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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
29.09.2010 Un'intervista elogiativa a Joe Sacco, autore di propaganda a fumetti
Non è stata pubblicata sul quotidiano comunista, ma sul Giornale...

Testata:
Autore: Luca Crovi
Titolo: «Con le graphic novel faccio il cronista»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 29/09/2010, a pag. 32, l'intervista di Luca Crovi a Joe Sacco dal titolo " Con le graphic novel faccio il cronista ".


Joe Sacco

Persino il GIORNALE c'è cascato e descrive Joe Sacco come 'giornalista disegnatore'. Il fatto che Sacco sia edito da Mondadori ha offuscato la capacità di giudizio di Luca Crovi?
Quelli di Sacco sono 'graphic novels', romanzi a fumetti che, in quanto romanzi, sono di fantasia, non contengono la verità.
Un giornalista dovrebbe raccontare i fatti. Non si può sostenere che Joe Sacco lo faccia. Ciò che diffonde con i suoi fumetti è propaganda anti israeliana. Stupisce che a pubblicare simili elogi sia Il Giornale, sempre corretto nei confronti di Israele.

Invitiamo i nostri lettori a protestare vivamente con il direttore editoriale Vittorio Feltri e con il direttore responsabile Alessandro Sallusti
segreteria@ilgiornale.it

Ecco l'intervista:

Per descrivere in maniera precisa le atmosfere dei libri del giornalista-disegnatore di origine maltese Joe Sacco è stato creato un termine speciale come graphic journalism. E in volumi come Palestina, Area Protetta, Neven. Una storia da Sarajevo Sacco ha dimostrato che un mezzo come il fumetto può risultare efficace per svolgere reportage da territori di guerra come quelli Mediorientale o Balcanico. Uno strumento moderno come la graphic novel permette infatti a Sacco di proporre testimonianze di prima mano attraverso un uso drammatico dei testi e dei disegni, riraccontando storie terribili con grande forza, come dimostra anche il recente Gaza 1956. Note ai margini della Storia (Mondadori), volume per il quale ha appena conquistato il prestigiosissimo Eisner Award 2010 come «miglior autore completo non di fiction». Nelle vignette in bianco e nero che compongono il volume Sacco rappresenta le cittadine di Rafah e Khan Younis dislocate nella Striscia di Gaza dove «i Palestinesi tennero testa all’occupazione israeliana durante i primi mesi della Seconda Intifada». L’autore racconta così attraverso le testimonianze raccolte cosa era accaduto in quei luoghi nel 1956 «durante la crisi del canale di Suez, quando le forze israeliane occuparono la Striscia di Gaza allora governata dagli egiziani». È Sacco stesso a parlarci del suo originale modo di narrare la storia.
Perché i fumetti sono così adatti per compiere reportage giornalistici?
«Le graphic novel sono un mezzo formidabile di espressione. I disegni hanno la capacità di attrarre un pubblico vastissimo di lettori incuriosendoli ma anche invitandoli a pensare. Con una graphic novel puoi letteralmente portare i lettori a casa dei protagonisti delle vicende che hai messo sulla pagina».
Quanto è importante parlare con i testimoni oculari delle tragedie che lei racconta?
«È l’unico modo in cui puoi farlo. Devi andare sul posto e vedere con i tuoi occhi i luoghi dove si sono svolti certi conflitti, devi parlare con i sopravvissuti. Nel mio ultimo libro mi capita spesso di trasportare i lettori nel passato per far capire loro cosa era successo a Gaza nel 1956 e per documentarmi. Quindi, oltre che parlare con i testimoni, ho dovuto consultare anche molti archivi fotografici in modo che i dettagli dei miei disegni fossero precisi e descrivessero la reale situazione di Gaza a metà degli Anni Cinquanta».
Come ha scelto il soggetto della sua ultima graphic novel?
«Mi è capitato fra le mani un documento delle Nazioni Unite che parlava di due stragi accadute a Gaza nel 1956 ma mi sono accorto che non mi bastava leggere quel testo per capire com’erano andate esattamente le cose. E mi sono chiesto se ci fosse qualcuno ancora vivo che potesse raccontarmi quegli episodi avendovi assistito. Non volevo che quelle storie si perdessero e finissero nell’oblio».
Come ha puntato il suo obiettivo sulle vicende dai lei raccontate?
«Ogni processo di visualizzazione, in questo caso grafica, comporta un inevitabile processo di sintesi. La mia ricerca non si è svolta nel nulla. Mentre stavo indagando su quanto accadde nel 1956 gli attacchi israeliani uccidevano i palestinesi, gli attentatori suicidi uccidevano gli israeliani e altrove in Medio Oriente gli Stati Uniti stavano preparandosi per la guerra in Irak. In quel periodo di preoccupanti sviluppi della vita quotidiana degli abitanti di Gaza, la demolizione su larga scala delle case palestinesi a Rafah e a Khan Younis si faceva strada nella trama del mio libro».

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