniste del Kremli- no. Oggi tocca a Obama e al Congresso a maggioranza Democratica dire di sì ad un’altra operazione di “diplomazia” e di fornitura militare, che ha sempre l’Iran sullo sfondo ma non coinvolge l’Est Euro- pa bensì il mondo arabo. L’Arabia Saudita ed altri Stati del Golfo hanno ordinato re- centemente armi americane per un totale di 123 miliardi di dollari. Di questi, la fetta maggiore sono i 60 richiesti dall’Arabia Saudita, che vuole 84 caccia nuovi di pac- ca e 70 riammodernati, in larga misura prodotti dalla Boeing, oltre a 70 elicotteri Apache, 72 Black Hawks e 36 Little Birds. Una bella flottiglia destinata ad un regime islamico più che autoritario, che finanzia madrase in mezzo mondo, e che non dà la patente di guida per le auto alle sue suddi- te in patria, anche se è il primo paese pro- duttore di petrolio al mondo. Dalle madrase estremiste appoggiate dai sunniti dell’Arabia Saudita, si sa, esco- no frotte di potenziali terroristi. Ma il regi- me di re Abdullah, lo stesso di fronte al quale il presidente Obama neo eletto fece la gaffe dell’inchino al loro primo meeting internazionale, è anche nemicissimo di Teheran. E l’Iran èunarepubblica islami- ca sciita radicale che è ancora peggio, di questi tempi, poiché il suo leader Ahma- dinejad vuole spazzare Israele dalla faccia della terra e farsi la bomba nucleare alla faccia dei patti che ha sottoscritto di non proliferazione e delle sanzioni dell’ONU. È naturale chiedersi, allora: ha senso per l’America fornire una tale batteria di guerra all’Arabia Saudita, per un obiettivo legato alla stretta attualità del pericolo ira- niano?Nonè un’azione azzardata strate- gicamente? E non ha insegnato nulla l’esperienza dell’Afghanistan, dove Washington armò la resistenza islamica anti- russa per ritrovarsi qualche decenniodo- po ripagata dall’attacco di Al Qaeda del’11 settembre? Nei rapporti internazionali la “real politik” ha sempre i suoi rischi. Per decenni, il metro di giudizio delle allean- ze, per i governi americani, era stata la di- stanza o la vicinanza da Mosca di un certo regime. La Guerra Fredda era una faccenda glo- bale, e il comunismo era “il” pericolo. In questa ottica, aver aiutato gli afgani a di- sfarsi del controllo imperialista del Kremlino è stata una decisione dalle implica- zioni positive per risolvere quella che allora era, per usare la classificazione di Mao, la “contraddizione principale”, l’ostacolo maggiore all’obiettivo dello sviluppo democratico del mondo. Sappiamo oggi co- me è andata con l’ex amico Osama Bin Laden e con i talebani, ma sul piatto della bilancia storica vanno messi i vantaggi della fine del comunismo a cui la disfatta in Afghanistan ha certo contribuito. Dunque, per tornare ai patemi di Oba- ma sul via libera alla commessa, noi che nonsiamo tenericonil presidente sutan- te questioni, sul sì all’Arabia Saudita pen- siamo sia la cosa giusta da fare per l’Ame - rica. Dividere i nemici è una tattica non male, e se i regimi islamici illiberali si guardano in cagnesco, facciano pure. Se l’Arabia pensa che Teheran sia un tale ri- schio per la propria sicurezza da richiede- re centinaia di aerei da guerra, questo è un elemento che dovrebbe semmai rafforza- re la vigilanza e le misure di contenimento contro Ahmadinejad di tutto il mondo li- bero, più di quanto già non si faccia. Poi c’è il fattore puramente economico. Gli Usa rifiutano l’affare? Il mercato delle ar- mi è mondiale: la Russia, l’Europa o ma- gari la Corea del Nordola Cina sarebbero ben lieti di subentrare. I dubbi sulla fornitura dei 60 miliardi di velivoli da guerra all’Arabia sono stati al centro di un dibattito presso il CFR, Coun- cil on Foreign Relations di New York qual- che giorno fa. Dei quattro esperti di politi- ca internazionale intervenuti, tre hanno detto che è una buona idea, e solo il quar- to, William Hartung, ha usato un tono cauto mettendo in guarda contro il ri- schio di favorire così una “corsa agli ar- mamenti”nella regione.
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