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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero - L'Unità Rassegna Stampa
29.09.2010 Sakineh è una vittima del regime iraniano
Non è possibile fare un paragone con la pena di morte in Usa. Commento di Carlo Panella, intervista di Udg a Pietro Marcenaro

Testata:Libero - L'Unità
Autore: Carlo Panella - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Italia più forte se avesse protestato per la donna Usa»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 29/09/2010, a pag. 1-19, l'articolo di Carlo Panella dal titolo "  L’Iran ci prende in giro Sakineh sarà impiccata". Dall'UNITA', a pag. 23, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Pietro Marcenaro dal titolo " Italia più forte se avesse protestato per la donna Usa ", preceduta dal nostro commento.
Ecco gli articoli:

LIBERO - Carlo Panella : " L’Iran ci prende in giro Sakineh sarà impiccata "


Carlo Panella

La vita di Sakineh non finirà dunque straziata dalle pietre della lapidazione, ma stran- golata dal cappio della forca: questa è la sordida beffa che il regime iraniano sta mettendo in scena in risposta alla mo- bilitazione mondiale per salvare la vita alla po- vera donna. Ieri, infatti il pro- curatore generale iraniano Hossein Mohseni Ejei ha an- nunciato la condanna a mor- te di Sakineh per l’omicidio del marito, pena che secondo il codice iraniano ha la precedenza su quella per lapidazio- ne per adulterio (una mossa cinica, ma prevista da alcuni analisti, come da chi scrive). Così, nel nome di un codice che permette la sommatoria delle pene solo se alla morte si sommano le frustate (recentemente un uomo è stato frustato per ben 173 volte, un supplizio infame, prima di essere portato a peso, incosciente per il dolore, sulla forca e appeso), Sakineh morirà comunque e il mondo si prenderà una lezione che pienamente, si merita. Se la merita perché tutti hanno fatto assolutamente bene, anzi be- nissimo, a mobilitarsi per salvare Sakineh dal supplizio della lapidazione, ma l’hanno fatto tardi e male. Tardi, perché è dal 1979 che in Iran si lapidano le donne (molto meno, gli uomini) e perché è da sempre che in Arabia Saudita si lapidano le donne. Ma tutti hanno taciuto, nessuno, tranne poche orga- nizzazioni umanitarie e gli oppositori politici iraniani e sauditi hanno mai portato scandalo per quei supplizi. Tardi, perché in Iran la pena di morte - al di là della lapi- dazione - viene comminata in misura abnorme (nel 2009 gli impiccati sono stati 402, nel 2008 sono stati almeno 346, quest’anno saranno ben più di 400), ma nessuno ha mai protestato, anche pochi gior- ni fa, quando è stato condan- nato a morte Hossein Dera- khshan la cui colpa è solo quella di avere tenuto il più famoso Blog in lingua farsi, o quando nei mesi scorsi sono stati impiccati una decina ragazzi rei solo di essere “mohareb”, “nemici di Dio”, per avere manifestato contro il regime. Un silenzio ipocrita, com- plice, anche vergognoso, per- ché motivato se non dal di- sinteresse, dal fatto che l’Iran (come l’Arabia Saudita) ci for- niscono di petrolio. Però, per Sakineh, per uno strano feno- meno mediatico, questa cap- pa di complicità occidentale si è incrinata e tutto il mondo ha chiesto pietà, ottenendo almeno di evitarle il supplizio della lapidazione (la legge co- ranica prevede che le pietre non devono essere appuntite, e neanche troppo pesanti, in modo da far durare a lungo l’agonia). Forse - ripetiamo: forse - se ora questa mobili- tazione riprende sarà possibi- le ancora salvare Sakineh an- che dalla forca: secondo i figli abbiamo due settimane o po- co più di tempo, e vale la pe- na di impegnarsi tutti al mas- simo per un obbiettivo che va ben al di là della pur prezio- sissima vita di una donna, e che fa giungere al regime ira- niano il peso di una impopo- larità e di una riprovazione planetaria sicuramente meri- tata. È certo però, che le mobi- litazioni di opinione non han- no presa se poi il regime ira- niano verifica che i paesi che si mobilitano per Sarkineh, contemporaneamente incre- mentano gli affari con l’Iran. Pochi lo sanno, ma esatta- mente questo è quello che ha fatto l’Italia nell’ultimo anno in cui ha quasi raddoppiato l’interscambio, nonostante le sanzioni Onu. Una scelta ver- gognosa su cui il governo de- ve prendere posizione anche se - va detto - molto spesso è opera delle politiche com- merciali dei privati. È ora pe- rò che anche gli industriali italiani grandi e piccoli pren- dano hanno che avere una coscienza - anche nel mondo degli affari - non è un optio- nal.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Italia più forte se avesse protestato per la donna Usa "

Marcenaro fa un paragone inaccettabile tra Sakineh Ashtiani e Teresa Lewis, tra Iran e Usa. A prescindere dall'essere favorevoli o contrari alla pena da morte, non è possibile strumentalizzare la storia di Sakineh, vittima del regime iraniano per attaccare gli Stati Uniti, una democrazia occidentale, per la condanna a morte di Teresa Lewis,  colpevole rea confessa di aver fatto assassinare il marito. Sakineh è diventata un simbolo della repressione iraniana, non ha avuto diritto a un processo regolare, nè a una difesa.L'accusa di omicidio non è provata. Non è possibile paragonarla a Teresa Lewis.
Facciamo notare che questa tesi assurda non è stata seguita da nessun quotidiano italiano, neppure da quello comunista, con un'unica, sorprendente, eccezione: il quotidiano torinese LA STAMPA.
Due paginate intere dedicate ad attaccare gli Usa per la pena di morte, più un articolo lungo e noioso (che risparmiamo ai lettori) di Lucia Annunziata. Annunziata sa che il paragone tra Usa e Iran non ha senso, perciò corregge il tiro nel finale del pezzo, ma in tutte le righe precedenti ha argomentato questa tesi secondo la quale è sbagliato condannare l'Iran per la pena di morte che sarà inflitta per impiccagione a Sakineh quando si è statai zitti di fronte alla pena di morte per Teresa Lewis.
Facciamo notare che la prima persona ad aver esposto questa folle tesi è stato Mahmoud Ahmadinejad. Il solo fatto che sia uscita dalla sua bocca di dittatore assassino avrebbe dovuto renderla indifendibile, invece a qualcuno è piaciuta. Pietro Marcenaro quando espone e fa proprie le tesi di Ahmadinejad  condivide anche la repressione dei manifestanti? E perchè non ha fatto sentire la sua voce per l'impiccagione degli omosessuali, una pratica diffusa in Iran e nel resto del mondo arabo? E per quanto riguarda le frustate e le esecuzioni di donne e minorenni ?
Il silenzio di Marcenaro e Annunziata su questi temi fa sospettare che ciò che interessa loro non sia tanto l'abolizione della pena di morte o i diritti umani, quanto l'affondare gli Stati Uniti.
Ecco l'intervista:


Pietro Marcenaro

Non so, come non sapevo per Teresa Lewis, se Sakineh è colpevole del reato di omicidio. Ma questo, come per Teresa Lewis, non cambia la mia posizione e il nostro dovere di fare tutto quello che è nelle nostre possibilità perché questa condanna a morte nonsia pronunciata e, se pronunciata, non sia eseguita». A sostenerlo è Pietro Marcenaro, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato. «La nostra voce – aggiunge il senatore Pd – sarebbe oggi più limpida se si fosse alzata con la forza necessaria nei giorni scorsi per fermare l’esecuzione negli Stati Uniti di Teresa Lewis». Nel giustificare la condanna a morte di Sakineh Mohammadi Ashtiani, dalla tribuna dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il presidente iranianoMahmudAhmadinejadhafatto riferimento alla condanna a morte, eseguita, negli Usa di Teresa Lewis... «Penso che le parole di Ahmadinejad all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite su questo caso siano state strumentali e in cattiva fede. Ma certo la nostra voce sarebbe oggi più limpida se si fosse alzata con la forza necessaria nei giorni scorsi anche per fermare l’esecuzione negli Stati Uniti di Teresa Lewis. Non c’è peggiore insidia per la difesa dei diritti umani della pratica del “double standard”, dei due pesi e delle due misure Di solito non amo parlare in prima persona. Ma posso dire di avere le carte in regola, e non solo per il caso di Teresa Lewis. Poche settimane fa insieme a molte altre personalità, tra le quali il Premio Nobel per la pace Shirin Ebadi, abbiamosottoscrittounappello perché venisse commutata in altra pena a condanna a morte pronunciata contro tre carcerieri responsabili di aver torturato a morte prigionieri politici nella prigione iraniana di Kahrizak. La lotta contro la pena di morte non può essere pregiudicata da valutazioni opportunistiche o da logiche partigiane». C’è chi sostiene che con l’Iran occorra adottare il pugno di ferro... «Lo ripeto: in questo momento la cosa fondamentale è ottenere che la condanna a morte di Sakineh non sia pronunciata e, comunque, che non abbia esecuzione. Ogni iniziativa va finalizzata a ciò. Altra cosa, altrettanto importante ma distinta, è il sostegno alla lotta contro la repressione, per la libertà e la democrazia nella quale siamo impegnati. Una lotta che è centrata sul rifiuto della violenza e sulla richiesta che i problemi che esistono siano affrontati con il metodo del confronto e del dialogo.Unaimpostazione che ha alla sua base una grande fiducia nell’Iran, nelle sue tradizioni e nelle sue risorse umane, nella cultura dei suoi giovani e delle sue donne. Di una riconquistata democrazia i diritti umani sono un aspetto essenziale. Nei giorni scorsi, negli incontri che si sono svolti a New York a latere dell’Assemblea delle Nazioni Unite Mottaki, il Ministro degli Esteri iraniano, ha dichiarato sia a Frattini che alla delegazione parlamentare italiana della quale facevo parte, il suo interesse e la sua disponibilità a aprire con l’Europa un confronto sui diritti umani. La delegazione italiana ha risposto di essere disposta ad aprire subito questo confronto ». All’Italia ha fatto appello di nuovo il figlio di Sakineh..La Farnesinahaauspicato la revisione della condanna. «Proprio perché l’Italia puòcontribuire a questo dialogo ed esserne parte attiva può in queste ore e in questi giorni esercitare tutte le pressioni necessarie per scongiurare la condanna a morte e l’esecuzione di Sakineh. E lo può fare in coerenza con la sua decisione di presentare all’Onuuna nuova risoluzione per la moratoria universale delle condannee delle esecuzioni capitali. Il Governo e il Parlamento si muovano»

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